Non profit

Chef stellati e crafting leaders, è festa per gli eroi della raccolta fondi

In molti affollano dal primo giorno il Palazzo dei congressi di Riccione, per imparare esperienze nuove, ascoltare il cuoco Bottura fra cibo decostruito e progetti sociali, seguire una avanzatissima conferenza sullo stile di guida di un'associazione dentro il cambiamento (tenuta da quelli che lo studiano nelle aziende). È l'esercito del bene che ogni giorno dà il booster alle organizzazioni di Terzo settore ma, quando serve, anche allo Stato. Come per i comuni alluvionati

di Giampaolo Cerri

Centinaia e centinaia, probabilmente quasi un migliaio dei 1.200 iscritti. Il Palazzo dei Congressi di Riccione – un gigante in cemento vetro con echi vagamente “enzopianiani” – è preso d’assalto dal popolo dei fundraiser già nel primo giorno. Come sempre, funziona l’organizzazione, americana nei toni e svizzera nei tempi, impressa da Valerio Melandri, un apparato che ti "stalkera" simpaticamente via mail un bel po’ di mesi prima e che ti rammenta, ti ricorda, ti incuriosisce, ti suggerisce.

Benvenuti al Festival del Fundraising, benvenuti agli Stati generali della raccolta fondi. Affascinante, come sempre, un po’ bazar – il libro, il gestionale, la polizza – un po’ convegno, un po’ – e questo è anche il bello – festoso raduno di ex-commilitoni o compagni di liceo, perché fatto anche di gente che ha lavorato insieme, su quel bando, su quel progetto, su quella campagna.

Chi, per lavoro o per volontariato, raccoglie fondi a Riccione sa di doverci venire. Perché magari vedrà belle persone sul palco dell’auditorium o nelle sale minori ma soprattutto scambierà idee e costruirà relazioni. Anzi networking, visto che qui l’inglese non è la lingua ufficiale ma certamente molto, molto praticata.

Capita, da una sala a un’altra, da una plenaria a un’altra, di incrociare dei big del Terzo settore, gente che ha fatto della raccolta fondi una case history internazionale. Capita cioè di incontrare Rossano Bartoli, presidente della Lega del Filo d’oro che, con Bea Lentati, applicando le nuove tecniche di fundraising, fece della piccola associazione di Osimo (An) una grande realtà nazionale che ci invidiano in tutto il mondo. O Niccolò Contucci, anima di Associazione italiana ricerca sul Cancro – Airc. O Roger Bergonzoli, a capo della raccolta fondi di Soleterre dopo aver diretto Fondazione S.Rita da Cascia, sia lui che Bartoli, che Contucci già premiati, in passato, come fundraiser dell’anno. Dopodomani, toccherà a Luisa Bruzzolo ritirare il premio, come Lilt Milano, dove aver servito a lungo in altre realtà come il Cesvi.

Non solo fundraiser ma leadership

Quest’anno però, alla prima del Festival, si sono visti anche molti altri protagonisti del Terzo settore: come Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro, o Maria Chiara Roti, d.g. di Fondazione Ronald McDonald, o Massimo Maggio, direttore di Cbm. Erano nell’esclusivo parterre di un evento riservato ai direttori generali e organizzato da Fondazione EY sulla leadership. Due ore serrate sulla terrazza del Palazzo – peccato la pioggia ne limitasse l’uso, «ma domani e dopo ci sarà il sole», ha assicurato Melandri – due ore serrate, dicevamo, di ragionamenti sulla capacità di guidare, un’azienda come un’organizzazione non profit.

EY, uno dei giganti della consulenza, si è infatti messo a studiarla e la racconta a un bel po’ di Terzo settore là riunito: «Non basta più la leadership traslazionale, né muscolare», spiega Chiara Ferretti, «oggi occorre la crafting leadership (quella del leader che aggiusta, assembla, ndr), che si modella in funzione delle persone, che vive di eccezioni non di regole. Si interroga sui driver motivazionali, cerca il fitting fra persona e organizzazione, che non è votato solo alla relazione capo-collaboratore. Una leadership che sa di non potercela fare da sé». Si parla di neuromanagement e di ossitocina, ossia quell’ormone tipico delle donne in allattamento – ma ce l’abbiamo tutti – capace di indurre comportamenti più protettivi e più sociali. Insomma, al Festival del Fundraising non si ragiona solo di raccolta fondi ma, come sempre, c'è l’occasione per sviluppare pensiero, confrontare soluzioni, dar corpo a ragionamenti.

Dall'influencer allo chef

Né d’altra parte Skande, al secolo Riccardo Scandellari, influencer al top su LinkedIn, seguito in religioso silenzio da un centinaio di persone, si occupa di raccolta fondi in senso stretto, ma vende alle aziende la capacità di stare bene sui social.

Molti, molti di più, in capo a un’ora, gli spettatori per Massimo Bottura (foto in apertura, ndr), chef tri-stellato, che dal palco ha avvinto la platea coi suoi racconti da «modenese volgare» (Guccini), fatti di famiglia larga e di strapaese, ma anche di tanta voglia di destrutturare e ricostruire il meglio della nostra cucina. Uno che fa l’Osteria francescana, in cima all’empireo Michelin, ma che trova anche il tempo di costruire progetti sociali come il Tortellante, che dà lavoro ad alcuni giovani neurodivergenti, fra cui il suo secondogenito Charlie.

«Tutto torna» così, nell’affollato salone centrale del Palazzo dei Congressi. I fundraiser escono soddisfatti, sciamando verso gli spritz rivieraschi, le piadinerie già fissate, i ragionamenti a cena. C’è infatti una vitalità, una febbre progettuale in questi professionisti del sociale che, alla fine, l’american style di Melandri e dei suoi – le schiere tebane in magliettina, sempre cortesi, sempre efficienti – un po’ team building un po’ giornata d’orgoglio, non appare certo fuori posto.

Take a walk on the wild side”, cantava in un intermezzo Lou Reed- Martino Chieffo, un musicista romagnolissimo – ché a Riccione c’è anche questo: musica dal palco a far colonna sonora – ma per il popolo della raccolta fondi, farsi un giro “dal lato selvaggio” è esperienza quotidiana e bene poco trasgressiva rispetto al mitico cantautore americano: questi sovvertono ogni giorno le leggi del quieto vivere, delle carriere ordinate, dei percorso professionali regolari, per dare linfa al non profit ma quando serve – come vediamo in queste ore in tanti comuni alluvionati a poche decine di chilometri da qui – anche allo Stato. Così come era stato per la pandemia, del resto. Eroi, parola poco amata, anzi tabù, da queste parti, eppure la si deve usare, se si pensa a quel che fanno per il Paese.

Viva i fundraiser, dunque, che domani, alle 17,15, fra le altre cose, potranno ascoltare dal direttore di VITA, Stefano Arduini, da quello di Fanpage, Francesco Cancellato e dal caporedattore di Agenzia Italia, Giampaolo Roidi, ragionare sul perché magari questa macchina di bene, talvolta, sembra non fare notizia.

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