Scuole di cittadinanza

Chiedimi chi era Garibaldi

La scuola è la prima istituzione italiana con cui una famiglia immigrata si relaziona, affidandole i propri figli. «Per questo il Manifesto delle nuove generazioni italiane mette al primo posto la scuola come attore decisivo nel processo di inclusione. La costruzione di una nuova narrazione passa attraverso progetti di formazione dei docenti e percorsi di rigenerazione civica», spiega SiMohamed Kaabour, insegnante di arabo ed educazione civica in un liceo internazionale

di Daria Capitani

«La scuola è lo spazio di formazione culturale e di partecipazione alla vita sociale e civile: l’inclusione è un elemento decisivo nel sostenere gli individui nel percorso di realizzazione delle proprie capacità e attitudini». Il Manifesto delle nuove generazioni italiane stilato da CoNNGI (Coordinamento nazionale Nuove generazioni italiane) mette al primo posto, tra gli ambiti ritenuti di fondamentale importanza, la scuola. «Non è un caso. Nella nostra scala delle priorità, la scuola è un attore decisivo nel processo di inclusione. È la prima istituzione italiana con cui una famiglia immigrata si relaziona, affidandole i propri figli in un’interazione a carattere continuativo». A parlare è SiMohamed Kaabour, ex presidente e co-fondatore del CoNNGI, associazione di promozione sociale nata nel 2017 raccogliendo l’eredità dell’iniziativa del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali “Filo diretto con le seconde generazioni”.

SiMohamed Kaabour

Oggi la rete conta 45 associazioni ed è presente in 18 città sul territorio nazionale. Nel nome, c’è un forte desiderio di autodeterminazione: «Nuove generazioni è un’espressione più inclusiva e agevolante rispetto a un immaginario collettivo italiano. Perché parlare di seconde generazioni è una forma di sottolineatura che crea una distanza», aggiunge Kaabour. Nato a Casablanca, vive a Genova da quando ha 10 anni. Oggi, nella sua città, è consigliere comunale e insegnante di Arabo ed Educazione civica in un liceo internazionale: «Sono uno di quelli che Tahar Ben Jalloun definisce “la generazione involontaria” di migranti, perché i nostri genitori scelsero per noi».

La scuola è un attore decisivo nel processo di inclusione. È la prima istituzione italiana con cui una famiglia immigrata si relaziona, affidandole i propri figli in un’interazione a carattere continuativo

SiMohamed Kaabour

La scuola è stata al centro del suo percorso verso la costruzione di un senso di appartenenza e oggi è al centro del suo impegno per l’inclusione: «Il dibattito sullo Ius Scholae mi fa venire in mente la mia esperienza con l’Erasmus in Francia durante gli anni universitari: i miei compagni francesi mi definivano come “l’italiano” ed ero rappresentativo di un’italianità che in Italia non mi veniva concessa, o meglio non riconosciuta. Senza cittadinanza italiana, molti giovani con background migratorio sono esclusi dalla possibilità di poter capitalizzare l’investimento fatto su stessi. Un danno erariale oltre che generazionale, perché l’Italia investe nella formazione di tutti in egual modo, poi un giorno scopri che non puoi aspirare alle stesse cose dei tuoi coetanei di origine italiana. E la richiesta di una riforma vuole rispondere in primis a questa “segregazione dei cervelli” che spesso diventa anche indotta “fuga dei cervelli”».

Cambiare le parole per cambiare il mondo

Se la scuola è il luogo in cui allenare l’incontro tra le culture di provenienza dei cittadini migranti e quella italiana, allora è proprio qui che si devono costruire le fondamenta. Secondo il Coordinamento nazionale nuove generazioni italiane, occorre investire nella formazione dei docenti nella gestione di classi multiculturali e nel potenziamento delle azioni di sostegno scolastico, pedagogico, psicologico e di mediazione linguistico-culturale.

Foto di Kenny Eliason su Unsplash.

Si muove in questa direzione Effetto Farfalla, un progetto che CoNNGI ha realizzato in partenariato con Cospe, Zaffiria, Lunaria, Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia dell’Università di Bologna, Carta di Roma, Oxfam Italia, Aidos, Osvic, Emergency, Libera, Gay Center e Regione Toscana. Partito a inizio 2023, entro la fine dell’anno avrà raggiunto 3.300 ragazzi e ragazze dagli 11 ai 19 anni in Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Marche, Molise, Campania, Sicilia e Sardegna.

«Secondo la Teoria del Caos, l’effetto farfalla si basa sull’idea che piccole variazioni nelle condizioni iniziali producano grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema», spiega Kaabour. «Il progetto mira, attraverso la costruzione di una nuova narrazione, a rafforzare nei giovani una serie di comportamenti positivi per identificare e contrastare il discorso d’odio e promuovere il rispetto di tutte le diversità. Noi nello specifico ci occupiamo di discriminazione attraverso laboratori nelle scuole secondarie di secondo grado. Spesso proponiamo un video in cui si susseguono una serie di voci che dicono frasi in dialetto e soltanto alla fine si rivelano i volti di chi parla: sono ragazzi di origine straniera nati e cresciuti in Italia. Sa cosa sorprende gli studenti? Il fatto di non riuscire a comprendere il significato delle frasi nel dialetto della propria regione, non certo che sia una ragazza con il velo a pronunciarle». Secondo l’insegnante genovese, «la nostra presenza e quella delle organizzazioni associate nelle scuole serve a testimoniare che al di fuori dei pregiudizi c’è una generazione che fa da collante. Nei giovani la consapevolezza di vivere in una società multietnica si è sedimentata nella quotidianità. Il grande lavoro di formazione ancora da compiere riguarda il mondo adulto».


