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Che cosa fare per l’Iraq

La guerra, oggi, é scoppiata non solo nel mondo intero.

di Riccardo Bonacina

A un anno dalla caduta di Bagdad, è iniziata la guerra. Quella guerra che non si era accesa un anno fa, quando le divisioni angloamericane risalivano trionfalmente l?Iraq, dal sud verso la capitale, in soli 40 giorni. La guerra, oggi, è però scoppiata non solo in Iraq, ma nel mondo intero. Questo, bisognerà prenderne atto, è lo stato delle cose, questa la situazione con cui cominciare a fare seriamente i conti. Smettendola con le polemiche a colpi d?opposte idiozie.
Da che Bush jr. a bordo della portaerei Lincoln, bardato da pilota supersonico, si faceva riprendere dalle telecamere sotto la scritta “Missione compiuta”, sono stati uccisi quasi 700 militari della coalizione (erano 128 sino al 9 aprile 2003), 660, tra civili e militari, sono stati vittime di attacchi suicidi, mentre fonti indipendenti americane parlano di oltre 10mila morti tra i civili, nell?ultima tragica settimana sono ricominciati gli spostamenti interni di popolazioni irachene, la gente scappa da Falluja, da Kerbala. Quaranta occidentali, tra cui almeno quattro italiani, sono attualmente ostaggio di varie bande di terroristi e integralisti in rivolta. Russia, Francia, Portogallo, Repubblica Ceca hanno chiesto ai loro concittadini di lasciare il Paese. Anche le tre ong italiane che ancora avevano personale espatriato in Iraq (Coopi, Intersos, Un ponte per ?), hanno richiamato i loro operativi. Kofi Annan ha dichiarato che “stante le attuali condizioni di sicurezza sarà impossibile mandare in Iraq una delegazione consistente”.
Ma la guerra non è scoppiata solo in Iraq, ma nel mondo intero. è il mondo ad essersi incendiato. Le cose si sono ulteriormente complicate in tutta l?area mediorientale così come in Afghanistan, in Kosovo, in Uzbekistan, in Cecenia; la situazione si è complicata anche in Iran, in Pakistan e nel Sud-Est asiatico. Il terrorismo islamico ha colpito al cuore l?Europa, a Madrid, e la tiene sotto minaccia.
Condoleeza Rice, consigliere per la sicurezza nazionale Usa, nell?audizione di tre ore di fronte alla commissione d?inchiesta sull?11 settembre, ha detto chiaramente che l?America di Bush ha lanciato una ?guerra mondiale? contro il terrorismo. Proprio così. “Per oltre 20 anni”, ha detto la Rice, “la minaccia terroristica è cresciuta, e la risposta dell?America attraverso varie amministrazioni di entrambi i partiti è stata insufficiente. I terroristi erano in guerra con noi ma noi non eravamo in guerra con loro. Noi abbiamo preso coscienza di questo attacco, e abbiamo dichiarato una guerra mondiale contro il terrorismo”.
G U E R R A M O N D I A L E, ovvero la fine di ciò che resta diritto internazionale, la sospensione di ogni altro impegno, la restrizione delle libertà, la paura opposta alla paura, la violenza opposta alla violenza. Una guerra in cui rischiamo di essere ingaggiati, se già non lo siamo, senza neppure averlo scelto.
Che fare? L?iniziativa Italiafrica, per come si è sviluppata, per i contenuti che propone, per la mobilitazione che ha saputo suscitare, ci pare fornire una vera indicazione, suggerire una strada possibile. Italiafrica è frutto di una logica opposta a quella della guerra, la logica dell?amicizia, di un?amicizia che diventa capace d?iniziativa politica, che diventa capace di aggregare e di suscitare interesse, che sa mobilitare, capace di indicare percorsi di ricomposizione e di riconciliazione, un?amicizia capace di riprendere in mano le ragioni della nostra stessa convivenza civile per rilanciarle come speranza per noi e per il mondo intero.

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