Volontariato

Chi fa volontariato vive più a lungo

Da una ricerca dell’Università di Exeter, nel Regno Unito, influisce positivamente sulla salute fisica e psicologia delle persone. Tra i benefici, la riduzione delle malattie cardiache e del tasso di mortalità

di Ottavia Spaggiari

Il volontariato fa bene, non solo agli altri, ma anche a noi stessi. Non è una novità, sono in aumento gli studi che confermano l’influenza positiva del volontariato sul benessere di chi lo fa ma se è ormai appurato che fare qualcosa di buono per il prossimo aiuta l’umore, è recentissima la scoperta che il volontariato abbia anche un’influenza positiva sulla salute fisica delle persone. L’Università di Exeter ha pubblicato una ricerca basata su dati raccolti negli ultimi venti anni che studiano la relazione tra volontariato e salute. Dalla ricerca emerge che i volontari hanno un tasso di mortalità del 22% inferiore, rispetto a chi non pratica attività di volontariato e che effettivamente abbia un’incidenza positiva sulla percezione che le persone hanno di sé stesse, incrementando i livelli di autostima e di felicità. Secondo la ricerca dell’Università di Exeter, tra le ragioni dietro all’effetto benefico del volontariato, l’inclusione sociale crescente e il dinamismo.
L’influenza positiva del volontariato emerge in modo più evidente nelle fasce più anziane della popolazione, a maggior rischio isolamento. Sembra infatti che, tra gli anziani, chi si impegna per il bene altrui, registri un tasso inferiore di mortalità e sia meno soggetto a problemi di cuore. La ricerca ha addirittura indicato una sogli temporale sopra la quale i benefici del volontariato risultano più evidenti: 2 ore a settimana. Ciò però non significa necessariamente che spingere le persone a fare volontariato equivalga ad avere un impatto positivo sulla loro salute.
“Dal nostro studio emerge l’effetto positivo che potenzialmente il volontariato può avere su chi lo fa, ma solo se l’iniziativa è spontanea” spiega Sue Richards a capo del gruppo che ha condotto la ricerca all’Università di Exeter, “se le persone percepiscono il volontariato come un obbligo allora, i benefici dell’attività si annullano.”


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