Cultura
Che ci fanno in Africa i bergamaschi
Cooperazione/ La storia di una delle più famose ong italiane
Lella Costa e Maurizio Carrara
Ho abbracciato il dugongo. Il mondo visto da vicino
Melampo, pp. 125, euro 10
Questo che sembra essere un libro scritto a quattro mani, in realtà è un?opera corale a cui hanno partecipato volontari, cooperanti, creativi, attrici, imprenditori, politici, giornalisti e molti altri; è la storia di un gruppo di amici che, in pieno riflusso ideologico, nel 1985, reinventa la propria vocazione politica e fonda una ong, il Cesvi. E lo fa a Bergamo, una delle tante province italiane dove sembra non succedere mai nulla, ma dove la voglia di fare ha da sempre prevalso sulla voglia di apparire.
Ma Ho abbracciato il Dugongo, scritto da Lella Costa e Maurizio Carrara, è anche la storia di un?idea, di un continuo azzardo, in cui non mancano i colpi di teatro, gli incontri impossibili, le difficoltà, gli escamotage e le strategie di una piccola organizzazione lombarda che col tempo, un pizzico di incoscienza, e tutta la testardaggine di cui sono capaci i bergamaschi, è oggi una fra le più importanti ong italiane nel mondo. Un primato difficile da difendere e un patrimonio non sempre riconosciuto, abituati come siamo in Italia a preferire, sempre e comunque, l?erba del vicino. Non so se questo sia un problema di esterofilia acuta o di invidie domestiche, sta di fatto che il lettore o il cooperante italiano sanno molto delle grandi centrali internazionali, aspirano talvolta al loro status quo, ammirano la loro efficacia, ma spesso storcono il naso davanti alla cooperazione internazionale made in Italy.
Bene: questo è un libro per tutti loro.Dovrebbero leggerlo, o almeno sfogliarlo. Non ci sono denunce, scoop, dichiarazioni di intenti o manichee separazioni fra buoni e cattivi, ma quanto hanno cercato di fare ?quelli di Bergamo?: prima in Sud America, poi nei Balcani, quindi in Asia e infine in Africa. E il tutto, seguendo i ricordi di Maurizio Carrara e la voce di Lella Costa, testimonial del Cesvi fin dai primi tempi.
Un resoconto di appena 120 pagine che non indulge quasi mai sui ricordi più personali – quelli in cui si è consumato un pericolo, o quelli più divertenti – o sulle difficoltà interne per evitare di diventare un libro in prima persona. E che però rimane un?opera personale: quella di chi, dopo vent?anni di presidenza al Cesvi, ha deciso di cambiare strada e, con questo a tratti toccante bilancio di una vita, desidera cogliere l?occasione per ringraziare coloro che hanno contribuito alla crescita di «quel meraviglioso gioiello che si chiama Cesvi».
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