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Chi c’è dietro la capra di Sgarbi

Appare in tarda serata su Canale 5, ma con il 7.8% di share rischia di fare più ascolti di una qualsiasi prima serata del nuovo corso di Rai3 (Semprini, in prima serata, sulla rete della Bignardi ha raggiunto un misero 2,9%): è la capra silenziosa e irriverente portata in scena a "Matrix" dal critico. L'ha realizzata l'artista Maurizio Orrico e Nicola Porro l'ha accolta orgogliosamente in scena

di Marco Dotti

E alla fine, la capra di Vittorio Sgarbi esordì in tv. Sgarbi ha preso la capra a simbolo di una condizione generale, cosa non da tutti compresa: un gruppo di ambientalisti di Ferrara lo ha infatti denunciato per "offese all'animale". «Li ringrazio – spiega Sgarbi – e consiglio loro di querelare anche Gesù, visto che da buon pastore considerava gli uomini il suo gregge, ma essendo le capre molto più intelligenti degli uomini, evidentemente questo reca offesa alle capre».

Ma chi c'è dietro la capra in Ureol, dimensioni reali, ispirata chiaramente ai diagrammi di Georgij Voronoi e che da mesi accompagna il critico, oggi assessore alla cultura nella giunta- Occhiuto a Cosenza?
C'è un artista cosentino, esplosivo e geniale, Maurizio Orrico, classe 1962, che l'ha realizzata per lui su commissione di Fine Arts. La capra, nella storia dell'arte, occupa uno spazio nobile (ricordate quelle si Chagall?), ma anche autoironico e divertito.

Quella di Orrico è beffarda. E ieri in tarda serata, col suo carico di trasgressione e ironia, ha fatto il sul debutto il tv, sulle scene di Matrix, la trasmissione di condotta da Nicola Porro e Chiambretti su Canale 5. «Sgarbi lo contatto sempre. Lui mi chiama anche alle due di notte. All'angolo arte, ci tengo moltissimo», spiega Porro.

Quando chiediamo a Orrico della Capra, sorride. E cita Umberto Saba, che nel suo Canzoniere, dedica alla capra una poesia bellissima sulla condizione umana.

Scrive Saba: «Ho parlato a una capra. Era sola sul prato, era legata. Sazia d’erba, bagnata dalla pioggia, belava. Quell’uguale belato era fraterno al mio dolore. Ed io risposi, prima per celia, poi perché il dolore è eterno, ha una voce e non varia. Questa voce sentiva gemere in una capra solitaria. In una capra dal viso semita sentiva querelarsi ogni altro male, ogni altra vita».

E le cose, qui, si fanno più serie. Divertite ma serie. «E su queste cose, vi piaccia o no – conclude Orrico – la capra continuerà, nelle prossime serate, a interrogarci. E a divertirci».

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