Cultura

Chi vuole la secessione?

A Milano i primi Stati generali del servizio regionale

di Redazione

Con l’ospitalità e il patrocinio della Lombardia, un folto gruppo di enti parteciperà a un evento
che farà molto discutere.
E che potrebbe costituire
il primo passo verso
il nuovo assetto dell’istituto nazionale nato nel 2001
Ad alta voce nessuno (ancora) si azzarda a parlare di “secessione”, ma certo è che gli Stati generali del servizio civile regionale (Milano, Auditorium Gaber, Palazzo della Regione, lunedì 24 maggio) segnano un punto di non ritorno sull’accidentata strada della riforma del servizio civile. «Noi siamo per la mediazione e questo convegno vuole essere un momento anche di ascolto», premette Claudio Di Blasi, presidente dell’associazione Mosaico di Bergamo, che insieme alle sezioni lombarde di Anci, Cesc, Cisl, Acli e Avis ha promosso il convegno, a cui parteciperanno anche rappresentanti del Veneto, dell’Emilia Romagna e della provincia di Trento.
«Ma», aggiunge sempre Di Blasi a cui toccherà la relazione introduttiva a nome dei firmatari dell’appello «Per la rinascita del servizio civile» (oltre 850 adesioni raccolte fra singoli, enti pubblici e associazioni), «quello che non siamo disposti a fare è calare le braghe di fronte ai nostri interlocutori». Il messaggio, naturalmente, è indirizzato al sottosegretario Carlo Giovanardi e alla sua riforma che sopra il Rubicone viene sempre più bollata come eccessivamente centralista.

A conti fatti
A Milano e dintorni i conti li hanno già fatti. Attualmente il Pirellone investe sul servizio civile nazionale poco meno di due milioni di euro l’anno (quasi 6 milioni di euro in tre anni per l’avvio di circa mille volontari). Risorse che potrebbero presto venir dirottate su altre voci di bilancio.
A scoprire le carte è ancora Di Blasi: «Da due anni a questa parte stiamo sperimentando in tutte le province lombarde un progetto di leva civica che ha visto impegnati oltre 400 giovani». L’esperienza potrebbe presto decollare definitivamente, ma con numeri ben più importanti. Anche perché sulla rotta lombarda c’è la mobilitazione per l’Expo in cui, come da programma elettorale formigoniano, i volontari in servizio civile giocheranno un ruolo di primo piano. I conti dunque. Secondo Di Blasi, «con un budget di 10 milioni di euro – otto del bilancio regionale e due ricavati dal cofinanziamento degli enti – metteremmo in pista progetti per duemila volontari, un contingente sufficiente a soddisfare il fabbisogno dei nostri territori». Con tanti saluti ai palazzi romani.
Ai piani alti del Pirellone per ora ufficialmente non si sbottonano affidando un commento a Paolo Polli, responsabile per il settore Servizio civile dell’assessorato alla Famiglia guidato da Giulio Boscagli. «Siamo lieti che un evento di questa importanza si svolga a Milano perché in questi anni la nostra Regione ha investito molto sul servizio civile, sia in termini di risorse stanziate sia per la proficua collaborazione instaurata con gli enti del nostro territorio e con lo Stato per la gestione delle competenze che ci sono state trasferite». Dichiarazioni misurate, ma a buon intenditore poche parole.

Fondazioni in campo
Quattro gli “special guest” del convegno, la cui presenza non può sfuggire agli osservatori più attenti. In primis Maurizio Carrara, all’esordio pubblico nelle vesti di presidente di Unidea, la fondazione di Unicredit. «Il mandato che ho ricevuto dalla banca è molto preciso: rinsaldare i legami col territorio». E il servizio civile regionale potrebbe costituire un’ottima opportunità. «Non c’è dubbi», conferma Carrara, «che esista una convergenza di questo istituto con i nostri obiettivi strategici». Ci saranno poi, fra gli altri, Federsolidarietà, la Compagnia delle Opere e la Cisl lombarda (il programma è scaricabile dal sito www.cesc.it). Tutti molto cauti, ma tutti interessatissimi alle sorti dell’istituto nato con la legge 64 del 2001 e che in questi mesi vive il momento più difficile della sua storia.
Malgrado «la profonda preoccupazione per il futuro che ci accomuna con i promotori del convegno, riteniamo che sarebbe sciocco fare a fette una torta sempre più piccola», spiega il presidente di Federsolidarietà, Giuseppe Guerini, che però poi apre a una gestione più vicina ai territori. «Il primo aspetto da chiarire è che il servizio civile deve essere concepito come un’esperienza irrinunciabile per la crescita civica dei nostri ragazzi e può anche servire da traino per un impegno professionale nel terzo settore». «Detto questo», aggiunge, «ragioniamo su quale debba essere l’assetto che meglio favorisce questa impostazione. Noi partiamo da una visione nazionale, ma non è detto che si possa cambiare idea, il legame col territorio è certamente un valore da preservare».
Sulla stessa lunghezza d’onda la Compagnia delle Opere. «Siamo stati invitati e quindi parteciperemo, quello che non vogliamo però è entrare nella polemica fra le varie proposte di legge sul tappeto. In questa fase quello che ci interessa è ascoltare, più che assumere posizioni definite», fa presente il responsabile delle Relazioni esterne, Paolo Zambelli.
Infine la Cisl. A scendere in campo è il segretario regionale Gigi Petteni, per il quale un cambio di passo è più che mai necessario: «Se la gestione operativa dovesse restare vincolata a logiche di accentramento, si rischia di perdere un parte importante sia della sua natura di servizio sia del suo ruolo di costruttore di cittadinanza». «Ciò sarebbe grave non tanto per gli enti», conclude il sindacalista, «ma in primo luogo per i tanti giovani che ancora credono in questa possibilità di formazione, che spesso è anche il loro primo passo nel mondo del lavoro». Insomma, il dado è tratto. Chi arriverà prima: il federalismo fiscale o quello del servizio civile?

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