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Chi ha fatto l’Italia/4 Uno svizzero ideò la Croce rossa
Si chiamava Henry Dunant e in mezzo alla violenza di Solferino portò il soccorso
di Redazione

Dodici ore di battaglia, 20mila uomini lungo un fronte di 15 chilometri, 5mila i feriti. A segnare per sempre il commerciante e filantropo svizzero Henry Dunant – che il 24 giugno 1859 si trovava a Solferino, essendosi mosso sulle tracce di Napoleone III – non fu solo la violenza degli scontri tra austriaci, francesi e i (futuri) italiani, rappresentati dal Regio esercito sardo. Ma fu lo scenario, non meno disarmante, dell’approssimazione nel soccorso prestato ai tanti feriti. Con l’aiuto della popolazione, Dunant si ritrovò a improvvisare aiuti, trasportando egli stesso i superstiti nel Duomo di Castiglione delle Stiviere, nel mantovano.
Troppo poco dinanzi alla perfetta organizzazione della moderna macchina da guerra che, più che morti, lasciava sul campo di battaglia un numero impressionante di mutilati. Perché, si chiese Dunant, se è così difficile impedire le guerre, non si pensa quanto meno a organizzare in maniera coerente, sistematica, «più dignitosa e umana» i soccorsi? Nel 1862, nelle memorie pubblicate a sue spese con il titolo Un Souvenir de Solférino, Dunant ricordò come, nel fragore degli scontri, servissero «infermieri volontari, diligenti, preparati, iniziati a questo compito, che, ufficialmente riconosciuti dai comandanti delle forze armate, siano agevolati ed appoggiati nell’esercizio della loro missione». Oltre alla guerra, però, e ai suoi 40mila feriti, Solferino offrì lo spettacolo di una mobilitazione spontanea e Dunant non manca di darne conto: «Nei paesi tutto si trasforma in ambulanze di fortuna: chiese, conventi, case, pubbliche piazze, cortili, strade, passeggiate». Ciò nonostante, benché non manchino «l’acqua e i viveri, i feriti muoiono di fame e di sete; vi sono filacce in abbondanza ma non mani sufficienti per applicarle sulle ferite. È dunque indispensabile, bene o male, organizzare un servizio volontario».
La Croce Rossa (la cui nascita verrà sancita con la Prima Convenzione di Ginevra, il 22 agosto 1864), ha origine proprio dall’orrore provato da Dunant a Solferino e dalla convinzione che fosse necessario organizzarlo davvero quel servizio volontario. Anche per questo, la disfatta di Solferino che portò alla ritirata dell’imperatore Francesco Giuseppe – osserva Ulrich Ladurner, nel recente Solferino. Storia di un campo di battaglia edito da Il mulino – segnò l’inizio di una nuova epoca non solo per l’Italia unita, ma per la storia dell’umanità intera. Dunant rimase a Castiglione per quattro giorni, un tempo breve ma sufficiente (è sempre Ladurner a ricordarlo) affinché la sua vita cambiasse del tutto. Braccato dai creditori, fuggiasco, ridotto in miseria e carico di debiti a cui non sapeva far fronte, Dunant riuscì a concretizzare un sogno: creare una compagnia di soccorso imparziale, basata sui principi della neutralità del ferito e del soccorritore, che potesse operare senza timori di sorta. Se la “prima” vita di Dunant non era stata particolarmente brillante – gli investimenti sbagliati ai quali aveva indotto numerosi finanziatori lo perseguitarono per il resto dei suoi giorni -, la “seconda” non fu materialmente meno triste. Finì infatti i propri anni in miseria e in solitudine, fino a quando nel 1901 gli venne assegnato il primo premio Nobel per la pace.
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