Ieri in tv davano un documentario sul discorso di Kennedy a Berlino. Quello del famoso: “Ich bin ein berliner” che apre e chiude l’intervento. Nel mezzo c’è una filippica anticomunista costruita con grande arte oratoria. Provocazioni sulla presunta libertà – di espressione, economica, politica – di quei regimi, intercalate da un “Let them come to Berlin!”, “Che vengano a Berlino!”. Centra poco e magari è una specie di sacrilegio, ma mi viene da riprendere, contestualizzandola, l’esortazione Kennediana guardando a una recente norma del governo nazionale. Si tratta di misura di semplificazione delle modalità di assegnazione di beni confiscati a favore di cooperative sociali impegnate in attività turistiche e gestite da giovani con meno di 35 anni. Si potrebbe aprire un dibattito sulla sua applicazione: vale per tutti i soci? o anche per gli addetti? Perché non è facile avviare un’impresa collettiva con un vincolo anagrafico di questo tipo. Ma l’aspetto che più colpisce è la formulazione della norma. Un comma in un testo di legge che riguarda le più disparate questioni. Invece, come ben sa chi amministra i beni confiscati, si tratta di un’attività molto complessa che richiede, più che una liberalizzazione, un’attenta ed efficace regolamentazione. Ciò vale sia per la destinazione dei beni che, appunto, per la selezione dei soggetti gestori. Proprio perché i beni confiscati attraggono una schiera sempre più ampia di giovani innovatori e imprenditori sociali che si vogliono cimentare in questa sfida. Giusto quindi sostenerli, ma affinché non si trasformi nella moda del momento o peggio non si assista a qualche forma di utilizzo opportunistico, meglio prevedere adeguati sistemi di controllo rafforzando l’Agenzia ad esempio. E magari facendo un bel bagno nelle realtà più avanzate di riconversione dei beni confiscati. Che vengano a Caserta quindi, alla Nuova Cucina Organizzata, ad esempio.
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