Cultura

Chi risponde ai poveri

Welfare. Ricerca sulla povertà Giancarlo Blangiardo propone una statistica inedita. Aldo bonomi la legge e riflette sul Cardinal Martini e Monsignor Giussani.

di Redazione

Il cardinal Martini lasciando Milano ha indicato a don Virginio Colmegna come proseguire nell?impegno per gli ultimi, realizzato per anni con la Caritas diocesana, attraverso la fondazione della Casa della carità. Una struttura che sorgerà a Crescenzago grazie a un lascito privato donato al cardinale, a una struttura pubblica messa a disposizione dal Comune di Milano, che è parte attiva della fondazione, e al contributo di una fondazione bancaria. Avrà come compito di accogliere gli ultimi e di iniziare percorsi di inclusione per chi altro non ha che difendere la propria nuda vita: mangiare, dormire e cercare lavoro per sopravvivere. Sarà anche un luogo simbolico che già nel nome – una Casa della carità nella Milano città-regione della finanza dei servizi e delle fiere – interrogherà le sue élites sul welfare che verrà. La povertà invisibile Proprio in questi giorni è stata pubblicata la ricerca del Centro di ricerca interuniversitario sui servizi di pubblica utilità alla persona, sulla povertà in Lombardia (edita da Franco Angeli), realizzata nei centri del Banco alimentare dove, in tutta la regione, si accolgono migliaia di senza volto che chiedono un pasto. La ricerca è stata realizzata con interviste qualitative agli operatori dei centri, che sono osservatori partecipanti sull?emarginazione in Lombardia, e a un campione di utenti con un questionario che rende visibili gli uomini invisibili della regione italiana con Pil e indicatori più alti di competitività. Il curatore della ricerca, Giancarlo Blangiardo, avverte che si può diventare uomini invisibili senza essere necessariamente in condizioni di povertà o di esclusione sociale. Nella società dell?incertezza basta un evento che incrini l?asse del proprio vivere per precipitare nel disagio diffuso e scivolare ai confini della sussistenza raccontati dalla ricerca. La prima domanda che credo interessi tutti è se i poveri in Lombardia siano tanti. La risposta rimanda a un fenomeno a bassa intensità, ma endemico. Metà dei centri ove è stata realizzata la ricerca è sotto i 50 utenti giornalieri. Solo il 12% dei centri supera i 100 utenti e solo il 4% la soglia dei 200. Ma se dalla bassa intensità del quotidiano si passa a un bilancio annuale, si verifica che nel 12% dei casi si superano i mille utenti, e un terzo di questi supera i 5mila utenti. Oltre ai numeri, ciò che colpisce è la tipologia dei bisogni: più di un 80% chiede da mangiare e vestiti, il 56% chiede lavoro, e il 52% chiede un alloggio o più semplicemente dove dormire. L?utente tipo è relativamente giovane, (età media 42 anni), è un maschio, spesso celibe. è insomma quella figura di maschio adulto che, se lavoratore, era l?architrave del welfare pubblico ai tempi del fordismo e del lavoro stabile e continuato per tutta la vita. I senza diritti di oggi sono, per poco più della metà, italiani e i restanti uomini invisibili sono immigrati. Da Paesi europei per il 16%, africani per un altro 16% e latinoamericani per il 13%. Il peso delle comunità asiatiche è molto basso (3%) e questo dato conferma come queste collettività siano meno a rischio rispetto ad altre comunità di immigrati. La forte presenza di immigrati conferma come ormai le metropoli e le aree a capitalismo maturo del Nord hanno al loro interno spezzoni di problematiche e di composizione sociale del Sud del mondo. La sfida del migrare è certamente un evento nella vita di un individuo che espone al rischio del precipitare tra coloro che sono ai margini della sussistenza. Per tanti immigrati che lavorano nelle fabbriche della pedemontana lombarda e nelle imprese di servizi della Milano terziaria, ove aumentano ogni anno anche le imprese gestite da immigrati, sono tanti quelli che realizzano il loro difficile processo migratorio, ma sono molti anche quelli che non ce la fanno e precipitano tra i senza welfare a chiedere da mangiare e da vestire. Per gli italiani l?evento che fa precipitare nella marginalità è la perdita del lavoro, problemi di salute o di dissolvenza di crisi del nucleo familiare. Ciò che colpisce è il basso tasso, tra i motivi di esclusione, di fenomenologie hard come la droga e il carcere, entrambi segnalati solo al 2,9%, a fronte dei problemi più soft come la perdita del lavoro (48,6%), problemi di salute (11,9%) e separazioni (8,3%). Questo dimostra che si è a rischio di esclusione quando si abbassa la capacità individuale di produrre capitale sociale, cioè di avere reti di relazioni stabili che abbassano la protezione dalla solitudine nel mondo. Si rovescia l?adagio che tranquillizza i benpensanti per cui «se si è deviati da droga e carcere si è esclusi», nel più diffuso adagio che «se rimani solo senza reti di lavoro, di famiglia e di collettività» sei a rischio di invisibilità e di esclusione. La Chiesa e gli imprenditori Il Banco alimentare presso le cui strutture è stata realizzata la ricerca è una onlus fondata in Italia nel 1989, su esempio di analoghe esperienze diffuse nel mondo, da Danilo Fossati, presidente della Star, e monsignor Luigi Giussani, fondatore di Comunione e liberazione. La costituenda Casa della carità di don Colmegna, come abbiamo visto, nasce da una donazione privata e per i contributi di una fondazione bancaria. Parrebbe che la questione degli ultimi sia questione da delegare al mondo cattolico e allo spirito caritatevole dei privati. Non si vede un?azione altrettanto forte da parte del welfare pubblico, ancora tutto incentrato su una filosofia lavorista, tant?è che la questione delle pensioni per coloro che lavorano è ancora la vera questione del dibattito sul welfare mentre intanto aumentano i senza diritti. L?agire volontario si ritrova a essere spesso stampella privata di un welfare sempre più scarso, come ha evidenziato il dibattito sul ruolo del volontariato in tempi di conservatorismo compassionevole lanciato da Vita. E allora, perché non andare oltre e lanciare, partendo da coloro che non hanno altro da perdere che la loro nuda vita, una riflessione più ampia sul welfare che verrà? Forse allora sia la Casa della carità che il Banco alimentare saranno meno ai margini e meno soli a occuparsi dei marginali.


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