Non c’è niente da fare, con le lingue non si scherza! Soprattutto se si ha il titolo di Capitale europea. E invece il sottoscritto è proprio scivolato sul termine Factory.
Presentando la bella iniziativa del Cross Media Factory, promossa dal gruppo di creativi di Paesaggi Lucani (antiche arti e nuove tecnologie, penna e web, pennelli e social media per dar vita dal 3 al 6 aprile a un laboratorio creativo dedicato al cinema, alla scrittura e alla musica), uno dei docenti del corso, Guido Bosticco, mi ha garbatamente fatto notare che avevo sbagliato la traduzione: non Fattoria (che sarebbe Farm, in inglese), ma Fabbrica, ché questo vuole essere la tre giorni. Bene, e io che volevo rendere la cosa più appetibile, con quel sapore di cose buone, latte fresco e pane fatto in casa che il termine (da quel fattore che è, ugualmente colui “che fa”, che costruisce, che fabbrica, insomma) evoca… Ma per quanto le lingue possano essere plastiche, la creatività, a volte, deve pur trovare dei limiti, delle coordinate tracciate.
E allora incasso e rilancio, e di creatività, di produzione culturale, di città e soprattutto di Matera e dintorni ho voluto ragionare proprio con lui, il “correttore educato e per nulla saccente”. Guido Bosticco (classe 1972), giornalista, socio fondatore di Epoché, un’agenzia che si occupa di comunicazione istituzionale e politica e progettazione culturale; docente di corsi di scrittura creativa e sulle professioni dell’editoria all’Università di Pavia. Ha pubblicato “Riempire i vuoti. Un manuale (soggettivo) di scrittura e comunicazione” (2007); “La tromba a cilindri. La musica, io e Pasolini” (2008) e “PPP. Il mondo non mi vuole più e non lo sa” (2012).
Bosticco e la Lucania; Bosticco e Matera, dove nasce il rapporto e su cosa poggia.
La prima volta giunsi a Matera in scooter, durante un lungo viaggio per l’Italia seguendo le vie minori. Partii da Bergamo e andai a Specchia. Il nome del viaggio era “Dalla polenta alla Taranta”. Conobbi così tutta la Basilicata. Poi sono stato a Matera nel 2012 come docente alla Summer School della Scuola del viaggio e da allora non l’abbandono più: ci vado almeno 5 o 6 volte l’anno.
In cosa consisterà questa edizione della… Fabbrica?
Sarà una full immersion nella creatività. I partecipanti sono invitati a scrivere e inviare il soggetto di un film che vorrebbero girare a Matera. Ne sceglieremo uno. Nei 4 giorni della Factory realizzeremo il trailer, con testi e musiche, la campagna di comunicazione (cartella stampa, lancio sul web e sui social network) e realizzeremo anche una fanzine con le interviste e le foto del dietro le quinte. Insomma dall’idea al lancio. Almeno ci proveremo.
Come si può insegnare la tecnica/il linguaggio narrativo in poche ore?
Ciò che si insegna è un approccio. Questo stile didattico, che viene dalla lunga esperienza della Scuola del viaggio è molto efficace: prima di insegnarti a fotografare, t’insegno a guardare con l’occhio del fotografo. O dello scrittore. O del pittore. Inoltre è importante che si impari facendo e non solo ascoltando un insegnante.
Quanto si può condividere un lavoro che spesso viene ritenuto frutto dell’ingegno e della creatività di un singolo?
Credo sia un falso problema: la creatività non è un atto individuale, ma si sviluppa nel confronto e nel rapporto con gli altri e con le cose. E nell’epoca della “conoscenza condivisa” è ancora più evidente. Lavorare in gruppo, infine, è tipico delle produzioni cinematografiche.
In poche parole: cosa significa, realmente creatività?
Domanda difficile. Troppo. Diciamo che nella creatività convivono diversi elementi, ne dico alcuni: attenzione, curiosità, fortuna, disciplina, cultura, amore del rischio, intuito, passione, concentrazione, tecnica, fame, gentilezza, anticonformismo.
Come pensate si possa uscire dalla tradizionale narrazione di Matera quasi sempre concentrata (vedi anche l’ultimo Ben Hur) solo sulla Location dei Sassi?
Per la verità, anche noi saremo fra i Sassi, durante la factory. Ma per quanto riguarda il soggetto del film non abbiamo alcuna preclusione o alcun vincolo. Il mio sogno sarebbe girare in thriller, per esempio. La location diventa un’occasione, non un limite.
Quanto è pronta la popolazione materana e lucana in genere a “produrre” contenuti narrativi per tramandare il bello della tradizione?
Credo che il “bello della tradizione” non debba trasformarsi in un limite per raccontare un luogo. Personalmente m’interessa ciò che ognuno di noi può comprendere di un territorio portando la propria esperienza e confrontandola con la forza dei luoghi, con la loro storia, in un incrocio che genera creatività. E contaminando contemporaneamente sé stesso e il luogo. Ma il viaggio è un cambiamento, non una lezione di storia. Ciò che serve, semmai, è interiorizzare la cultura della scoperta, che è rispetto per gli altri e per l’ambiente e disposizione alla meraviglia.
In poche parole se tu dovessi descrivere il meglio del Paesaggio lucano: quali sono i connotati da mettere in primo piano?
La sua innegabile forza, che sta nella luce, nella materia e ovviamente nella storia delle sue genti. A questa forza bisogna conformarsi, lasciandosi abbracciare da essa, non combattendola. Ci sono luoghi che sono più forti di noi e nei quali possiamo ritrovare la nostra dimensione umana atavica, senza obbligarci ad essere attivi, interattivi o proattivi. La Lucania è uno di questi luoghi, ascoltiamola e cominceremo bene il nostro viaggio.
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