Non profit

Chi può, vivaba 30 km da qui

le associazioni

di Redazione

I Il professor Patrizio Mazza coordina la struttura complessa di Ematologia dell’ospedale di Taranto. È stato lui, che è anche responsabile scientifico locale dell’Ail – Associazione italiana contro le leucemie, insieme ad Alessandro Marescotti di Peacelink, all’associazione TarantoViva e al Comitato per Taranto a lanciare per primo l’allarme diossina. Senza la scossa della società civile probabilmente nessuno avrebbe rotto il silenzio che da anni era piombato sulla città e le sue fabbriche. E né la Regione né il ministero dell’Ambiente avrebbero ripreso in mano il fascicolo Ilva. «Credo che fra i compiti di un medico ci sia anche quello di segnalare un pericolo», precisa Mazza, «e io negli ultimi 3-4 anni ho riscontrato un aumento costante delle patologie tumorali epatiche: ormai abbiamo superato del 30% i tassi che sarebbe lecito attendersi in una popolazione analoga».
Come si spiega? «La diossina, nello specifico, è una sostanza che il corpo non riesce ad espellere e quindi si accumula. Evidentemente abbiamo raggiunto livelli patologicamente rilevanti. Non solo. Questi depositi tossici possono inquinare il dna e quindi trasferire la malattia agli eventuali eredi». Insomma, Taranto si sta giocando il suo futuro. Come proteggersi? «Non c’è molto da fare, l’unico scudo reale è mantenersi quanto più possibile lontano dalla fonte inquinante», conclude Mazza, che, da parte sua, ha scelto di vivere 30 km fuori Taranto. «Io», aggiunge Marescotti, «ho smesso di mangiare latte intero e formaggi grassi; non so se servirà, ci spero. Ma lo scandalo è che a Taranto abbiamo subito uno shock tossico superiore a dieci Seveso senza che nessuno sentisse il bisogno di avvertirci».

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.