Nei giovani la consapevolezza di vivere in una società multietnica si è sedimentata nella quotidianità. Il lavoro di formazione ancora da compiere riguarda il mondo adulto

SiMohamed Kaabour

A scuola di politica

«Chi era Garibaldi? Chiedilo a un ragazzo con background migratorio nato o cresciuto in Italia: ti risponderà senza tentennamenti. Chiedigli il nome di un personaggio che ha fatto la storia del suo Paese d’origine e spesso non avrà lo stesso bagaglio di conoscenze». Nasce anche da considerazioni come questa il percorso di formazione in partenza a settembre “A scuola di politica”. L’iniziativa è di Idem Network, una rete di persone, di origine straniera e non, che si riconosce in quattro parole: inclusione, democracy empowerment e melting. «Abbiamo sentito il dovere di investire tempo ed energie nelle nuove generazioni per offrire loro tutti gli strumenti per leggere la realtà e contribuire al bene comune partecipando alle decisioni», spiega Kaabour. «La nostra scuola di formazione politica, aperta a neomaggiorenni e giovani adulti, punta a formare e responsabilizzare una leadership diffusa sul territorio. Il fulcro di ogni azione è la cultura, promossa attraverso la comunicazione circolare dei contenuti e il metodo della “scuola peripatetica” per offrire l’opportunità di abitare diversi spazi con i nostri corpi, le nostre menti, le nostre storie e le nostre identità, trasformando i luoghi, virtuali e fisici, in contesti di aggregazione sociale e culturale, incontro, confronto e co-progettazione».

Il progetto (sperimentale) partirà da Genova, per poi muoversi verso altre città lungo lo stivale. «Attraverso formazione e protagonismo, intendiamo promuovere una rigenerazione civica per una politica inclusiva e democratica. Vogliamo valorizzare il senso di appartenenza alla comunità proponendo un’idea di identità plurale che scaturisca dalle relazioni e dalla disponibilità a condividere saperi e competenze. A partire dai personaggi che hanno fatto la storia dell’Italia e dei paesi d’origine dei giovani con background culturali differenti».

Testimoniare la trasformazione

Kaabour è insegnante di Arabo ed Educazione civica in un liceo internazionale. Il fatto di avere un background migratorio è un valore aggiunto? «Mi sento fortunato a lavorare in una scuola, perché ho la possibilità di ascoltare dalla voce diretta delle ragazze e dei ragazzi le loro opinioni sul mondo, quello chiamato città, ma anche quello grande dove accade di tutto. La mia presenza a scuola, e in qualsiasi altro spazio, testimonia una trasformazione così come concede a me e alle persone con cui mi relaziono di assumere più responsabilità e propensione all’ascolto quando si parla di alcuni temi. Se l’interazione aumenta, in un contesto sano, aumenta anche la presa di coscienza che siamo tutti parte di una comunità e che chiunque di noi, al di là delle diversità di cui può essere portatore, può essere rappresentativo di un’italianità autentica e reale».

Attraverso la costruzione di una nuova narrazione, si rafforza nei giovani una serie di comportamenti positivi per identificare e contrastare il discorso d’odio e promuovere il rispetto di tutte le diversità

SiMohamed Kaabour

Che cosa è cambiato da quando era dall’altra parte del banco? «La mia generazione ha ereditato in parte le sfide dei nostri genitori ed è la generazione che si è ritrovata con la responsabilità di dover riscattare i propri genitori. Quella che sta crescendo oggi sta vivendo un altro tempo e ha altri strumenti a disposizione. Oggi è più facile ritrovare profili simili a sé nei media, tra gli artisti da ascoltare o nella città in cui si vive: questo agevola l’idea di essere parte di una comunità. Riconoscere alla scuola il ruolo centrale nel processo di formazione è riconoscere qualcosa che accade già. Non è l’unico strumento: CoNNGI e Idem network fanno parte del comitato promotore del referendum cittadinanza per ridurre da 10 a 5 anni il periodo di residenza continuativa necessario per ottenere la cittadinanza italiana».

Questo articolo fa parte della serie “Scuole di cittadinanza”, che vuole raccontare come le scuole italiane già educhino quotidianamente tutti i ragazzi e le ragazze ad essere cittadini: un percorso già reale, che merita di essere formalmente riconosciuto dallo Ius Scholae. Leggi anche:
Cinque ragioni per approvare subito lo Ius Scholae;
Scuole di cittadinanza: dove lo Ius Scholae esiste già;
Milano, quelle ore di italiano «via maestra» per diventare cittadini;
Piacenza, un’orchestra per diventare cittadini;
La cittadinanza agli adolescenti? Rende l’integrazione più semplice;
Noi, docenti con un background migratorio.

Nella foto in apertura tifosi italiani festeggiano la vittoria della nazionale ai Campionati Europei di Calcio nel 2021. Foto di © Daiano Cristini/Sintes

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