Cultura

Chi prende le virgoleba sciabolate

La lingua dei conservatori Un brano dal nuovo libro di Cherif Choubachy

di Redazione

L’autore di questo intervento
è stato viceministro della Cultura in Egitto. E proprio per il contenuto di questa sua polemica contro
i “guardiani della tradizione”,
ha dovuto dimettersi.
Ma la tempesta mediatica suscitata non gli ha fatto certo cambiare idea… U n arabo consulta un medico in un paese europeo. Il medico gli prescrive il farmaco adatto, ma il paziente protesta perché quel farmaco occidentale non può andar bene per un arabo! Concezione assurda, eppure diffusa. Perché rifiutare a priori molte idee provenienti dall’Occidente con la scusa che sono contro la nostra cultura e la nostra religione?
Nel mondo musulmano esiste anche una corrente maggioritaria che concorda sul fatto che tutte le lingue del mondo sono soggette a revisione, salvo l’arabo, lingua sacra del Corano. Eppure sono convinto che sia nostro interesse, in quanto musulmani rispettosi della nostra religione e del nostro patrimonio, procedere in prima persona a un rifacimento del nostro sistema linguistico. Tutte le lingue vive hanno provveduto alla loro modernizzazione: non è più possibile continuare a dimostrarci così restii!

Il popolo dei creduloni
Ma lo spirito arabo si ribella all’idea di un rinnovamento. È il freno principale al nostro sviluppo. Non si tratta certo di liquidare i nostri valori specifici. Per esempio, alcune nostre società hanno accettato l’emancipazione delle donne, ma rifiutano il libertinaggio e la depravazione sessuale. Altre hanno accettato la libertà d’opinione, ma rifiutano l’offesa all’onore. I custodi della tradizione prendono a pretesto la specificità dei costumi arabi per contestare l’emancipazione della donna e reprimere la libertà d’opinione, idee che, a loro parere, porterebbero alla lussuria e all’anarchia, in quanto contrarie ai precetti religiosi. Rivestono la loro irritazione con una vernice di argomenti vuoti e fallaci per far colpo sui creduloni e conferire alla religione un prestigio eccessivo, al fine di ottenere una sottomissione senza riserve a tutti i suoi “principi”.
Non nego l’eccezione araba. Tutti la possono constatare “sul campo”. Il nostro patrimonio culturale ha pochi uguali nel mondo. La nostra civiltà accorda uno spazio notevole alla spiritualità, all’etica, ai sentimenti umani, ai legami familiari, alla tolleranza individuale e alla misericordia. Tutti questi contenuti morali costituiscono la nostra eredità, trasmessa di generazione in generazione. Sarebbe follia sacrificarla, perché costituisce l’eccezione positiva che ci distingue dalle altre civiltà. Ma ciò può essere fatto condizione di aver previamente accettato la democrazia, l’uguaglianza tra i sessi e quella dei cittadini davanti alla legge. In mancanza di ciò, tale eccezione contribuirebbe a escludere tutti gli arabi dalla comunità internazionale, che si è data regole comuni. Non possiamo isolarci su un’isola deserta chiamata “mondo arabo”!

Quel rifiuto categorico
Il rifiuto categorico opposto dagli arabi a ogni revisione della loro grammatica e della loro sintassi è un esempio clamoroso della nostra “eccezione negativa”. Al di là della lingua, costituisce un ostacolo a qualsiasi forma di evoluzione intellettuale e dunque a qualsiasi progresso delle società arabe. Se è legittimo ribellarsi energicamente a ogni forma di ingerenza straniera nel nostro modo di vivere e di pensare, dobbiamo, a rigor di logica, opporci anche a ogni invito alla fossilizzazione, sclerosi e chiusura all’interno stesso del mondo arabo.
Per secoli, i “mercanti di religione” si sono giovati scaltramente della natura religiosa esacerbata dei popoli arabo-musulmani. Hanno anche approfittato abilmente della loro ignoranza e della loro credulità, inanellando belle frasi e usando tutte le sottigliezze della lingua classica. Sono riusciti ad assoggettare l’arabo ai loro obiettivi, al costo di renderlo ambiguo e complicato. Hanno scientemente mantenuto i termini sibillini, le costruzioni lambiccate, tali da colpire gli ingenui, i quali, palpitanti di ammirazione di fronte all’eloquenza di questi pseudo-ulema, li hanno seguiti con devozione, mossi da una fede incrollabile. Ce ne sono ancora molti di questi simulatori nel mondo arabo; la loro tattica è immutata e il loro progetto immutabile: imporre la religione e affascinare i fedeli con il loro eloquio.

Diktat vecchi di secoli
La nostra lingua è il nostro tesoro. Abbiamo di che andarne fieri, come del nostro patrimonio intellettuale, culturale e linguistico. Proprio per questa ragione, è nostro dovere tenere testa ai giannizzeri che ci impediscono di riformare e rimaneggiare quelle che sono la nostra grammatica e la nostra coniugazione, e di ridurre così la complessità della nostra lingua. Perché sono loro che bloccano tutte le possibilità dell’intelligenza, ce la richiudono in una galera medievale e la indeboliscono con i loro diktat vecchi di secoli, privi di qualsiasi rapporto con la nostra epoca. L’evoluzione della lingua araba accusa un ritardo di più di mille anni, da quando la civiltà arabo-islamica si è avviata verso il declino. È, questo, un fatto incontestabile che ha un’unica spiegazione: un rispetto esagerato dei lasciti dei nostri antenati e una tendenza a sacralizzare le loro più insignificanti parole, propensione caratteristica della mentalità araba. È giunto il momento di uscire da questo tunnel. Andiamo avanti senza indugio, se non altro per recuperare il tempo perduto e prendere in mano il nostro destino.

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