Cattolici in Italia
Chi sono i giovani delle Settimane sociali? Cinque identikit
Papa Francesco, concludendo l’appuntamento dei cattolici impegnati nel sociale, ha suggerito: «Perché non rilanciare, sostenere e moltiplicare gli sforzi per una formazione sociale e politica che parta dai giovani?». VITA è andata a Trieste per incontrarli
«Un terzo dei 1200 delegati presenti a Trieste è composto da giovani». È la stima di don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Conferenza episcopale italiana, promotore delle Settimane sociali. Un evento periodico della Chiesa italiana di riflessione e proposta per la costruzione di una società più giusta e solidale. Appuntamento di lunga tradizione, che dalla prima edizione del 1907, ideata dall’economista e sociologo francescano secolare Giuseppe Toniolo, è arrivata alla sua 50° edizione.
Si è svolta a Trieste dal tre al sette luglio. Un’edizione importante, dalla cifra tonda, segnata dal saluto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha dato il via alle giornate di lavoro. E dalla visita di Papa Francesco in chiusura. Non si è sentita, invece, la mancanza dei politici di lungo corso, chiamati, in alcune delle edizioni passate, a ricevere le proposte elaborate dai partecipanti.
«Quella dei giovani qui non è stata solo una presenza, una quota da sottolineare con orgoglio» precisa don Bruno Bignami. «Insieme ai giovani abbiamo pensato i contenuti e deciso lo stile da assegnare a questo importante appuntamento. Tutti i tavoli di lavoro sono stati condotti da under 35. Non potevamo d’altronde parlare di partecipazione (tema di questa edizione delle settimane sociali, ndr) non sperimentando, noi per primi, un metodo partecipativo vero. Che non è stato soltanto un metodo, uno strumento, ma contenuto e proposta per il Paese».
La stragrande maggioranza dei giovani presenti viene dall’esperienza nel progetto Policoro. «È il segno di un lavoro che con la Chiesa italiana stiamo portando avanti da quasi 30 anni e si sta sedimentando nel profondo. La prima testimonianza che abbiamo offerto al presidente Mattarella durante la cerimonia inaugurale viene proprio dal progetto Policoro: quando si semina bene, i frutti si vedono. Investire i giovani di responsabilità, senza lasciarli soli: è quello che stiamo provando a fare come Chiesa. Camminando insieme ai giovani, imparando da loro, anche lasciando che in alcuni casi siano loro a guidare, come è accaduto, ad esempio, nei tavoli di lavoro di queste Settimane sociali».
Ecco allora le storie di cinque giovani partecipanti all’edizione triestina delle settimane sociali. Attraverso il loro sguardo ripercorriamo le principali novità di questo appuntamento.
Mariachiara Papa, 24 anni. La fellowship
Studentessa di Giurisprudenza e animatrice di comunità al secondo anno del Progetto Policoro. Molto attiva nel mondo del volontariato, dall’ambientalismo alla violenza psicologica. Una forte passione per le lingue straniere e il sogno della carriera diplomatica.
La cosa che più mi ha colpito di queste settimane sociali è l’accento posto sull’importanza della fellowship. Aspetto ancora troppo spesso trascurato, a vantaggio del più noto concetto di leadership. Ma la leadership da sola non basta.
In questi giorni ho lavorato in un gruppo di lavoro estremamente variegato. Nella terna in cui sono capitata c’era insieme a me un vescovo e un docente universitario. Mentre parlavamo mi sono accorta che mi stavo rivolgendo a loro con usando il tu, non l’avrei mai fatto prima. Ho sempre usato il lei con persone più grandi di me. Ma lavorare insieme, riconoscere nell’altro la stessa passione che anima il tuo impegno, vedere che le mie idee avevano lo stesso spazio di quello attribuito alle loro, ha fatto cadere da subito tutte le formalità.
La cosa bella è che a contare non erano solo i titoli e l’originalità delle idee, ma l’importanza delle nostre esperienze di vita, che abbiamo raccontato e condiviso insieme.
