Migranti
Gestione nuovi Cpr: nessuna collaborazione da parte del Terzo settore
Per Filippo Miraglia, del Tavolo Asilo e Immigrazione, i nuovi Centri per il rimpatrio vanno chiusi. E sulla loro gestione, «le associazioni che fanno parte del network non sono disponibili. Nessuna». Inaccettabili come i vecchi Cpt
di Alessio Nisi
Non c’è alcuna possibilità che l’Arci e le altre associazioni che fanno parte del Tavolo Asilo e Immigrazione entrino in qualche modo nella gestione dei Centri di permanenza per i rimpatri, anche noti come Cpr (la normativa QUI) «Siamo contrari alla detenzione amministrativa, i Cpr devono essere chiusi e non collaboreremo», Filippo Miraglia, Responsabile Area Sociale, Immigrazione e Internazionale di Arci, non lascia spazio a dubbi né spiragli sulla possibilità di intervenire (magari in sede di coprogettazione), qualora il Governo richieda l’intervento del Terzo Settore. «La gestione della detenzione amministrativa porta con sé anche situazioni di violenza che sono generate dalle stesse strutture. Sono situazioni che producono stress e depressione».
Rimpatrio volontario assistito
Tutti d’accordo nel Terzo Settore? «È un ambito variegato. Posso assicurare che le associazioni che fanno parte del Tavolo Asilo e Immigrazione (cito ad esempio le Acli, la Caritas, Medici Senza Frontiere, Save The Children) non sono disponibili. Nessuna». Per Miraglia «l’alternativa è proporre agli stranieri il rimpatrio volontario assistito. Ad oggi alcun governo ha voluto investire su questo. Pensiamo anche che debba essere un meccanismo di uscita dalla irregolarità ad personam stabile, non una volta ogni tanto».
I delinquenti condannati vanno in carcere
Con la scelta dell’esecutivo di portare a 18 mesi i termini di permanenza e di costruire altre strutture in cui vengono detenute le persone che non hanno un permesso di soggiorno valido per rimanere in Italia e in attesa di essere rimpatriate, i Cpr sono diventati uno degli snodi centrali della politica di contrasto all’immigrazione clandestina del governo Meloni. «La detenzione amministrativa – spiega – non serve a niente. Dicono che nei Cpr vogliono mandare i delinquenti, ma – sottolinea – i delinquenti condannati vanno in galera».
Contrari alla detenzione amministrativa
Per Miraglia c’è continuità fra i Cpr e i Centri di Permanenza Temporanea (i Cpt). Nel 1998, «quando è stato approvato il testo unico sull’immigrazione», ricorda, «venimmo chiamati in diversi regioni. Ci rifiutammo fin da allora. Siamo», ribadisce, «contro la detenzione amministrativa. Nel 2007 ho fatto parte in rappresentanza dell’Arci della Commissione De Mistura».
I Cpt andavano chiusi allora, come i Cpr oggi
Gli esiti dell’indagine, «era una commissione mista con istituzioni, associazioni e società civile», sono stati molto chiari: i Centri di permanenza Temporanea, allora si chiamavano così, non risultarono una risposta adeguata alla complessità del fenomeno migratorio, perché non consentivano una gestione efficace dell’immigrazione irregolare, non appariano idonei alla tutela dei diritti dei migranti, e comportavaono disagi per le forze dell’ordine e per le persone trattenute. «Allora visitammo tutti i Cpt, con l’accesso ai dati ed espresso parere negativo sulla loro gestione. Per noi andavano chiusi».
Costosi
Ricorda sempre Miraglia, per noi Cpt era acronimo di “chiuderli presto tutti”. E «la sostanza non è cambiata. I governi che nel corso degli anni si sono succeduti hanno gradualmente dismesso i Cpt perché sono costosi, anche nella gestione della sicurezza». Strutture «inutili», frutto «di scelte da campagna elettorale», rimarca. Le persone che vengono rimpatriate nei Cpr «sono pochissime, fra le 3 mila e i 5 mila». Tra le conclusioni che il gruppo di Miraglia aveva portato alla commissione c’era anche questa. «Avevamo dimostrato con i numeri che le persone anziché rinchiuderle in un Cpt, all’epoca, in un Cpr, adesso, gli proponi» una sorta di patto, «di collaborazione, proponendo ad esempio l’annullamento del divieto di reingresso magari tra un anno, le persone tornavano in patria. Molte di più».
Detenuti per una violazione amministrativa
Per Miraglia «non c’era alcuna ragione tenere aperti dei posti che detenevano per periodi fino a 18 mesi persone che non avevano compiuto alcun reato, ma una violazione amministrativa (mancava un documento), in condizioni peggiori delle carceri (c’erano meno garanzie e attività ricreative ridotte al minimo)». Registrammo allora anche problemi natura mentale. Strutture in cui si finiva «perché era scaduto un permesso di soggiorno».
In apertura foto di engin akyurt per Unsplash. Nel testo foto per gentile concessione dell’Ufficio Stampa Arci
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