Famiglia

Che cosa nasconde la prova di forza di Vicenza: gli USA e noi

Ma gli antiamericani non esistono più ... la verità è che tutti i manifestanti di Vicenza ascoltano musica americana e bevono Coca-Cola, di Fabrizio Tonello

di Redazione

Cominciamo dai numeri: quante persone hanno sfilato a Vicenza? Circa 125mila. Quanti erano i voti di differenza tra le due coalizioni alla Camera (esclusa la Val d?Aosta) nelle elezioni dell?aprile scorso? Circa 25mila. Una semplice calcolatrice, di quelle in omaggio con i settimanali, dovrebbe permettere al governo di scoprire che, se il centrosinistra perde un solo voto ogni cinque tra i manifestanti di Vicenza, ha perso le prossime elezioni (supponendo che si voti con la stessa legge elettorale, naturalmente). E non stiamo a contare i voti di tutti coloro che hanno guardato le immagini della manifestazione in televisione o ne hanno letto sui giornali.

Poiché le dichiarazioni di Prodi e dei suoi ministri sono state del tipo: «Bene, bravi, adesso continuiamo come prima», è inevitabile pensare che il centrosinistra valuta i sorrisi di approvazione della Casa Bianca più della propria stessa sopravvivenza politica, il che è alquanto sorprendente. Come spiegarlo?

La confusione dei Ds

Purtroppo, la spiegazione sta nel terrore che attanaglia i gruppi dirigenti della Margherita e dei Ds, in particolare questi ultimi, al solo pensiero di apparire ?antiamericani? dopo la fine della guerra fredda. Non è un problema nato oggi: viene dalla profonda convinzione di D?Alema e Fassino di aver sbagliato tutto nella loro vita politica, convinzione da cui deducono la necessità di essere più liberali dei liberali in politica interna e più atlantici degli inglesi in politica estera. Il gruppo dirigente Ds ha confuso la fine dell?Urss con la fine di qualsiasi pensiero diverso da quello del Fondo monetario e della Banca mondiale, ripudiando non solo la caricatura di comunismo che i russi hanno sventuratamente imposto al mondo fino al 1989 ma addirittura le tradizioni di pensiero socialdemocratico che preesistevano alla rivoluzione d?Ottobre e gli stessi impulsi di riscossa nazionale che hanno caratterizzato il nostro Risorgimento.

Quelle basi contro chi?

Non occorre scomodare il generale De Gaulle per avere un corso rapido di autonomia e dignità nazionale: qualsiasi lettore di Mazzini sa che la sovranità nelle proprie decisioni è l?abc della libertà di un popolo. Il democratico e federalista Mazzini non prevedeva, però, che un?intera classe politica potesse sentirsi al sicuro soltanto all?ombra di potenze situate Oltreoceano. Né avrebbe potuto immaginare che il governo di una nazione democratica andasse a cercare la propria legittimazione non nella volontà popolare ma negli incontri con i rappresentanti dell?Impero (benevolo, ma pur sempre impero).

Il mondo contemporaneo è pieno di paradossi: in Polonia non ci sono più gli ebrei ma c?è l?antisemitismo, i dirottatori dell?11 settembre erano quasi tutti sauditi ma Bush invade l?Iraq, l?Unione Sovietica non c?è più, ma gli americani hanno ancora bisogno di basi in Italia, più grandi e costose di quelle dei tempi di Stalin o di Breznev.

I paradossi, in politica, di solito hanno una spiegazione. Per quanto riguarda l?Italia la spiegazione è purtroppo il fatto che non si è ancora trovato un modo ?normale? di avere rapporti con gli Stati Uniti. Sì, gli Stati Uniti ci hanno liberati dal fascismo (senza dimenticare i nostri partigiani). Sì, gli Stati Uniti ci hanno aiutati col Piano Marshall e hanno favorito i primi passi verso l?Unione Europea. Sì, gli Stati Uniti combattono al-Qaeda, anche se sul modo in cui lo fanno ci sarebbero parecchie cose da dire. Tutto questo ne fa automaticamente il nostro fratello maggiore? No.

Tra Vicenza e Google

Se non ci fossero più basi americane in Italia, saremmo invasi dalla Croazia? Dalla Libia? Dalla Svizzera? Presumibilmente no. Saremmo alla mercè di Osama bin-Laden? Nemmeno: il difenderci dal terrorismo dipende dalle capacità della nostra polizia e dei servizi segreti, non certo dal raddoppiare la base di Vicenza, che semmai potrebbe avere l?effetto opposto. Non esistono ragioni concrete di interesse nazionale per avere un atteggiamento servile nei confronti del governo americano, in particolare quello in carica.

Non c?è nulla di più stantìo, e insulso, dell?accusa di essere ?antiamericani?. Chi ha sfilato a Vicenza molto probabilmente aveva controllato le ultime notizie su Google, si era portato da casa una Coca-Cola e ha concluso la giornata andando a vedere l?ultimo film di Clint Eastwood. Guardiamo ai numeri: il 66% degli americani è ?insoddisfatto? di come vanno le cose negli Stati Uniti, appena il 32% apprezza Bush come presidente (sondaggio Gallup del 1° febbraio). Quando due terzi dei cittadini americani è contrario alla politica della Casa Bianca, dove stanno gli ?antiamericani?? A quanto pare sono più numerosi a Washington che a Roma.

Fassino e D?Alema, che sono uomini di buone letture, dovrebbero sapere che gli Stati non hanno amici ma soltanto interessi, che a volte coincidono con quelli di altri Stati democratici, a volte no. Nel caso di Vicenza, i cittadini hanno democraticamente detto ?No? e qualsiasi decisione diversa da parte del governo Prodi avrebbe un costo politico che, 18 anni dopo la fine della guerra fredda, sarebbe follia pagare.

Fabrizio Tonello (1942) è docente di Scienza dell?opinione pubblica a Padova ed è grande conoscitore dei media e della politica americana. Per Carocci ha pubblicato Il giornalismo americano. Per Feltrinelli, La nuova macchina dell?informazione.

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