Non profit

Chi gioca d’azzardo perde senza saperlo

Il governo ha dichiarato che i consumi dell’azzardo ammontavano nel 2015 a circa 88 miliardi e rappresentavano il 10% dei consumi e il 4% del Pil. La fetta più grossa è quella delle slot machines col 55,8%, seguite dal gioco on line e dal gratta e vinci. Si tratta di una scelta consapevole o viziata da pregiudizi ed errori di valutazione? La nostra ricerca

di Leonardo Becchetti

Il presidente del Consiglio ha annunciato recentemente di avere un piano per togliere le slot machines dai bar. Si tratta di un annuncio che, se sarà seguito da attuazione concreta, rappresenta un passo avanti importante nella lotta a una grave piaga del nostro Paese.

Gli italiani si vantano di essere un popolo di abili risparmiatori e montano su tutte le furie quando pensano di aver subito torti da parte del sistema bancario. Eppure è come se, di fronte a un addetto che offre loro un’attività finanziaria (azione o obbligazione) che promette un rendimento che oscilla tra il -15% e il -30% aderissero all’offerta con entusiasmo. Nell’interrogazione parlamentare del 18 maggio 2016 il governo ha dichiarato che i consumi dell’azzardo ammontavano nel 2015 a circa 88 miliardi e rappresentavano il 10% dei consumi e il 4% del Pil. La fetta più grossa è quella delle slot machines col 55,8%, seguite dal gioco on line e dal gratta e vinci.

Se sono circa 24 milioni quelli che giocano saltuariamente esiste uno zoccolo duro che oscilla, secondo le diverse stime, tra 850mila e 1 milione e 300mila giocatori problematici. Di questi, poco più di 12mila in cura presso centri specializzati quando si stima che almeno 600mila ne avrebbero bisogno. Possiamo immaginare dove va a finire e che problema purtroppo rappresenta questo milione e più di italiani nelle nostre statistiche dell’Italia che cerca di riprendersi e ancora non ci riesce.

Per quale motivo una quota ragguardevole di italiani, tradizionalmente scrupolosi e attenti nella gestione dei risparmi, 'compra' ingenti volumi di attività finanziarie che hanno un rendimento atteso negativo? Si tratta di una scelta consapevole o viziata da pregiudizi ed errori di valutazione?

Con un’analisi econometrica su dati di questionari raccolti su un campione italiano (Becchetti, Bellucci e Rossetti, 2016, Gamblers, scratchers and their financial education, Aiccon working paper n.153 http://tinyurl.com/jhegfj7 abbiamo provato a dare una risposta ricollegandoci anche a risultati di studi simili effettuati in tutto il mondo. Una delle motivazioni più note è che chi gioca compra un sogno, ovvero la possibilità di vincere il montepremi che è la vera attrazione. Interessante osservare che la stessa evoluzione delle slot machines (dalle videolotteries alle vlt) va nella direzione di offrire questo 'sogno' ai partecipanti.

(…)

La pubblicità ha un ruolo fondamentale nell’alimentare gli errori di percezione. Mettendo sotto i riflettori i vincenti contribuisce infatti a sopravvalutare la probabilità di vincere il montepremi nei giocatori. Altro errore tipico degli stessi è quello di pensare di sviluppare delle abilità particolari giocando, abilità che aumentano le loro probabilità di vincita. Altra caratteristica che emerge chiaramente dalla nostra indagine e dalle indagini tradizionali è quella della peculiarità socio-demografica dei giocatori.

Essere disoccupato, pensionato e a basso reddito aumenta le probabilità di essere giocatore. Le lotterie e il gioco d’azzardo si confermano per quello che sono: una forma di tassazione regressiva in cui i poveri pagano più dei ricchi. Un altro dato interessante della ricerca è la relazione tra gioco d’azzardo ed educazione finanziaria: chi acquista biglietti gratta e vinci e chi gioca alle slot ha un’istruzione finanziaria significativamente inferiore.

Tornando all’annuncio del governo sappiamo tutti che lo Stato ricava da questo business circa 8,7 miliardi all’anno. Ma questo non vuol dire che perderebbe se l’azzardo sparisse. Quei consumi sarebbero infatti sostituiti da altri consumi con un prelievo medio probabilmente superiore considerata l’aliquota fiscale tutto sommato moderata sui giochi e si ridurrebbero i costi delle dipendenze. La nuova via da percorrere simultaneamente dovrebbe essere quella di investire nell’educazione finanziaria della popolazione per ridurre la propensione al gioco. La ripartenza, la ricchezza di senso di vita e il bene comune degli italiani dipendono anche da questo.

da Avvenire del 18 settembre 2016

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