Non profit

Chi ti finanzia, Julian?

Come funziona il fund-raising dell'organizzazione cha ha svelato i segreti del Pentagono

di Antonio Sgobba

Il grande segreto di Wikileaks: i finanziamenti. L’organizzazione che chiede la trasparenza di governi e istituzioni non è altrettanto trasparente per quel che riguarda il reperimento dei fondi che la tengono in vita. È la tesi del Wall street journal che cerca di ricostruire il percorso dei soldi utilizzati dal sito web coordinato da Julian Assange.

Dopo la pubblicazione dei War Logs, i 76mila documenti riservati del dipartimento della difesa americana sulla guerra in Afghanistan, Wikileaks è finita sotto i riflettori. Il gruppo ora teme di essere diventato un obiettivo e così, ha spiegato Assange, ha messo in piedi un intricato sistema per nascondere le origini delle donazioni.

Al centro c’è la Wau Holland Foundation, una fondazione dedicata alla memoria di un hacker morto nel 2001. La sede è in Germania, anche perché lì la legge consente di mantenere segreti i nomi dei donatori. Ma la rete è più estesa. «Siamo registrati come una biblioteca in Australia, come una fondazione in Francia, come un quotidiano in Svezia» dice Assange. Wikileaks ha due organizzazioni non profit negli Stati Uniti, che lavorano come «testa di ponte» per il sito web. Assange non dice però i nomi delle due organizzazioni, per non correre il rischio di «perdere parte dei loro finanziamenti a causa degli interessi politici».

Il matematico australiano afferma che la metà del denaro dell’organizzazione arriva da piccole donazioni fatte attraverso il web, l’altra metà da «contatti personali», comprese «persone con qualche milione che ci contattano dicendoci: “Vi dò 60mila, o 10mila”».

Comunque ricevere i fondi tramite la fondazione con sede in Germania non è un’operazione semplice. Per ottenere il denaro Wikileaks deve presentare delle ricevute alla Wau Holland che poi attiva i rimborsi. La legge tedesca richiede di rendere pubbliche le spese, così Wikileaks utilizza organizzazioni secondarie per mettere insieme diverse ricevute e presentarle poi alla fondazione tedesca. Così Assange cerca di disperdere le tracce delle spese e dei soggetti con cui fa affari inserendo passaggi intermedi che ne garantiscano l’anonimato. In questo modo si proteggono le infrastutture internet, i server e le connessioni, che potrebbero essere soggette ad attacchi.

Fino ad ora, la Wau Holland ha distribuito 50mila euro a un conto di Wikileaks in Germania. Mediamente una donazione è di 20 euro. La donazione più grande ricevuta, 10mila euro, è arrivata dopo la pubblicazione dei documenti di guerra sull’Afghanistan.

Capitolo spese: in media 160mila euro all’anno per i costi fissi come le tariffe per la propria Rete, l’affitto e la gestione dei server del sito web. Si aggiungono poi quelle per strumentazioni, viaggi e spese legali. Se l’organizzazione pagasse i collaboratori e staff, la cifra complessiva potrebbe superare i 450mila euro all’anno.

Per mantenere la propria presenza ondine Wikileaks ha bisogno ogni mese di circa 15mila euro. Quando l’organizzazione non era ancora molto conosciuta le donazioni erano attorno ai 3mila euro al mese. La mancanza di risorse spinse i responsabili a sospendere le operazioni nel dicembre del 2009, lasciando solo un appello per ottenere nuove donazioni attraverso la Wau Holland. In poco tempo il numero di finanziamenti aumentò di venti volte per poi tornare a ridursi finita l’emergenza.

Gli alti e bassi nei finanziamenti hanno suscitato la diffidenza di PayPal, il sistema di pagamenti ondine che sta facendo dei controlli sull’origine dei soldi. Nel frattempo altre piattaforme, come il sistema di pagamento svedese Flattr.com, si sono dette «felici e orgogliose di aiutare Wikilieaks».

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