Cultura
Chi sono gli ambrosiani di domani? Al via un sinodo che guarda al futuro
Si apre domenica 14 gennaio il cammino indetto dall’arcivescovo Mario Delpini: un anno di lavori (si chiude il 4 novembre 2018) per studiare e rispondere ai cambiamenti che sta vivendo la diocesi più grande d’Europa con l’obiettivo di essere in modo più consapevole una “Chiesa dalle genti”.
La chiesa di Milano dedicherà il 2018 alle genti, mettendo al centro dell’attenzione i nuovi ambrosiani: i tanti cristiani che arrivano dalle migrazioni. Il via domenica 14 gennaio in Sant’Ambrogio. In occasione della presentazione del sinodo minore “Chiesa dalle genti”, l’arcivescovo Mario Delpini ha sottolineato come lo strumento scelto, un sinodo minore (cioè una consultazione su un singolo argomento e limitato nel tempo, meno di un anno) è l’opportunità «di affrontare in modo più approfondito un tema» che nasce dalla persuasione che sia importante «prendere coscienza che sta nascendo il futuro della città». Insomma secondo monsignor Delpini il sinodo che si apre domenica 14 gennaio e che si chiuderà il 4 novembre vuol essere una consultazione capillare per cercare di comprendere «come sarà il volto della chiesa di Milano nel futuro» e un aiuto a «capire il fenomeno pluriculturale e plurietnico delle comunità cattoliche». Non sarà un «sinodo sui migranti» ha avvisato l’arcivescovo, ma un cammino, un lavoro su «come deve cambiare la vita della chiesa di Milano affinché tutti partecipino».
La diocesi di Milano, la più grande d’Europa, è la prima in Italia a scegliere questo percorso riconoscendo in un certo senso che già oggi è una realtà multietnica. L’ultimo sinodo risale al biennio 1993-95 e già allora quando la popolazione straniera a Milano era il 2% un capitolo fu dedicato alla “Pastorale degli esteri”, oggi – come ha ricordato la professoressa Laura Zanfrini docente della Cattolica e responsabile Economia e Lavoro dell’Ismu – le persone di origine straniera rappresentano il 14% della popolazione della Diocesi «è cambiata la composizione delle comunità, per genere e per età oltre che da un punto di vista linguistico». Zanfrini ha anche sottolineato come anche la stessa dimensione religiosa sia oggi molto più rilevante. Una chiesa multietnica e transnazionale quella milanese che è «in contatto con le periferie del mondo. Il rischio è una sottovalutazione», ha continuato. Diventa quindi importante capire come intercettare queste persone molte delle quali sono cattoliche (le stime presentate parlano di 368mila cristiani – di cui 233mila cattolici, 115mila ortodossi e 34mila di altre chiese tra gli stranieri presenti nella diocesi).
ll come farlo è un interrogativo, che riguarda aspetti come l’accoglienza degli stranieri, l’accompagnamento delle famiglie, la presenza dei ragazzi nelle scuole, il dialogo con fedi differenti. Senza tralasciare ha detto ancora Zanfrini «l’aspetto delle povertà, non solo materiali, che tante volte riguardano gli immigrati» e per le quali in particolare la Caritas, si sta prodigando (sono 2mila i richiedenti asilo presenti nelle diverse strutture della chiesa milanese). Zanfrini ha infine ricordato che «4 famiglie immigrate su 10 hanno acquistato casa, e ne stanno pagando il mutuo; ma questo ci dice anche di un radicamento nella nostra città che non può sfuggire». Novità, queste, che non dovrebbero lasciare indifferente la comunità civile e la sfera politica.
A raccontare l’esperienza di chi vive nelle parrocchie da immigrato le testimonianze di Marlene Williams e dei coniugi Johnny e Jacqueline Urrutia, tutti e tre arrivati dal Perù. «La nostra scelta – ha raccontato Johnny, in Italia dal 2000 – è stata quella di frequentare la parrocchia dove si celebrava la messa nella nostra lingua dove era presente la comunità latino-americana, poi un sacerdote mi ha chiesto perché vieni a Milano da Cologno Monzese?». Una domanda che lo ha portato a iniziare un percorso nella parrocchia locale. Una storia un po’ diversa quella di Marlene in Italia da 29 anni che si è sempre sentita accolta e ha lavorato fin da giovane nelle comunità parrocchiali.
Un sinodo che non sarà solo una mera consultazione della base o dall’alto una nuova riorganizzazione dei servizi ha precisato monsignor Luca Bressan, presidente della commissione di coordinamento «il sinodo è un’esperienza profonda, è come un’orchestra che per suonare deve conoscere la partitura e accordare tra loro gli strumenti».
Un anno di lavori le cui conclusioni lo stesso arcivescovo Delpini ha definito «non precostituite».
«Ci aspettiamo che questo percorso arricchisca la chiesa ambrosiana ad esempio della gioia della fede, che nostri fratelli venuti da altri continenti sono forse più capaci di esprimere di certi milanesi “antichi”. E allo stesso tempo ci auguriamo che i milanesi non si facciamo paralizzare dalle novità portate dalla globalizzazione e che non siano più timidi dei loro progenitori che nel primo secolo dell’anno mille seppero fondare un comune autonomo capace di sfidare il grande impero», ha concluso.
Monsignor Bressan ha inoltre invitato a guardare la sito dedicato dove saranno pubblicati gli aggiornamenti dei lavori (www.chiesadimilano.it/sinodo). Già ora si possono trovare documenti e interventi. In uno di questi lo stesso Bressan scrive: «L’esito sarà una Chiesa maggiormente consapevole della propria cattolicità, impegnata a tradurre questa consapevolezza in scelte pastorali condivise e capillari sul territorio diocesano. Una Chiesa dalle genti che con la propria vita quotidiana saprà trasmettere serenità e capacità di futuro anche al resto del corpo sociale. Avremo infatti strumenti per leggere e abitare con maggiore spessore e profondità quella situazione sociale e culturale molto complessa che spesso definiamo in modo già linguisticamente riduttivo come “fenomeno delle migrazioni”».
Nella foto la croce simbolo del sinodo "Chiesa dalle genti", opera di Eduardo Brocca Toletti, è stata creata utilizzando legni diversi a rappresentare i diversi continenti. Sarà l'immagine di tutti i materiali del sinodo.
Nelle foto del testo alcuni momenti della conferenza stampa
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