Cultura

Che tempo faceva?bStoria climatica di Torino

il libro Tre secoli di osservazioni su temperature e precipitazioni

di Redazione

La mia prima nevicata. Da bambino. Quelle dell’adolescenza, che mi hanno fatto scegliere questo mestiere. E poi, dopo, sempre più sporadiche… Tre secoli di osservazioni su temperatura, pioggia, neve e fenomeni meteorologici nel Torinese. Cinquecento anni di cronache e testimonianze sul clima. Una delle più lunghe serie storiche esistenti al mondo. Oltre 1.200 fotografie, grafici, tabelle e 1,3 milioni di dati elaborati. Dopo oltre vent’anni di ricerche tra archivi, biblioteche, fondi fotografici, vede la luce Il clima di Torino , un’ampia ricerca che presenta e analizza in modo sistematico oltre tre secoli di informazione. Una serie storica tra le più lunghe del mondo utile per la comprensione degli attuali cambiamenti climatici, ma anche una miniera di curiosità, di aneddoti e di informazioni. Ecomondo pubblica parte dell’introduzione.

S e nasci in una città, ti affezioni al suo clima. A Torino forse più che altrove, può darsi per via delle Alpi vicine, con le loro nevi e gli improvvisi sbuffi di föhn. Gozzano, De Amicis, Thovez e Pavese sono rimasti stregati dal clima di Torino. L’hanno descritto con una lirica toccante ma sempre precisa, dettagliata. (?) Il progetto urbanistico della Torino di un tempo è sempre stato attento al clima locale, invece, oggi che insegue banali grattacieli vetrati, non più.
Sono nato nella periferia nord della città, in un fine febbraio 1966, mese mite e piovoso oltre la media: 7,3°C e 158 mm. Non c’erano portici a Madonna di Campagna ma solo brutti edifici di una città che stava crescendo troppo in fretta. Però dalle mie finestre si sono sempre viste le Alpi, una bella fetta di creste dalla Val Sangone al Gran Paradiso, e una vasta porzione di cielo, dove osservare il cammino delle nubi. E, fatto ancora più raro, disponevo di un orto, dove sperimentare il mutare delle stagioni e toccare la neve fresca senza che fosse rovinata dalle automobili: la mia prima nevicata un po’ consistente avvenne poco avanti il mio primo compleanno, il 16-17 febbraio 1967, circa 30 cm. Forse è qui che si formano le passioni di una vita? Non so, ma la neve è diventata per me una insostituibile musa ispiratrice. (?)
Ho fatto la mia scelta: la neve è diventata parte del mio lavoro. Anch’io non andrò mai a vivere in luoghi nei quali non nevichi. Le mie nevi torinesi d’infanzia sono sfuocate, non le ricordo. L’adolescenza sarà segnata da anni avari di fiocchi. Alcuni eventi rimarranno però molto impressi: domenica 13 febbraio 1983 la nevicata me l’ero proprio coltivata: le previsioni televisive l’annunciavano, il cielo ingrigiva in mattinata, il termometro sottozero confermava. Verso mezzogiorno i primi cristalli, un pomeriggio tranquillo, di silenziosa periferia domenicale, passato a misurare col righello il manto che aumentava, e ad ammirare gli arabeschi sui rami di una magnolia che oggi è stata sostituita da un parcheggio cementato. All’imbrunire saranno dieci centimetri. Ma sarà anche la sera dove i telegiornali annunceranno il terribile rogo del cinema Statuto con 64 vittime. La neve perse così tutta la sua poesia, divenne una poltiglia sull’asfalto di via Cibrario, con su i riflessi azzurri dei lampeggianti dei pompieri.
Altre nevi ben nitide nella memoria sono quelle del triennio bianco: 1985, 1986, 1987. Avevo già il mio ricevitore Meteosat e seguivo dallo spazio le perturbazioni. Nel gelido gennaio 1985 la nevicata mi colse al Valentino, nel palazzo ottocentesco della facoltà di Agraria, quello con i due minareti, dove stavo seguendo le lezioni di analisi matematica: neve fitta, fredda, asciutta, mai vista a Torino. Ero in macchina, neopatentato, e sgommavo in corso Vittorio su uno zoccolo ghiacciato. Bellissimo, sembrava di essere a Montreal. Nel febbraio 1986 l’idea di questo libro era già maturata e con Luciano Grinza, medico emulo del Somis, ci dividevamo i quartieri di Torino misurando spessori e scattando foto. Nel gennaio 1987 ancora una nevicata record documentata già con il preciso intento di consegnarla alla storia del clima. Otto dicembre 1990: trenta centimetri che fermeranno il derby al nuovo stadio delle Alpi: mi sarà affidata una perizia tecnica nella causa che ne seguì, la mia passione nivale era già trasformata in professione. E infine una corsa in collina il 18 aprile 1991 a fotografare la straordinaria neve di primavera. Dopo nevicherà sempre meno, ma ogni centimetro è registrato in queste pagine.

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