Famiglia

chi voleva incastrare padre Kizito?

Alla radice del complotto, interessi immobiliari da tre milioni di euro. Il fondatore di Koinonia è tornato a Nairobi: «Volevano che svuotassimo le strutture per venderle poi liberamente»

di Redazione

Il giorno della verità. Così lo definisce Combonifem, la rivista web dei missionari comboniani. Di sicuro il 25 agosto è stato un giorno di grande sollievo per padre Renato Kizito Sesana. La polizia keniota l’ha scagionato dalle accuse di pedofilia, chiudendo, di fatto, l’inchiesta aperta nel giugno di quest’anno. Nessun suo abuso ai danni di minori, ma una vera e propria congiura ai danni di Kizito e dell’associazione Koinonia, comunità per ragazzi con sede a Nairobi fondata dallo stesso missionario. Il complotto, si scopre oggi, orchestrato da persone interne all’associazione, è nato con lo scopo di appropriarsi delle strutture a servizio dei bambini che padre Kizito ha costruito con un lavoro di vent’anni e che potrebbero avere, anche per il valore acquisito dai terreni situati nelle zone più congestionate di Nairobi, un valore intorno ai tre milioni di euro. «Questa brutta storia mi ha toccato nei rapporti umani con i bambini e i giovani con i quali ho lavorato negli ultimi vent’anni, rapporti che considero la mia ricchezza più grande», spiega padre Kizito Sesana a Vita.
Vita: Dopo questa vicenda, cosa cambierà?
Kizito Sesana: Vedremo nelle prossime settimane. L’impressione però è che ora l’opinione pubblica cominci a capire. Pochi giorni fa, per esempio, ero in auto su una strada sconnessa, e mi ha fatto segno di fermarmi un uomo di 40 anni. Mi dice «Padre, io lavoro per i Salesiani di Don Bosco, e sono sicuro che lei è innocente. Ho un figlio che è nato due mesi fa e lo voglio battezzare Padre Kizito». Rimane l’incognita delle due querele, che sono ancora pendenti, anche se non credo andranno avanti. Un altro passo sarà il decidere se e come querelare le persone e le istituzioni che hanno fatto questo gioco e che certamente avevano, e probabilmente ancora hanno, coperture importanti. In ogni caso, io sono qui, non ho la minima intenzione di andarmene.
Vita: Nonostante le dichiarazioni della polizia, le querele sono ancora pendenti?
Sesana: La sequenza temporale è questa: prima c’è stato lo scoppio della vicenda in televisione, poi i miei ex collaboratori hanno presentato due denunce: la prima in cui si affermava che sarebbero stati rimossi illegalmente dall’incarico dall’amministrazione di Koinonia, e l’altra in cui si dichiarava che io avrei abusato di un ragazzo che ora ha 16 anni. Questo ragazzo ha già ritirato le accuse. I media hanno detto che io avrei abusato regolarmente di bambini negli ultimi vent’anni. Da qui, la deputata Mille Odhiambo ha chiesto in Parlamento la mia immediata espulsione. Il parlamento ha chiesto alla polizia di indagare, e questa indagine si è mossa autonomamente rispetto alle denunce. Anche se ora è chiaro che la dichiarazione del portavoce della polizia svuota di contenuto le due denunce.
Vita: Lei pensa che i suoi accusatori siano stati sostenuti da altre persone?
Sesana: Abbiamo la testimonianza giurata di ragazzi, oggi ultraventenni, ai quali sono stati promessi mille dollari per testimoniare contro di me, con accurate descrizioni di cosa avrebbero dovuto dire, e che hanno rifiutato: c’era un complotto al di là e sopra i due di Koinonia.
Vita: Qual è stato il ruolo di KTN, il gruppo tv che l’ha accusata?
Sesana: Alcuni vedono in tutta questa storia anche una dimensione tribale. La giornalista della KTN (Kenyan Television Network) che si è presentata come autrice di questo grande scoop, è dello stesso gruppo etnico dei due ex collaboratori. È stata una vicenda molto brutta, soprattutto quando sono uscite accuse fasulle, interviste a pagamento e poi la deputata in parlamento che chiedeva la mia espulsione.
Vita: È stato a questo punto che ha deciso di tornare?
Sesana: Dopo il cambiamento di parte del personale, sostituito con persone vicine ai miei due accusatori, è arrivata la minaccia che mi ha definitivamente convinto a rientrare. Dicevano «Non ci sono più soldi, rimandiamo via tutti i bambini». L’obiettivo era probabilmente di avere le strutture vuote per poterle vendere.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA