Cultura

Che ci facevo io trai i malati psichici

In biblioteca: un obiettore di coscienza ha ricavato un libro dall'esperienza di servizio civile in una comunità di "matti". Un'esperienza che è formativa, qualsiasi strada si scelga

di Maurizio Regosa

Lavorare nei servizi alla persona non è un?esperienza che lascia indifferenti. Lo sa bene Simone Caruso che, alcuni anni fa, è stato obiettore di coscienza in una comunità per malati psichiatrici. Finita quell?esperienza, è tornato alla vita diciamo normale (oggi fa il perito assicurativo) ma il tarlo della riflessione o almeno della memoria ha continuato ad accompagnarlo, spingendolo a scrivere un agile libretto intitolato Sto malissimo. ?Non posso uscire dal cerchio?, Fiori di campo Edizioni, 2005 (9 euro). Non è uno scrittore, Caruso. È una persona attenta e sensibile che ?semplicemente? ha voluto ricordare gli ospiti della comunità in cui è stato per un anno, dedicando a ciascuno un capitolo del suo racconto. Arturo, con la sua forza paradossale («La mia vita è come una poesia, ti sbombardo di pugni e ti mando via»). Sergio, mitomane fantasioso. Claudio e il suo fantasma paterno. E così via. Ciascuno è rappresentato semplicemente, quasi in una scheda, con uno stile descrittivo e asciutto. E ognuno ha la sua originalità e i suoi bisogni più o meno espressi (ad esempio fa capolino, fra le righe, il grande tema dell?eros fra e dei malati). Ognuno ha il suo desiderio di comunicare al di là delle parole, con lo sguardo, la complicità, il rito. Imparando a riconoscere i quali, il giovane obiettore di coscienza si avvia sulla strada della comprensione di una dialettica fondamentale, quella fra l?io e il tu, passaggio difficile ma essenziale per scoprirsi un po? più adulti e un po? meno indifferenti.


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