Non profit

Chi è il miglior fundraiser in Italia?

Attenzione alle classifiche troppo facili

di Valerio Melandri

Qual è l’organizzazione che fa il miglior fundraising in Italia? Quello che rende di più e costa di meno? Insomma, da chi dobbiamo andare per imparare la best practice? Indicare qualcuno che eccelle in termini di fundraising è assai difficile perché si tratta di qualcosa che non può essere complessivamente considerato. Si tratta di un’analisi che va fatta strumento per strumento (mailing, face to face, telemarketing, pubblicità etc), campagna per campagna e organizzazione per organizzazione. E anche se due organizzazioni facessero lo stesso “rate” (ovvero la stessa percentuale di costi di struttura/costi di progetto, oppure soldi spesi per ogni euro raccolto) questo sarebbe in realtà ben poco significativo per segnalare la loro presunta efficienza.
Per Telethon, che ha a disposizione la Rai, fare certe raccolte è ben diverso che per la piccola organizzazione di Palermo, e se magari Telethon ha il 10% di costi di raccolta rispetto alla piccola organizzazione di Palermo che ne ha il 60% (cioè per ogni 100 euro raccolte ne spende 60) questo non significa necessariamente che una è buona e l’altra cattiva. Occorre guardare al momento storico dell’organizzazione (se è all’inizio i costi si alzano), alla storia (è già nota o è sconosciuta?), alla causa (bambini e malattia è diverso da cultura), alla regione di provenienza, alla dimensione, al suo database, alla presenza di volontari…
Piuttosto che fare dei benchmark azzardati proviamo a paragonare i risultati in termini di efficienza ed efficacia. In altre parole, la domanda sui “costi di fundraising” è secondo me sbagliata: non è indicativa di nulla. Ma il problema è che molti dicono: «Non abbiamo altri indicatori, intanto usiamo questo». Ma questo è terribile! È come se io, avendo in casa un termometro rotto, per misurare la febbre ai miei figli mi dicessi: «Il temometro è rotto, ma almeno è un termometro»…

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