Non profit

Che integrazione senza sostegno?

La scuola italiana non fornisce ai ragazzi molte chance per migliorare loro stessi.

di Riccardo Bonacina

Sono la mamma di una splendida bambina di 11 anni, affetta da sclerosi tuberosa. Ma non è della malattia che vorrei parlare, anche se ci sarebbe da chiedere un maggiore impegno da parte della comunità scientifica verso quelle malattie, che definisco perle rare, ma che non sono di moda, e non portano alcun vantaggio alle case farmaceutiche. Ciò che vorrei rendere noto è la situazione scolastica e l?ipocrita concetto della integrazione. Faccio una breve, ma doverosa, premessa. Sono contraria a tutte le etichette usate e continuamente cambiate, tipo handicappato, disabile, fino all?illuminante diversamente abile. Io mi rifiuto di definire mia figlia disabile, quando questo appellativo tende a classificarla in un gruppo a parte. Lei è diversa da tutti perché è lei! Detto questo, ritorno al problema scuola. Siamo arrivati al 2003 e ancora noi genitori dobbiamo combattere con la carenza numerica e formativa degli insegnanti di sostegno. Sembra che poi la nuova riforma scolastica porterà a bambini più proiettati verso l?Europa, rendendoli parte di questo villaggio globale. Ma per fare questo occorre dare un taglio alle spese meno importanti: quelle che riguardano i diversabili. Si riducono le ore dedicate alla loro formazione in rapporto 1:1 e aumenta l?ansia del corpo docente che non sa gestire la classe arricchita da quell?elemento così particolare. Perciò il bambino viene abbandonato a se stesso o alle cure di una bidella paziente: scarabocchia, gioca, insomma né più né meno di ciò che farebbe a casa se venisse lasciato allo stato brado. Ci sono genitori, economicamente più fortunati, che hanno pensato bene di far seguire privatamente il loro figlio da un insegnante e solo così si sono potuti raggiungere obiettivi cognitivi importanti. Ma la malattia o diversabilità non ha preferenze di casta e coloro che non hanno le possibilità di organizzarsi al meglio, sono destinati a raggiungere il minimo. Non si dà loro alcuna chance di cambiare, di migliorare. Se la scuola elementare sembra galleggiare nel mare dell?insoddisfazione, si arriva alla scuola media e ci si trova di fronte a un altro mondo, ancora meno preparato ad accettare questi ragazzi. Sono passate due settimane dal primo suono della campanella e ancora non si sa quale sia la strategia didattica. Tutto dipende dal ?gruppo H? che dovrebbe essere indetto dalla Asl, ma quando? Si parla di gennaio. E fino ad allora, che si fa? Finora, mia figlia ha solo scarabocchiato due quaderni, cosa che non faceva dalla prima elementare.

Gabriella La Rovere

Come ogni anno, riecco la questione della mancanza di insegnanti di sostegno. Non è che stiamo arretrando sul terreno dell?integrazione scolastica?

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