Cultura

Chi ha pagato il blackout sulla sua pelle

"Il respiratore ha lampeggiato nella notte. Io ce l’ho fatta. Ma gli altri?".

di Franco Bomprezzi

Caterina fa bip bip. Apro gli occhi a fatica: la sveglia lampeggia, sono le 3.30 del mattino. Perché lampeggia? Manca la luce, mi rispondo. Pazienza, tornerà presto, penso subito dopo. Caterina ovviamente funziona ancora, con la sua batteria incorporata, e io respiro regolarmente. Caterina è il mio ventilatore polmonare, l?ho chiamato così perché è ormai una presenza di casa, da quando mi hanno diagnosticato una insufficienza respiratoria cronica. Sono anni che malvolentieri la uso, durante la notte, perché così di giorno il mio cervello – dicono – lavora meglio, con poca anidride carbonica e abbastanza ossigeno. Caterina non mi ha tradito neppure questa volta. Ma per me lei è solo un aiuto, non un ?salvavita?. Se dovesse arrestarsi per mancanza di energia io non correrei alcun rischio particolare. Anche perché ho braccia abbastanza robuste da potermi togliere la mascherina dal naso e respirare in modo naturale. Io sono un ?privilegiato?. Il mio blackout non è stato un incubo, ma solo uno strano dormiveglia, tipico di chi si fida delle ?autorità? che pochi giorni prima avevano candidamente dichiarato che in Italia non sarebbe mai successo come a New York. Io mi fido delle autorità, ho il senso dello Stato. Faccio male? Non lo so. Ora mi fido un po? meno, e controllo lo stato della batteria di Caterina, e salgo in ascensore con qualche apprensione in più. A proposito: consigliano a tutti di non usarli nelle giornate ?critiche?. E io come faccio? Mi fido della mia proverbiale fortuna, e porto con me il telefono cellulare (a rischio pure lui…) e poi penso che in fin dei conti, seduto in carrozzina, posso rimanere anche qualche ora chiuso in cabina senza particolari problemi. Ma chi sta peggio di me? Chi ha bisogno assoluto che il ventilatore polmonare funzioni? Le persone con distrofia grave, o con sclerosi laterale, e altri casi che emergono dal silenzio solo quando accade la catastrofe ?imprevista?? Per loro la salvezza assume le fattezze degli ?angeli della cronaca?, le creature magiche che intervengono all?ultimo minuto, come abbiamo letto in queste ore, portando un gruppo elettrogeno di emergenza e assicurando il funzionamento di queste macchine ?salvavita? la cui autonomia non supera le cinque ore. Anni fa l?associazione che presiedevo, la Uildm, chiedeva che a tutte queste persone ?a rischio? venisse fornito un gruppo elettrogeno di emergenza, che costa meno di un milione di vecchie lire (un ventilatore polmonare, fornito dal servizio sanitario nazionale in comodato, ossia a noleggio gratuito, costa circa 10mila euro). Naturalmente non se ne fece di nulla. E dunque noi abbiamo bisogno degli ?angeli?. Se non arrivano in tempo, probabilmente andiamo a trovare quelli lassù. Quelli con le alucce candide…


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