Quasi cinquant’anni fa, giunse in Egitto un giovane gesuita olandese per studiare filosofia islamica all’Università del Cairo. Lì, fece la conoscenza di un giovane ricercatore – il noto filosofo egiziano Mahmoud Ragab – che lo invitò a fargli visita a casa sua o, più precisamente, a casa di suo padre, un dotto di al-Azhar. L’amicizia si approfondì, le visite si ripeterono e il giovane gesuita divenne un membro della famiglia dello sheykh. Gli anni di studio passarono in fretta. La famiglia donò a quel figlio che stava per far ritorno al suo paese un quadro della Vergine, dipinto dalla figlia dello sheykh, studentessa di belle arti.
Quando incontrai padre Christian Van Nispen, a metà degli anni Novanta, il seme d’amore che quella famiglia aveva gettato nel suo cuore puro era già germogliato in parchi e giardini che offrivano ombra ai disorientati e gioia agli spettatori. Nel 2002, padre Van Nispen mi invitò a insegnare al suo posto presso la Facoltà copto-cattolica di scienze religiose, essendo lui stato, a sua volta, invitato a insegnare alla Sorbona. Davanti all’aula della lezione si erano radunate delle donne povere, velate. Vedendomi uscire dall’aula, il sorriso sui loro volti si spense. Nel chiedermi notizie di padre Van Nispen, la preoccupazione si trasformò in desolazione quando seppero che lui non sarebbe tornato molto presto. Padre Christian, infatti, era solito dividere il suo compenso per l’insegnamento fra un certo numero di famiglie musulmane povere, senza più il sostegno finanziario del capofamiglia.
Poi padre Christian ritornò e, mentre chiacchieravamo nella sua stanza, rammentandosi improvvisamente di qualcosa, tirò fuori un vecchio dipinto a olio della Vergine, nascosto dietro montagne di libri, ogni giorno più alte. Mise il dipinto in posizione ben visibile e tornò da me, chiedendomi, con un sorriso luminoso, di mantenere quel segreto per me solo.
Padre Christian Van Nispen è nato il 15 marzo 1938 ed è diventato gesuita in Olanda nel 1955, terminata l’istruzione di base. Ha studiato filosofia arabo-islamica presso l’Università di Ayn Shams al Cairo – la seconda università egiziana per grandezza – quindi ha conseguito il dottorato alla Sorbona nel 1987, con una tesi sul concetto di sunna nell’interpretazione del Corano della rivista “al-Manar”, di Muhammad Abduh e Rashid Rida.
Padre Christian è stato professore di filosofia presso la Facoltà di scienza umane e teologiche del Cairo, unico straniero nell’Associazione filosofica egiziana, unico straniero nella Commissione per la filosofia del Supremo consiglio della cultura egiziano e membro della Commissione per la filosofia e le religioni della Biblioteca Alessandrina. È stato inoltre cofondatore dell’associazione “Fraternità religiosa”.
Nell’arco di quarant’anni, padre Christian ha continuato a lavorare strenuamente sia contro il conflitto fra stereotipi sia contro il dialogo fra stereotipi (persino peggiore del primo). Io posso testimoniare che, dal momento in cui l’ho conosciuto, non ha mai rifiutato l’invito a nessun dialogo, a nessun incontro e nemmeno a nessun invito a mangiare insieme. Era una persona umile, semplice, di buona compagnia. Era l’incarnazione di tutto ciò che c’è di bello nel cristianesimo, tanto da guadagnarsi il rispetto dei salafiti e dei Fratelli Musulmani. Era intimo amico di molti ulema, fra i quali Abdel Moaty Bayoumi che, durante il discorso in suo onore al Meeting del Cairo, ha sottolineato quanto fosse difficile, per chiunque avesse un cuore vivo, non aprirsi a lui. E tutto questo senza che lui abbia mai nascosto la sua religione, perché sempre portava al collo una piccola croce di legno che gli cadeva proprio sul cuore.
Padre Christian ha pubblicato la sua ricca esperienza umana e il suo metodo di incontro con l’altro in un libro pregevole intitolato “Cristiani e musulmani, fratelli davanti a Dio?” (Marcianum Press, 2006). Il libro è stato tradotto in arabo da Anwar Mughith, direttore del Centro nazionale per la traduzione e professore di filosofia all’Università di Helwan. Nel presentare il libro, Mughith ha detto: “Procedendo nella, lettura si radicava in me l’impressione di essere di fronte a un’opera letteraria, una biografia piena di colpi di scena, esperienze e riflessioni. Dopodiché, mi è sembrato che il libro fosse rivolto al lettore cristiano, il discorso di un monaco che offre una rappresentazione estremamente umana della fede, tanto da far spazio anche alla fede islamica in quanto esperienza viva che scaturisce dal cuore. Infine, mi è parso che il libro si rivolgesse al lettore musulmano, spingendolo ad accettare l’idea che il cristiano ha il diritto di vivere la sua fede come crede. Padre Christian Van Nispen espone tutto ciò senza polemiche né biasimo, senza calcoli né scontri. Si limita a presentare le sfide che attendono tutti noi con consapevolezza e delicatezza, difendendo la convivenza con cura e amore.”
Zeynab el Khudayri, professoressa di filosofia islamica all’Università del Cairo, ha scritto che il suo libro offre “una nuova via e una nuova speranza, oltre la superficialità degli slogan sulla tolleranza, sulla convivenza e sul pluralismo, attraverso l’esperienza dell’incontro in Dio che lui ha vissuto”.
Padre Christian afferma: “Dire, come fa qualcuno, che le religioni sono causa di scontro, è una enorme contraddizione. La religione è un comportamento che riflette una fede profonda e la fede è apertura del cuore a Dio e, di conseguenza, all’altro (alla persona). Io, personalmente, non ho mai sentito il mio cristianesimo come qualcosa che mi ponesse in contrasto con gli altri. Dire che esiste un “credente fanatico”, per me, è assurdo come dire che esiste un “cerchio quadrato”. O sei credente, o sei fanatico. Le due cose insieme sono impossibili, perché il fanatismo non è un comportamento che riflette una fede profonda.”
Padre Christian ci ha lasciati il 12 maggio, dopo esser stato colpito dall’Alzheimer nel 2010 e aver dimenticato il suo mondo. Il mondo di padre Christian, tuttavia, non lo dimenticherà. Io, almeno, non lo dimenticherò. Non dimenticherò mai l’uomo grazie al quale ho capito l’enorme differenza fra possedere la verità e essere vero.
Ci sono persone amate che, quando se ne vanno, portano con sé un pezzo di cuore. Ma non tu, amico mio. Per quanto ti allontani, la tua assenza non toglie nulla alla tua presenza nel cuore. Che il tuo corpo giaccia in pace e la tua anima goda della compagnia di chi ami e di chi ti ama.
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