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Chi in Europa o nel mondo ha la forza di intervenire nei campi di concentramento in Libia?

Il nuovo "decreto Piantedosi" indica come luoghi di sbarco i porti del Centro e del Nord Italia, costringendo le navi della società civile a traversate più lunghe e vietando soccorsi plurimi. L'intervento del poeta e scrittore marchigiano Umberto Piersanti: «Le vite vanno salvate e vanno salvate tutte, senza ritardi. Occorre intervenire in Libia perché è nelle strutture di contenimento libiche, nei lager del nostro tempo»

di Umberto Piersanti

Nella quiete della provincia marchigiana irrompe la nave di soccorso Geo Barents di Medici Senza Frontiere con 48 naufraghi a bordo: persone che hanno subito le atrocità dei lager in Libia. Nelle Marche lo spirito di solidarietà è sempre stato forte, senza inquietudini. Nonostante le navi delle Ong si trovino costrette a lunghe navigazioni per raggiungere un porto sicuro il nostro territorio ha l’occasione di dimostrare la propria nobilitate, il dovere etico di fare il possibile.

Le vite vanno salvate e vanno salvate tutte, senza ritardi come quelli che avverranno o stanno già avvenendo nel Mediterraneo centrale vietando alle navi della società civile di effettuare più soccorsi. L’immigrazione che è un fenomeno biblico, non di certo frutto di una contingenza, viene oggi affrontata in Italia con una politica di bandiera tutta ascritta in questo nuovo decreto che il 3 marzo diventerà legge.

La maggior parte degli arrivi di migranti in Italia non avvengono per i salvataggi delle Ong, ma con barconi e barchini che giungono autonomamente sulle nostre coste, in particolare a Lampedusa dove in un solo giorno arrivano mille persone rispetto alle poche decine che con questo decreto sbarcano nei porti del Centro e del Nord Italia.

Le persone vanno tutte salvate, ma poi occorre che ci sia un sistema di accoglienza serio, in cui queste persone riescano ad integrarsi e anche ad abbandonare retaggi di forme di integralismi che in qualche circostanza stridono fortemente con la nostra cultura. Penso in particolare a quei matrimoni forzati che sono avvenuti anche nella nostra regione nel silenzio generale e ad un approccio buonistico che non ha a cuore la vera integrazione.

L’accoglienza non si fa soltanto il primo giorno, offrendo coperte e magari un buon piatto di lasagne come ho visto in uno dei centri che ho visitato, ma si fa nel momento in cui queste persone si insediano nel nostro territorio.

Non si possono poi dare delle motovedette a una guardia costiera libica che è costituita da trafficanti e contrabbandieri, loro stessi scafisti che alimentano il business degli esseri umani.

Occorre intervenire in Libia, al di là di una politica di “apertura” o di “chiusura”, perché è nelle strutture di contenimento libiche, nei lager del nostro tempo, che avvengono le maggiori atrocità. Luoghi in cui le donne vengono sistematicamente stuprate, dove se non hai soldi per partire vieni ammassato insieme ad altre centinaia di persone, senza cibo e continuamente sottoposto a trattamenti inumani.

Chi in Europa o nel mondo ha la forza e la voglia di intervenire nei campi di concentramento in Libia? È necessario un atto di coraggio soprattutto da parte dell’Onu che con i caschi blu dovrebbe e potrebbe ottenere il controllo di questi luoghi di tortura. La stessa Onu che in passato ha fallito come nella strage del Ruanda sembra essere sorda e continua ad essere assente nei grandi appuntamenti con la storia.

La Libia è oggi il più grande contenitore di nuovi schiavi e al di là della presenza o meno delle navi di soccorso quei campi continueranno ad esserci. Occorre una politica di azione, che non sia soltanto la passeggiata di qualche ispettore.

*Umberto Piersanti, poeta, romanziere, saggista ha pubblicato numerose raccolte poetiche tra tutte ricordiamo "I luoghi persi" (Einaudi, Torino, 1994), ha insegnato Sociologia della Letteratura all'Università di Urbino, nel 2005 è stato candidato al Premio Nobel per la Letteratura.

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