Non profit

Ci basta solo esistere

"Protestare non ci interessa", dicono.Viaggio nel pianeta dei gruppi giovanili. "Il governo ci vuole ascoltare? È un bene, ma non si metta in mente di organizzare ciò che non c’è"

di Alessandro Sortino

Se un marziano fosse atterrato il 28 novembre al convegno sui giovani del Lingotto di Torino, con in mano un rapporto sullo stato del mondo datato di qualche anno, avrebbe creduto di avere la bussola fuori uso: sul palco sale a parlare un rappresentante dei centri sociali. Per la cronaca: Luca Casarini. Ad ascoltarlo un rappresentante del governo, la ministra Livia Turco, Affari sociali, dicastero a cui spettano le politiche giovanili. Il giovane quasi a bassa voce, fa le sue richieste: che la politica non sia tutta incentrata sulla famiglia, ma che sia prevista per i giovani la possibilità di farsi una vita autonoma. In concreto: agevolazioni sugli affitti. A quel punto la ministra sobbalza sulla sedia, impugna il microfono, e alza la voce: «Ma perché non ci andate voi in commissione Finanze, dove giace una legge sugli affitti agevolati? Andateci voi dei centri sociali a protestare, fatevi sentire… ». Il giovane rivoluzionario, sempre più intimidito ribatte: «E chi ce la dà la chiave della commissione, ce la date voi?». Passa neanche una settimana, e il liceo Mamiani di Roma, tempio sacro della contestazione giovanile, viene sgomberato dalla polizia su richiesta della maggioranza degli studenti, contrari alla minoranza (di ultra sinistra) che invece aveva scelto di occupare. Nel ?Paese dei contrari? scoperto dal marziano i giovani che si fanno sentire ci sono sempre, intendiamoci: coniano slogan efficaci (il più bello di Torino: ?Natale con i tuoi, la vita con chi vuoi?), presiedono commissioni, discutono coi ministri, gestiscono i centri sociali con la perizia di imprenditori navigati: eppure sembra che per loro la gioventù sia una professione, la ?spontaneità organizzata?, il passaporto per accedere ai palazzi. E gli altri? Quelli per cui essere giovani non è un lavoro ma una condizione di discriminati? Silenzio, mistero. Sui vagoni dei treni brillano le scritte fatte con gli spray dei giovani pittori di graffiti. Non sono slogan di protesta ma semplici firme. «Protestare non ci interessa», spiega Lorenzo detto Psiko, graffitaro hip hop della capitale. «A noi interessa esistere». E questi giovani silenziosi e colorati, chi li rappresenta? «Noi non abbiamo la pretesa di rappresentare tutti», spiega Pierfrancesco Maiorino della Rete degli studenti (Cgil). «Però è un fatto importante che il governo ci ascolti, è la prima volta che accade. Che i sogni manchino alla nostra generazione è vero, che teniamo più alla concretezza anche, ma è un problema mondiale, non italiano. Noi cominciamo a realizzare i nostri desideri ed è già qualcosa. Forse i ragazzi cattolici di Parigi hanno ricominciato per primi a sognare: o forse quella era una speranza e basta». Risponde Massimiliano Golini, 24 anni, cattolico, dell?Università di Milano: «Non credo a queste ripartenze organizzate del protagonismo giovanile. È giusto che lo Stato si occupi di valorizzare l?esistente, sbagliato provare a inventare ciò che non c?è. I giovani cattolici hanno mostrato a Parigi la potenzialità di un ruolo attivo nella società: il rischio è chiudersi in una dimensione esclusivamente etica». I ragazzi di destra rivendicano la propria differenza. Spiega Giampiero Cannella (Azione univeristaria, An): «Per noi essere protagonisti del nostro destino è un valore assoluto, se non riusciamo a realizzarlo è colpa del governo. Non capisco questo appello della ministra contro se stessa». «Urlate», insiste lei. «Protestate, contestatemi». I giovani la ascoltano e proseguono la loro gioventù senza sogni. Un po? triste, direbbe Jack Frusciante, come la birra senz?alcool.


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