Non profit
Chi paga il black friday? Salari da fame in H&M
Al via la settimana globale di mobilitazione di lavoratori e attivisti con flash-mob a Milano, Torino, Bolzano come a Delhi, Londra, Washington DC e Zagabria. Cinque anni fa il colosso svedese prometteva salari dignitosi a 850mila lavoratori. Promesse non mantenute. Oltre 138mila le firme raccolte dalla Campagna Abiti Puliti - Clean Clothes Campaign
Prende il via proprio nel giorno del Black friday la campagna di mobilitazione globale per richiamare l’attenzione sul mancato impegno dell’azienda H&M di corrispondere a 850mila lavoratori tessili un salario dignitoso. Flash mob e altre iniziative sono in programma da Delhi a Londra, da Washington DC a Zagabria e in molte altre città tra cui le italiane Milano (oggi con i delegati Filcams Cgil di H&M per raccolta firme in centro a Milano di fronte a un negozio H&M), Torino e Bolzano.
In una nota della Campagna Abiti Puliti anche la denuncia degli operai di uno dei principali poli europei della logistica di H&M a Stradella (Italia) relativo a “condizioni di lavoro misere e precarie”. I lavoratori italiani inoltre “esprimono la loro solidarietà a tutti gli altri lavoratori della catena di fornitura H&M”. «Mai avrei immaginato che H&M mi avrebbe stravolto la vita» scrive una lavoratrice che confeziona pacchi di abbigliamento per H&M presso il polo logistico di Stradella in Italia in una lettera agli altri lavoratori della catena dell’azienda svedese.
«Nell’enorme magazzino in cui lavoro (…) il turno iniziava alle 4,30 della mattina con nessuna certezza dell’orario di uscita. Tutto era possibile, 4 ore di lavoro come 12» scrive ancora la lavoratrice preferisce l’anonimato visto che XPO – l’azienda che gestisce il polo logistico – ricorda la nota, ha intentato una causa contro 147 lavoratori e il sindacato che li rappresenta nella lotta per migliorare le loro condizioni di lavoro.
«Il modello di business di H&M sta mettendo sotto pressione i lavoratori e le lavoratrici a diversi livelli della catena di fornitura. Ma chi cuce nelle fabbriche, chi si occupa di smistare i pacchi nei punti logistici e chi è impiegato nei negozi di distribuzione hanno tutti diritto a un salario dignitoso e a giuste condizioni di lavoro» dichiara Deborah Lucchetti, coordinatrice della Campagna Abiti Puliti. «Oggi uniamo le forze insieme ai delegati italiani dei negozi di H&M per portare le nostre richieste nel cuore di Milano».
«Il raggiungimento di condizioni normative e salariali sostenibili per tutti i lavoratori che fanno riferimento al brand H&M, diretti ed indiretti, continua a rappresentare una priorità. Partendo dal rispetto degli accordi sottoscritti tra sindacato e multinazionale svedese, è ora necessario affrontare il tema della complessiva qualità occupazionale in H&M, ragionando sempre di più in termini di filiera» continua Jeff Nonato, funzionario nazionale della Filcams Cgil, che coordina l’iniziativa di Milano in collaborazione con la Campagna Abiti Puliti.
Mentre H&M si prepara allo shopping di fine anno, attivisti e lavoratori in tutto il mondo si uniscono per chiedere salari dignitosi e giuste condizioni di lavoro in tutta la catena del gigante svedese della fast fashion. Si tratta della nuova fase della campagna “Turn Around, H&M!”, che dal 23 al 30 novembre cercherà di sensibilizzare ancor più i consumatori sugli impegni mancati di H&M attraverso una serie di azioni di strada.
Si inizia – non a caso da due capitale dello shopping – Londra e Milano e si proseguirà almeno in altre 24 città nei prossimi giorni. In Italia si mobiliteranno anche Bolzano (con un flash mob per raccolta firme e sensibilizzazione di fronte a un negozio H&M a cura di Oew – Organizzazione Per Un mondo solidale) e Torino (intervento aperto alla cittadinanza per raccolta firme e sensibilizzazione a cura di hòferlab associazione cult presso la Casa del Quartiere di San Salvario).
La settimana globale di mobilitazione ha luogo intorno al quinto anniversario delle promesse non mantenute fatte da H&M di pagare a 850mila suoi lavoratori un salario dignitoso. «Tutte le iniziative mirano ad assicurare che H&M non sfugga alla verifica dell’impegno specifico assunto e che non ha evidentemente rispettato, facendo invece affermazioni ingannevoli secondo le quali avrebbe addirittura superato i suoi obiettivi! Chiunque può farlo, se rivendica anche il diritto di modificare l’obiettivo iniziale come meglio crede. Ma non permetteremo che tale ipocrisia passi inosservata». ha dichiarato Neva Nahtigal dell’ufficio internazionale della Clean Clothes Campaign. Quest'ultima dimostrazione globale di solidarietà con gli operai che producono gli abiti di H&M segue la pubblicazione dei risultati della ricerca sulla situazione in sei fabbriche che rientrano nell’impegno preso nel 2013 da H&M.
Tra le testimonianze raccolte dalla ricerca quella di un lavoratore di un “fornitore d’oro” di H&M in India che racconta: «I salari sono così bassi che dobbiamo fare gli straordinari per coprire i nostri bisogni primari». Le ore di straordinari in tre delle sei fabbriche coinvolte nell’inchiesta spesso superano il limite massimo legale e lavorare di domenica è frequente in tutti e quattro i Paesi in cui si è svolta la ricerca: Bulgaria, Turchia, Cambogia e India. In Bulgaria addirittura i lavoratori hanno raccontato di dover effettuare gli straordinari solo per raggiungere il salario minimo legale. «Entri in fabbrica alle 8 di mattina, ma non sai mai quando ne uscirai. A volte torniamo a casa alle 4 del mattino seguente» ha rivelato un lavoratore della Koush Moda, un altro “fornitore d’oro” di H&M – come li descrive la ricerca – in Bulgaria.
«I lavoratori hanno rivelato come H&M non fosse in alcun modo vicina al pagamento dei salari dignitosi promessi nelle sue fabbriche fornitrici – al contrario, molti di loro hanno riportato paghe da fame e violazioni dei loro diritti. Abbiamo buone ragioni per credere che quei risultati rispecchino una realtà più diffusa: H&M ha tratto molto vantaggio dalle sue promesse iniziali in termini di immagine ma non si è curata di trasformarle in realtà» ha dichiarato Bettina Musiolek, coordinatrice della ricerca per conto della della Clean Clothes Campaign.
Oltre al rafforzamento delle connessioni lungo la catena di fornitura, sempre più consumatori esprimono la loro solidarietà con i lavoratori e l'aspettativa che H&M garantisca un salario dignitoso a tutti, senza ulteriori ritardi. La petizione lanciata nell’ambito della campagna “Turn Around, H&M!” – "H&M, mantieni le tue promesse!" su WeMove.eu (piattaforma a livello europeo) ha, infatti, già raccolto a oggi oltre 138.000 firme.
In apertura immagine dalla campagna
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