Formazione

Chi vuole questi soldi?

Varata l'attesa riforma, le Fondazioni devono risolvere un altro problema, il rapporto con i Centri di servizio del volontariato obbligatorio per legge.

di Francesco Maggio

“Frankstein si è ricongiunto al padre». Con questa battuta Giuliano Amato, inventore nel 1990 da ministro del Tesoro del ?mostro? fondazioni bancarie, commentò l?approvazione definitiva della legge di riforma delle stesse avvenuta, per ironia della sorte, nello stesso giorno in cui egli riprendeva le redini del dicastero di Via XX settembre. Una battuta che la diceva lunga sui tempi che ci sono voluti e gli ostacoli che è stato necessario superare per giungere all?emanazione di un provvedimento (il D. L. n.153/99) che, seppur con forte ritardo, prova a mettere un po’ d?ordine in casa delle fondazioni bancarie. Per esempio, fissa modi e tempi certi per le privatizzazioni delle banche partecipate che ancora restano da effettuare e che interessano circa la metà delle 82 Fondazioni Casse di risparmio. Infatti, come attesta l’ultimo rapporto dell’Acri (Associazione casse di risparmio italiane) sulle fondazioni bancarie, l’incidenza delle partecipazioni nelle banche sul loro patrimonio (pari a 54.166 miliardi di lire, di cui 38.777 riferibili alle Fondazioni C.R e 15.389 alle 6 fondazioni di diritto pubblico) è scesa nel 1998 al 47,6% (contro il 65,3% nel ’97 e il 96,7% nel ’96). Inoltre, la legge definisce in modo inequivocabile la loro natura e missione di organizzazioni senza fine di lucro che «perseguono esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico secondo quanto previsto dai rispettivi statuti». Ciò lascia intravvedere un sensibile incremento delle risorse utilizzabili in tal senso e che nell’ultimo quinquennio hanno raggiunto i 1.550 miliardi di lire, di cui 1.318 per interventi realizzati nei settori istituzionali (arte, sanità, cultura, assistenza sociale), 112 per iniziative di futura realizzazione e 120 sono stati devoluti al volontariato secondo quanto previsto dalla legge in materia (n.266/91). Un decreto, dunque, che finalmente spinge con decisione le fondazioni bancarie ad incrementare significativamente il loro sostegno a favore del terzo settore attraverso contributi (finanziari, ma anche operativi) commisurati all?elevata dotazione patrimoniale di cui dispongono e non frammentati in miriadi di interventi a pioggia, comunque in via di progressivo “abbattimento” (nel 1997 ben il 30,2% del totale erogato ha riguardato iniziative di importo unitario superiore a 500 milioni, mentre quelle sotto i 10 non hanno superato l’11%). Tuttavia questa finalità rischia di essere compromessa, almeno in parte, proprio dalla previsione normativa contenuta nell’art. 3 del decreto, laddove si sostiene che «gli statuti delle fondazioni assicurano il rispetto delle disposizioni di cui all?art. 15 della legge 266/91». Si tratta dell?obbligo per le fondazioni bancarie di destinare un quindicesimo dei loro proventi «alla costituzione di fondi speciali presso le Regioni al fine di istituire, per il tramite degli Enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l?attività». Ebbene, secondo le Fondazioni bancarie, in molti casi i centri non sono ancora stati istituiti e quelli che già sono “a regime” fanno fatica a spendere i tanti soldi di cui possono disporre. Questi, poi, nei prossimi anni saranno decisamente superiori ai 120 miliardi stanziati nei cinque anni trascorsi, alla luce dell’incremento di redditività che le fondazioni registreranno una volta effettuate le privatizzazioni. Si pone allora l’esigenza, come sostengono in molti, di rivedere i termini di quest’obbligo. «Non ha senso accantonare decine e decine di miliardi di lire», sostiene Sandro Molinari, Presidente dell?Acri, «e poi non utilizzarli. Un autentico non sense vista la scarsità di risorse che da sempre penalizza il Terzo settore e che perciò va al pìù presto risolto. Noi chiediamo semplicemente che questi questi soldi vengano spesi, e bene». Gli fa eco Giuseppe Guzzetti, Presidente della Fondazione Cariplo: «Premesso che mi posso ritenere nel complesso soddisfatto dell?attività