Cultura
Che cos’è la libertà?
In una scena del "Giulio Cesare" di Shakespeare, Cassio, dopo l’uccisione del dittatore, si rivolge alla folla di Roma invocando «Liberty, Freedom, and Enfranchisement», ovvero libertà, indipendenza ed emancipazione. Queste tre parole sono al centro dell'ultimo libro che Giulio Giorello ha dedicato all'esperienza della libertà. . Quello che interessa a Giorello non è la libertà dal mondo, ma la libertà nel mondo, con tutti i dilemmi e i paradossi che questo "stare al mondo" comporta
Che cos’è la libertà? Quante volte, molti di noi, non trovano di meglio che ricordare il ritornello della canzone di Gaber “la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”. Per rendersi subito conto di aver dato una risposta assolutamente parziale.
Libertà senza cuore
La dimensione “politica”, espressa nella sua forma più elementare oppure in quella più complessa della crisi delle forme partecipative democratiche, descritte dalla Arendt e poi richiamate nei versi di Gaber, è solo una delle tante dimensioni del concetto di Libertà. E, forse perché in questo momento storico è data per scontata, non appare nemmeno la più rilevante.
Basta ricordare le battaglie civili più importanti degli ultimi trent’anni o discutere, più modestamente, con i figli adolescenti dei soliti temi che oppongono genitori-figli e ci rendiamo subito conto che definire la “libertà”, oggi come ieri, serve a definire noi stessi in rapporto con la natura, con le persone a noi più vicine, con la nostra professione e con la società. È un confine? Una azione di conquista o un bene da difendere? Un modo di pensare e di essere?
Qualunque cosa sia, percepiamo che
nella libertà sta il problema e la medicina per salvare il cuore malato della modernità. Un cuore reso sempre più tachicardico e aritmico dalla antica tensione tra individualismo e comunitarismo, potenziata dalle innovazioni bio-tecnologiche e dalla virtualizzazione della socialità.
Giulio Giorello dedica al tema della “Libertà” il suo ultimo saggio, edito da Bollati-Boringhieri (Libertà, pagine 174, euro 11). Il Prologo, con la citazione iniziale di James Connolly, il fondatore dell’IRA, rivela subito che non è un saggio accademico e tanto meno neutrale. Giorello dichiara di essere un libertario e il libro è scritto con la passione di chi alla questione ha dedicato una vita intera, facendo propria la massima di J. Stuart Mill (1859): “Ogni vincolo, in quanto vincolo, è male”.
La Libertà o, meglio, il nucleo dell’esperienza libertaria risiede nelle tre parole che Shakespeare fa urlare a Cassio Longino dopo l’uccisione di Cesare: “Liberty, Freedom, and Enfranchisement” (libertà, indipendenza, emancipazione). Ad ognuna di queste parole corrisponde una diversa dimensione della Libertà ed è ad ognuna di esse che Giorello dedica un capitolo del suo libro.
Che cosa resta della libertà?
A Giorello non interessa molto il tema filosofico del “libero arbitrio”, attorno a cui buona parte della teologia e filosofia occidentale ha girato per secoli senza raggiungere mai una conclusione. Il fatto che il DNA, l’educazione o i traumi infantili possano determinare le inclinazioni affettive e le azioni di una persona adulta non significa che egli non sia “libero”. Quello che interessa a Giorello non è la libertà dal mondo, ma la libertà nel mondo.
Tale libertà può essere ragionevolmente definita come consapevole riduzione dei vincoli esterni al nostro agire”. Lasciandosi alle spalle il problema un po’ sterile sulla libertà della volontà, ci si può dedicare al progetto di ricerca di J.S. Mill, cioè “la natura e i limiti del potere che la società può legittimamente esercitare sull’individuo” (On Liberty, 1859).
Un progetto centrato, per usare le parole di Giorello, su “un individualismo che, lungi dall’essere sinonimo di egoismo, sia assunzione consapevole e coraggiosa di responsabilità contro qualunque imposizione da parte di chi vuole decidere per noi”.
Dove l’unico limite ammissibile per la libertà dell’individuo è quello di costringere alla libertà. Un individuo non può, cioè, firmare un contratto in cui si vende come “schiavo” e una società deve garantire la professione di ogni forma di religione tranne quelle che si propongono di opprimere e discriminare gli infedeli. E il libro che è andato in stampa poco dopo gli attentati parigini di Charlie Hebdo si chiude proprio con una discussione sulla libertà di espressione e sulla necessità di difenderla anche a costo di limitarla nei confronti di chi la vuole sopprimere.
La libertà e i suoi paradossi
Un paradosso, quindi. Ma è l’unico del progetto libertario? Il libro, purtroppo, non affronta alcune delle questioni su cui la società in questi anni si sta lacerando, senza trovare punti di sintesi. Inizia ad esempio a vacillare la fiducia nell’utilità e nella bontà dello sviluppo tecnico-scientifico libero da ogni condizionamento etico e morale.
Basti pensare ai dilemmi posti dai primi esperimenti di ingegnerizzazione genetica. Pochi avrebbero dubbi nel consentire ad un genitore di intervenire su un particolare gene per evitare che il feto sviluppi una malattia invalidante.
Ma un libertario cosa direbbe se l’obiettivo fosse quello di condizionare il colore della pelle o la misura del seno del nascituro? Per arrivare a questioni a cui bisogna dare una risposta già adesso, non in un futuro più o meno prossimo.
Si può fare uso del proprio corpo a fini di lucro, legalizzando il traffico degli organi o consentendo la maternità surrogata? Infine: è giusto liberalizzare la prostituzione e il suo sfruttamento? Se il consumatore è sovrano, come equilibrare l’abisso di conoscenza tra l’industria e l’individuo ed evitare che sia l’industria (e non il legislatore) a determinarne le scelte?
La vicenda delle quattro banche testimonia che la sovranità del consumatore, un caposaldo del progetto libertario, può facilmente trasformarsi nel paradiso dei truffatori se lo “Stato” non svolge attività di protezione e di tutela.
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