Alice è una trentenne, una trentenne qualunque. Laureata, ma ignorata dal mondo del lavoro che sognava durante l’università, si trova costretta ad accettare un posto in un call center. Ma com’è gestire la propria vita da un call center? Il rapporto coi genitori, i coinquilini, il fidanzato, la continua ricerca di una nuova occupazione, se stessi? Vicende e peripezie di Alice nel paese dei call center ce le racconta con una penna ironica ed empatica Dalila Coviello, scrittrice esordiente alla sua opera prima pubblicata da Nikedizioni, casa editrice indipendente nella provincia di Lecce.
La storia di Alice, archetipo di una generazione di cui ormai si è perso il conto degli epiteti, prende spunto dalla storia personale della sua autrice. Classe 1986, originaria di Potenza ma residente a Pescara da ormai un lustro, Dalila si è laureata in lingue a 24 anni con il massimo dei voti e oggi lavora in una società di europrogettazione.
Non ha il mito dell’estero, Dalila, no. Lei la cameriera, invece di farla a Londra o a Syndey, l’ha fatta in Italia. Come anche la baby-sitter, la receptionist, la centralinista, quella delle ripetizioni. E si è arrabbiata, anzi si è infuriata quando la Fornero a lei e a tutti gli altri ha dato dei choosy.
Così ha scritto una lettera, a Elsa. E anche se non le ha mai risposto, al Corriere dell’università quella lettera è sembrata così rappresentativa dell’indignazione generale contro la dichiarazione della Ministra, che ha deciso di pubblicarla sul sito: sono seguiti messaggi e commenti e pacche sulle spalle e abbracci virtuali da chi la precarietà la vive tutti i giorni, da chi prova a non piangersi addosso e tenta malgré tout di costruirsi una vita.
All’epoca Dalila aveva un blog in cui annotava gli appunti con le risposte e le situazioni “più assurde” che raccoglieva durante le quattro ore giornaliere nel call center in cui lavorava: “Sai, lo facevo per non annoiarmi, per passare il tempo; ma anche per prenderla un po’ con ironia, per sdrammatizzare, ché in quel periodo non ero proprio la persona più felice del mondo”.
A forza di riempire le pagine del blog, un giorno arriva la telefonata: “Ti teniamo d’occhio da un po’, ma tu hai mai pensato di scrivere un libro?”. E Dalila non solo ci aveva pensato; lei lo sognava, di scrivere un libro. 9 mesi dopo e poco più Alice nel paese dei call center è nelle librerie.
“Chi la dura la vince, questo è quello che mi ha insegnato questa esperienza. E anche se non ho vinto niente, non ho ricevuto un premio né venduto migliaia di copie, ho guadagnato un barlume di speranza. Qualcuno ha voluto investire in me e mi ha spronato a scrivere senza avere la certezza del risultato: è stata una grande soddisfazione in un momento di difficoltà” spiega Dalila.
E la morale di Alice si trasforma nella spinta per andare a incontrare i ragazzi e le ragazze delle scuole che lo adotteranno come libro di testo, per raccontargli che là fuori il mondo del lavoro non è quello che si aspettano. Che se ti illudi, poi ti scontri; come è successo a Dalila, e ad Alice. E allora è bene essere preparati, diversificare le scelte, che poi è tutta una questione di realismo e aspettative, come dice Dalila, “perché ogni lavoro è dignitoso di per sé”. L’importante è non mollare e non perdere l’autostima (ma per questo bisogna diventare tessitori e imparare a cucirsi un paracadute).
A Dalila, e a tutti quelli che resistono, nonostante tutto.
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