Mariachiara Papa, animatrice di comunità del Progetto Policoro
Vado via con una consapevolezza ancora più forte: non giovani dobbiamo partecipare al processo politico, possiamo dire la nostra e possiamo farlo con competenza. In questo il progetto Policoro per me è stata una incredibile scuola di partecipazione. Ho imparato un metodo e uno stile che abbiamo portato anche nelle settimane sociali, ma che ancor prima che a Trieste, proviamo a portare e a misurare nelle nostre diocesi.
Francesco Santoro, 21 anni. La politica
Consigliere comunale a Maratea (Pz) con delega alla cultura, politiche giovanili, associazionismo e volontariato. Studente di Scienze politiche e internazionali presso l’Università Lumsa di Roma, presso la quale sta scrivendo la sua Tesi di laurea sulle Settimane sociali. Anche per questo dalla Cei gli hanno chiesto di entrare nella squadra dei giovani facilitatori dei tavoli di lavoro. Membro dell’Esecutivo nazionale giovani del Movimento cristiano lavoratori.
Per la prima volta le settimane sociali sono state aperte a delegati dalle amministrazioni locali, non soltanto quindi dalle realtà ecclesiali. Ho sentito qualcuno commentare l’assenza, in questa edizione, dei politici. Ma non è vero: c’eravamo noi! Difficile che i media nazionali ci dedichino spazio, non siamo star della politica, ma nella politica ci crediamo e la facciamo tutti i giorni. Solo che alle passerelle e alle conferenze stampa, qui abbiamo preferito darci appuntamento tutti insieme. Alle ore 13: l’unico spazio orario rimasto libero nel fitto programma di lavoro triestino. Ci siamo visti nella sala consiliare del palazzo della regione Friuli Venezia Giulia. Amministratori locali e associazioni politiche. È stato un momento autogestito, di confronto, interessante e produttivo. Ci siamo conosciuti.
E abbiamo sperimentato che, seppure provenienti dalle più svariate appartenenze politiche, non è difficile trovare linee programmatiche comuni, ritrovarci in impegni chiave. Se si ha davvero a cuore il bene comune è possibile!
Francesco Santoro, studente e consigliere comunale del comune
Vado via da Trieste con il desiderio di replicare anche nel mio territorio un tavolo di lavoro simile a quello condiviso qui. Voglio portare anche in Basilicata il metodo che abbiamo sperimentato alle settimane sociali, per misurarlo nei nostri consigli comunali, per tornare davvero ad ascoltare la nostra gente. Dobbiamo rieducarci alla partecipazione, non solo con un segno su una scheda elettorale, quando siamo noi ad aver bisogno di voti, ma lungo tutto l’anno. A Trieste abbiamo visto che è possibile, non abbiamo più scuse.
Giandonato Salvia, 34 anni. Il metodo
Laureato in economia, fondatore del progetto Tucum: un’applicazione mobile di economia sospesa, che offre servizi e beni di varia natura alle persone più povere. A 32 anni è stato insignito dal presidente Sergio Mattarella della carica di Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana “per il suo contributo nella promozione di un uso sociale delle nuove tecnologie”.
Il segreto del metodo di lavoro che abbiamo sperimento a Trieste, fonda tutto nella fiducia. A ognuno è chiesto di mettere da parte una buona dose di quello che si vorrebbe dire, condividere, proporre, per dedicare tempo di qualità all’ascolto dell’altro. Ci è stato chiesto da subito di rinunciare ad alcune idee, di sceglierne una e di scriverla. Sì perché scrivendola prima ed essendo vincolati a quello che avevamo scritto, quando gli altri parlavano, noi li ascoltavamo davvero, non pensavamo a come migliorare il nostro contributo. Rinunciare un po’ a noi, allo spazio che avremmo preso, avendo fiducia nel che il tempo speso all’ascolto delle idee degli altri avrebbe ripagato il sacrificio. È quello che è accaduto. Ci siamo accorti che quella dose di fiducia iniziale che ci è stata chiesta ha aiutato a saldare relazioni significative tra noi.
È da quelle relazioni, più che dalle idee proclamate in partenza da ciascuno, che siamo giunti ad elaborare buone proposte.
