Non profit

Chi sbanca …e chi no

In un anno difficile per il non profit, in cui il trend delle donazioni ha accusato il colpo della crisi economica diffusa, alcune “ricette” sono state vincenti.

di Benedetta Verrini

Chi ride e chi piange. Per la solidarietà, il 2003 è stato un anno di rigore economico, interrotto da straordinari eventi di “raccolta”. Tante organizzazioni, tirando una riga, lo confermano: la crisi generata dall?euro e le preoccupazioni per il quadro politico internazionale hanno finito per far tagliare molti “extra” alle famiglie italiane, compresa la voce beneficenza. “Questa situazione ci ha preoccupato, inutile dirlo. Soprattutto quando hai in campo progetti da far tremare i polsi” commenta Giovanna Cavazzoni, presidente di Vidas, l?associazione milanese che sta realizzando a Milano la prima Casa Ospedale su modello hospice, il cui preventivo ammonta a 9 milioni di euro. A Vidas è arrivata nuova “linfa” grazie alla raccolta fondi nei supermercati Esselunga, che ha fruttato quasi 600mila euro in meno di due mesi (e prosegue fino a Capodanno). Un?esperienza positiva, che convive con un trend non facile, segnato dal calo dei donatori o dell?entità delle donazioni. Con cui hanno dovuto fare i conti anche realtà importanti. “è vero, un po? di fatica quest?anno si è sentita”, commenta Sergio Salomoni, assistente della presidenza Airc, che parla di “leggera flessione” e subito precisa: “Non una cosa drammatica, sia chiaro. Piuttosto, un problema diffuso. Quest?anno tutti siamo stati un po? più attenti alle spese”. Insieme a un colosso come Airc (che nella staffetta tv della Rai del 16 novembre, Giornata per la ricerca sul cancro, ha chiuso il numeratore a quota 3 milioni di euro, anche se le donazioni proseguono), ci sono anche altre realtà come la Fondazione Don Gnocchi, che parla di “calo sensibile”; i Villaggi Sos, per cui è stato un “anno duro”, anche perché “gli investimenti sono stati maggiori che in passato”. Si aggiungono al coro l?Opera San Francesco e AiBi: “Al 30 settembre le donazioni da privati sono risultate circa il 5% in meno”, spiega Nicoletta Alessi, responsabile fundraising AiBi. “Ma attenzione, per noi novembre e dicembre sono mesi straordinari, in cui entra anche il 30-40% del totale annuale delle donazioni”. La vendita di beneficenza AiBi Il bello è che fa bene è andata benissimo e altrettanto sta andando la campagna con la Chicco. “Anche per noi il calo grave è stato con i privati: il 30-40% in meno”, commenta Cristina Manuli, della Fondazione Manuli di Milano, che si occupa di assistenza ai malati di Alzheimer. “Certo, il volume delle donazioni è anche conseguenza della comunicazione che si riesce a fare”. Non a caso, questo 2003 di austerity è stato illuminato da due eventi in controtendenza: La Fabbrica del Sorriso, maratona Mediaset in due serate con la banda di Zelig, a favore dell?infanzia disagiata, che a ottobre ha chiuso con una raccolta di oltre 8 milioni di euro. E poi Telethon, che resta la regina delle maratone tv e ha chiuso l?edizione 2003 con il record di 25.757.930 euro (contro i 23.276.233 dell?anno passato). “Anche noi eravamo preoccupati per la congiuntura economica negativa”, commenta Angelo Maramai, direttore generale di Telethon. Il nervosismo si era colto anche da alcune dichiarazioni di Susanna Agnelli, che aveva stigmatizzato lo ?sciopero della tv?, lanciato dall?associazione Esterni di Milano, proprio nel weekend della maratona. “è quasi un insulto”, aveva dichiarato la Agnelli dalle colonne del Corriere, “ci potrebbe creare dei grossi problemi”. E invece, nessun danno: la raccolta è tuttora in corso e sta sforando il tetto chiuso dal numeratore. Certo, la parte del leone l?ha fatta Bnl, che da sola ha ?mosso? oltre 14 milioni di euro. “è un asse portante di Telethon”, commenta Maramai, “da sola contribuisce per più del 50%. Ma in generale, abbiamo registrato un crescendo positivo attraverso tutti i canali di raccolta: dalle Ferrovie dello Stato alle catene dei supermercati Auchan e Sma, dove le cassiere si sono rivelate grandi volontarie per la causa della ricerca”. A ognuno il suo modo di donare: la casalinga al supermercato, i ragazzi tramite sms (oltre un milione i messaggini pro Telethon), gli anziani all?ufficio postale. Vince chi riesce a coinvolgere nella propria sfida quanti più attori possibile? Probabilmente sì. Anche se molta strada resta da fare nel rapporto con le aziende: è la tesi di Massimo Fioruzzi, responsabile del Piano ricerche del Summit della Solidarietà. Le aziende, infatti, “faticano ancora a considerare il non profit, salvo quello della ricerca, come un partner affidabile e di lungo corso”, spiega. “C?è un forte orientamento a sponsorizzazioni e patrocini, ovvero a ruoli passivi, non di vera partnership”. E, dal lato dei privati, “vi è moltissima ricchezza privata in mano alle famiglie in grado di raddoppiare la raccolta di risorse”. E se il non profit sta cercando la sua strada per sopravvivere alle avversità, una grossa mano può essere data dalle leggi, come la pdl +Dai-Versi. “Moltiplicatori”, conclude Fioruzzi, “che saranno innescati appena il governo avrà capito la convenienza di investire nel non profit moderno”.

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