Politica

Chi c’è e chi non c’è

È stato l’uomo sorpresa del congresso di Firenze. Maurizio Martina, ventinovenne segretario lombardo dei Ds, racconta a Vita la sua idea del “partito che non c’è”...

di Giuseppe Frangi

Una citazione nel discorso di Walter Veltroni. Un?altra, carica di entusiasmo, nell?editoriale di Adriano Sofri su Repubblica a chiusura di congresso. Non c?è dubbio che Maurizio Martina sia stato una delle sorprese emergenti nella settimana che ha visto il capolinea di Ds e Margherita e il decollo del Partito democratico. Martina in questo mese di aprile ha bruciato tappe per le quali la politica, in genere, chiede anni. Prima dei riconoscimenti congressuali era stato infatti eletto segretario regionale Ds della Lombardia. Un giovane segretario, visto che ha 29 anni. «Mi rendo conto che il dato generazionale conta. È un fattore che ha giocato a mio favore come elemento di novità», ammette Martina. «Ovviamente spero che non ci si fermi qui e che diventi anche conoscenza del pensiero che uno prova ad affermare».

Vita: Un altro fattore di ?sorpresa? è la sua origine geografica. La Lombardia ormai da tanti anni è terra difficile per la sinistra.
Maurizio Martina: È assolutamente vero. Anche se ultimamente qualche passo è stato fatto. Bergamo, ad esempio, è una palestra interessante che ci ha riportati anche a vincere, com?è accaduto lo scorso anno al Comune.

Vita: Vincere nella terra della Lega non deve essere stato semplice. Qual è stato il segreto?
Martina: Non limitarsi a sfruttare le debolezze altrui. Mettere fuori le proprie idee con coraggio.

Vita: Semplice. Perché ci avete impiegato tanto a capirlo?
Martina: Perché eravamo chiusi in noi stessi. Avevamo una condizione psicologica perdente. Stavamo nelle nostre piccole enclave in atteggiamento assolutamente autoreferenziale, senza accorgerci che il consenso intorno a noi si erodeva sempre di più.

Vita: Come si spiega oggi un atteggiamento di questo tipo?
Martina: È stato un peccato di pigrizia culturale.

Vita: Aldo Bonomi dice che la sinistra al Nord non ha capito la novità della neoborghesia.
Martina: Ha assolutamente ragione. Abbiamo rappresentato questa novità sociale emergente solo con la categoria dell?egoismo. Non abbiamo capito che invece nella loro esperienza giocava una grande passione per il proprio lavoro, una genialità, un desiderio sano di autorealizzazione. La risposta che abbiamo dato a queste trasformazioni è stata completamente sbagliata.

Vita: Come se fossero dei nemici?
Martina: In parte sì. Avevamo quasi una supponenza nei loro confronti. Per quella pigrizia culturale di cui dicevo, siamo andati avanti a leggere la realtà con uno schema vecchio, quello del capitale-lavoro. In realtà non ci siamo accorti che fuori dalle grandi fabbriche stava partendo un grande processo di emancipazione economica.

Vita: Roma non vi è stata di aiuto?
Martina: Questo è vero. Ma l?errore è stato fatto soprattutto sul territorio, perché in altre situazioni invece abbiamo colto subito la novità. Pensi ai casi delle Marche o dell?Emilia. Poi Roma ci ha messo del suo?

Vita: Ad esempio?
Martina: Anche l?ultima Finanziaria non ci ha aiutati a ricucire un rapporto. Non si può non capire che questo territorio è esposto più di tutti gli altri alla competizione globale. Il centrodestra lo ha capito, proponendo misure per lo più demagogiche. Ma lo ha capito. Noi per tanto tempo, no. Poi c?è la grande questione fiscale. Questi nuovi imprenditori chiedono semplificazione e invece si trovano davanti una macchina pubblica che complica le cose e le burocratizza. La vedono come un ostacolo.

Vita: D?accordo con l?idea di federalismo fiscale di Formigoni?
Martina: In Regione ci siamo esposti, mostrando disponibilità di lavoro con la giunta, perché crediamo che certe idee siano condivisibili. Ci siamo presi anche critiche dalla nostra parte. Certo, il federalismo fiscale deve essere un?ipotesi seria, non un?arma da giocare contro il governo, quando al governo c?è il centrosinistra. Su queste questioni chiave dobbiamo assolutamente abbassare il tasso di ideologia.

Vita: Anche con il terzo settore il rapporto non è sempre stato semplice. Magari c?era un condivisione di valori, ma spesso alla fine è prevalsa una logica del sospetto?
Martina: È vero. C?è un equivoco di fondo da sciogliere. Ed è quello che c?è una funzione pubblica che oggi non viene svolta dal pubblico ma dal privato sociale. Io mi sono accorto di questa ?chiusura? quando ho visto che grandi temi che sarebbe toccato a noi lanciare sono stati invece lanciati dal non profit: mi riferisco al tema del mutualismo e a quello del servizio pubblico. Oggi c?è molto ?pubblico? fuori dagli assessorati. Noi non dobbiamo ostacolarlo, ma semmai favorirlo e aiutarlo a crescere. A Firenze, al congresso, ho avuto l?impressione che in tanti l?abbiamo capito, in particolare al Sud. Ho avuto incontri illuminanti, a questo proposito, con Bassolino e con il segretario regionale campano. Resta il fatto che il nostro primo compito è quello di rimettere a tema l?idea di libertà e quindi anche di libertà sociale.

Vita: Anche sul 5 per mille il centrosinistra è stato molto ondivago?
Martina: È una vicenda paradigmatica. Non abbiamo capito che questo è uno strumento decisivo per tutto un mondo che rende un servizio pubblico. Strattonare questa decisione come si trattasse di una decisione qualunque, è stato un errore.

Vita: C?è un?altra questione delicata sul vostro orizzonte: quella della laicità. Non c?è un rischio di restare ostaggi di un radicalismo etico che chiude verso altri mondi?
Martina: Su questo sono molto ottimista, anche se avverto il pericolo di rispondere in modo speculare agli atteggiamenti clericali e conservatori di tanto centrodestra. Ma a Firenze ho sentito ragionamenti sul tema della laicità che mi convincono. Il Partito democratico può rappresentare uno spazio politico di confronto dove le religioni assumono un?importanza pubblica e non solo privata. Uno spazio di confronto vero.

Vita: Un?ultima domanda: qual è il suo stato civile?
Martina: Convivo, felicemente.

Maurizio Martina, 29 anni, è a un esame dalla laurea in Scienze politiche. Vive nel suo piccolo paese («bellissimo», dice quasi con trasporto), Mornico al Serio, in provincia di Bergamo. È leader da pochi giorni, precisamente dal 14 aprile, quando è stato eletto segretario regionale dei Ds con un plebiscitario 86,6% dei voti. Un riconoscimento che va al di là delle divisioni tra le correnti, che in Lombardia avevano fermato la mozione Fassino a poco più del 70%.

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