Giandonato Salvia, imprenditore missionario
Io ero nel gruppo numero 40, sulle marginalità e l’abbandono sociale. Eravamo quasi una ventina: due vescovi, il direttore della Caritas ambrosiana, una dirigente della Fondazione Cariplo, una della Fondazione Operti. Inoltre durante i giorni delle Settimane sociali sono riuscito a trovare tanti contatti utili per lo sviluppo del progetto Tucum.
Maria Virginia Solis Wahnish, 32 anni. Le buone pratiche
Argentina, ora vive in Polonia. È tra i fondatori di Farm of Francesco, buona pratica portata a Trieste da Economy of Francesco, il movimento globale da cui è nata. Farm of Francesco propone iniziative educative focalizzate sull’agricoltura rigenerativa, l’economia e la spiritualità. Coinvolge giovani imprenditori e agricoltori di vari paesi del mondo per promuovere un’ecologia integrale e sistemiche soluzioni rigenerative. L’idea nasce in Nigeria e ora si sviluppa in diverse parti del mondo. Arriverà in Italia ad ottobre, a Padova.
Sono davvero impressionata da tutte le belle esperienze presenti insieme a noi nel villaggio delle buone pratiche. Le vie, le piazze del centro di Trieste sono invase di bellezza, da decine di stand che raccontano il bello che c’è. Mi hanno spiegato che questa è la prima volta nelle settimane sociali che le buone pratiche non sono solo un catalogo di foto e racconti wow! A noi volontari delle buone pratiche viene chiesto, infatti, di collaborare, partecipare ad attività comuni. Così ci conosciamo e contaminiamo.
Non siamo i migliori, i più bravi, quelli che ce l’hanno fatta. No! Siamo qui perché vogliamo allargare le nostre reti, imparare dagli altri, dal confronto e dall’amicizia che sta nascendo con i volontari degli altri stand.
Maria Virginia Solis Wahnish, imprenditrice sociale Farm of Francesco
Questo è molto bello! Spero davvero che questa modalità possa essere conservata e alimentata. Noi qui abbiamo trovato tanti contatti e consigli utili per il nostro prossimo approdo in Italia. Anche se non sono una delegata, non posso partecipare ai lavori di gruppo, ma ci sono tantissimi panel aperti a tutti in giro per la città. È bello vedere come la città sta rispondendo, vedere come dopo gli incontri si sviluppano dialoghi aperti a cui partecipano in tanti. Trieste è protagonista delle settimane sociali, non solo una bellissima cartolina fuori dai lavori.
Olena Komisarenko, 35 anni, le cittadinanze
Ucraina, ora vive a Roma, mediatrice culturale e dottoranda in scienze sociali presso la pontificia università Angelicum. Delegata di Economy of Francesco, ha partecipato a tutti gli appuntamenti e ai lavori delle settimane sociali.
Le settimane sociali hanno cambiato il loro nome, non è stata solo una scelta stilistica, ma un impegno che ora impegna tutti. Prima si chiamavano Settimane sociali dei cattolici italiani, da quest’anno invece il nome è Settimane sociali dei cattolici in Italia. Ecco perché sono qui. Non sono italiana, ma sono una cattolica in Italia, e posso dare il mio contributo anche al processo democratico di questo paese. È quello che già faccio con il mio studio e con il mio lavoro da mediatrice culturale.
Spero che l’apertura segnata dalla Chiesa per queste settimane sociali ora spinga anche tutte le parrocchie a coinvolgere gli stranieri nelle scuole sociopolitiche, nei progetti con le scuole, nelle scelte di vita pastorali.
Olena Komisarenko, mediatrice culturale
Nel gruppo a cui ho lavorato “Migrazioni e diritti umani” abbiamo riflettuto sul coinvolgimento della diaspora per l’inclusione socio economica dei migranti. Abbiamo riflettuto ed elaborato alcune proposte su come dare voce e favorire la partecipazione alla vita democratica anche di chi non è nato in Italia, ma in Italia contribuisce alla costruzione del bene comune.
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