svolta dai centri di servizio istituiti in Lombardia, credo che il problema dei residui passivi, dei soldi cioé stanziati e non spesi sia un problema serio che vada al più presto affrontato. Una soluzione potrebbe essere quella di mettere le fondazioni bancarie in condizione di sostenere direttamente le organizzazioni di volontariato senza la mediazione dei centri di servizio». Di diverso avviso, naturalmente, è Enrico Morganti, Presidente del Cesevobo (centro di servizi di Bologna): «È sbagliato l?approccio che dice che poiché i centri di servizio fanno fatica a spendere i soldi messi loro a disposizione dalle fondazioni bancarie, allora cambiamo la legge o peggio ancora buttiamola a mare. La questione, secondo me è un altra e cioé si tratta di vedere cosa finora non ha funzionato e discutere con le fondazioni attorno ad un tavolo su come migliorare la legge. L?occasione buona potrebbe essere il 10 luglio, quando nascerà a Roma un coordinamento di tutti i centri di servizio. In quella sede noi dichiareremo tutta la nostra disponibilità a trovare insieme con le fondazioni un modo per migliorare la legge». Giorgio Fiorentini, docente all?Università Bocconi e Lecce, sottolinea: «Le fondazioni bancarie fanno ormai parte a pieno titolo del terzo settore ma, in larga parte, non ancora si sono dotate al loro interno delle professionalità capaci di definire strategie, immaginare scenari di crescita, valutare in concreto i progetti e le esigenze del non profit e del volontariato. Oggi nelle fondazioni bancarie non ci sono rappresentanti del terzo settore. Fino a quando non avviene questo salto di qualità sarà difficile per le fondazioni diventare interlocutore del non profit e del volontariato, anche per trovare una soluzione efficace al problema dello stesso articolo 15″. A Vignola il primo ?bilancio di missione? Deteneva già l?importante primato di essere stata la prima fondazione bancaria italiana a vendere la maggioranza delle azioni della banca posseduta e a dedicarsi, quindi, esclusivamente al perseguimento di finalità di pubblica utilità. Adesso la Fondazione Cassa di Risparmio di Vignola fa il bis e taglia, sempre per prima, un altro significativo traguardo: quello di rendicontare l?attività svolta non solo contabilmente ma anche tramite il cosiddetto bilancio di missione, un documento cioé che ?racconta? l?operato della fondazione, spiega come e perché determinate iniziative siano state selezionate e realizzate, mette in evidenza la coerenza che sussiste (o meno) tra i risultati raggiunti e la missione, appunto, della fondazione. Che, nel caso di Vignola, si articola lungo tre direttrici: la salvaguardia, il recupero e la valorizzazione del patrimonio artistico, storico, culturale ed ambientale; la promozione dell?istruzione, della ricerca scientifica e tecnologica e della cultura; la promozione di progetti ed opere di elevato valore sociale. «La missione della fondazione CrV» sottolinea il Presidente Giorgio Cariani, «consiste in una sorta di ?contratto sociale? che rinnoviamo continuamente con la nostra comunità di riferimento. L?interesse per la nostra attività da parte della società civile e di tutto il territorio è tale che riteniamo un dovere sociale prima ancora che un?opzione redigere il bilancio di missione». Allegato al bilancio c?è anche un CD Rom che ripercorre per intero la storia della fondazione e ne delinea le strategie future. Per ulteriori informazioni: Fondazione CrV, Tel. 059765979, Fax 059765951, www.fondazionecrv.it Le cifre del tesoro Patrimonio complessivo 54.166 Redditività del patrimonio 2,6% Redditi (?93-?97) 3.380 Erogazioni (?93-?97) 1.551 Al volontariato (?92-?97) 120 cifre in miliardi di lire Così gli interventi Interventi attuati (1997) 14.273 Sopra i 500 milioni 30% Sotto i 10 milioni 10,5% Ripartizione delle risorse: Nord: 79% Centro: 17,6% Sud: 3,4% Fondazioni e banche: Non detengono più partecipazione 37 di controllo delle banche Hanno dismesso la totalità 6 delle partecipazioni Hanno ridotto la percentuale 31 sotto la quota di controllo fonte: Rapporto Cr Fondazioni bancarie


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