Salute
Chiusura scuole? Sì, ma non ora
Una mossa utile solo in presenza di ripetuti casi di gravi contagi, spiega l'esperto infettivologo
Influenza A, allarme scuola. A pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico, arriva la notizia del primo malato grave in Italia (F.F., 24 anni, di Parma, ricoverato in coma al San Gerardo di Monza), ma soprattutto si moltiplicano le voci di chi vedrebbe bene un rinvio del primo giorno di scuola a data da destinarsi. “Meglio rinviare”, aveva lasciato intendere ieri ai quotidiani la Fimp, Federazione italiana medici pediatri, salvo poi smentire oggi (“l’eventuale chiusura è una delle misure previste dall’Oms nel momento idoneo”, ha spiegato il presidente Fimp, Giuseppe Mele), rinvio chiesto anche dal Coordinamento nazionale piccoli Comuni. “La riapertura sarà regolare”, ha ribadito invece il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. Le scuole, quindi, inizieranno il 14 settembre nella maggior parte delle Regioni italiane. A meno di controindicazioni: “Se dovessero replicarsi più casi gravi in pochi giorni, allora sì bisognerebbe prendere un tale provvedimento, utile a limitare l’entità del contagio”, spiega a Vita.it Mauro Moroni, direttore del reparto di malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano e professore ordinario all’università Statale del capoluogo lombardo.
La chiusura delle scuole potrebbe quindi essere utile?
Sì, ma non ora. Siamo in una fase il cui l’influenza A, il virus H1N1, è ancora una normale influenza, più severa di molte altre ma assolutamente non drammatica. Bisogna tenere ben presente che ogni virus influenzale provoca decessi, ma se restano casi isolati non c’è da allarmarsi più del dovuto. Questo vale anche per l’H1N1, considerato anche che quasi tutti i casi “italiani” sono di importazione e che quindi non si è di fronte a un’epidemia.
E se dovesse diventare un’epidemia?
Una volta avuta l’impressione che possa diventarlo, bisogna agire. Bloccare le scuole potrebbe essere un primo passo efficace, per ridurre al minimo l’entità del contagio e governare il più possibile la velocità di espansione. Se ne parla in questi giorni non solo in Italia, ma anche in Svizzera, Francia, Germania. È chiaro che siamo di fronte a un virus che si propaga per via respiratoria, quindi ogni azione, come quella della scuola, oppure, in prospettiva, la possibilità di fermare la metropolitana, può limitare ma non fermare la propagazione. In ogni azione collettiva c’è poi da considerare l’aspetto del problema di ordine pubblico, che in decisioni come queste può anche essere superiore a quello sanitario.
In che senso?
Tenere chiuse le scuole genera una notevole difficoltà nella gestione familiare e in quella sociale, perchè i bambini rimarrebbero a casa con i genitori che dovrebbero trovar loro un’altra sistemazione temporanea, se impossibilitati a prendere ferie al lavoro. Bisogna quindi valutare con molta attenzione qualsiasi provvedimento, prevedendone le conseguenze.
Alla luce della situazione attuale, qual’è la prossima mossa da fare?
Le autorità sanitarie stanno prendendo tutte le decisioni adeguate al momento. Si tratta comunque di uno scenario aperto a ogni possibilità, ma tenuto sotto controllo. L’importante è non essere presi in contropiede: bisogna essere pronti a tutto, preparandosi per tempo in caso di decisioni che riguardino la collettività e che quindi abbiano un impatto sulla vita sociale.
La madre del ragazzo oggi in fin di vita ha denunciato l’inadeguatezza del trattamento ricevuto da suo figlio all’ospedale di Parma, prima del trasferimento a Monza (era arrivato in ospedale con febbre alta e problemi respiratori il 18 agosto, è stato mandato a casa subito dopo con una diagnosi di “sospetto focolaio di influenza”). Tutti gli ospedali italiani sono pronti a trattare una persona contagiata?
Che io sappia, sì. I medici sanno che nei casi sospetti, la prima cosa da fare è prescrivere uno dei due farmaci anti-retrovirali utili a combattere il virus H1N1, il Tamiflu e il Relenza.
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