Welfare

Che c’entra la povertà con l’agricoltura?

I giudici mettono alla sbarra la gestione del programma di aiuto alimentare dell'Unione: continuare a finanziarlo tramite la politica agricola comune sarebbe un grave errore

di Francesco Dente

Gli obiettivi del Programma di aiuto alimentare dell’Unione europea a favore degli indigenti sono ancora validi? L’approccio adottato è appropriato? E i mezzi impiegati sono adeguati alle finalità perseguite? La Corte dei Conti europea ha posto sotto la lente gli obiettivi, i mezzi e i metodi impiegati nell’attuazione dello strumento di sostegno in favore delle fasce più deboli introdotto nel 1987 con il duplice obiettivo di contribuire, da un lato al benessere dei cittadini più indigenti, dall’altro alla stabilizzazione dei mercati agricoli attraverso lo smaltimento di parte delle consistenti scorte di intervento. La magistratura contabile, al termine della relazione, ha suggerito alla Commissione europea sette raccomandazioni per migliorare l’utilizzo degli aiuti ai poveri. Eccole.
Rivedere il capitolo di bilancio.
Secondo la Corte dei conti europea, la Commissione dovrebbe valutare l’opportunità di continuare a finanziare o meno la misura solo mediante le risorse destinate alla politica agricola comune. In generale, si legge nel testo scritto dal presidente della Corte dei Conti, Vítor Manuel da Silva Caldera, il programma «non è stato condotto in modo sufficientemente coordinato e all’insegna della cooperazione con altri attori chiave delle azioni sociali».
Integrare politiche europee e statali.
La Commissione dovrebbe incoraggiare gli Stati a inserire il Programma sugli aiuti agli indigenti nel quadro della politica sociale e a migliorare il coordinamento e la cooperazione con gli altri attori chiave delle azioni sociali. Secondo la Corte, l’impatto della misura di aiuto è, nel complesso, limitato in quanto «offre ai beneficiari l’equivalente di un pasto al mese».
Fissare le priorità.
Per accrescere l’impatto della misura, la relazione suggerisce alla Commissione di definire delle priorità nella selezione dei destinatari dell’aiuto e degli intermediari al fine di orientare l’aiuto in modo specifico.
Ampliare la gamma dei prodotti.
La normativa europea consente, nel caso in cui le scorte di intervento siano temporaneamente indisponibili, l’acquisto di prodotti alimentari sul mercato comunitario per la distribuzione gratuita agli indigenti. Le derrate così comperate sul mercato, tuttavia, devono appartenere allo stesso gruppo di prodotti ammassati per l’intervento: una condizione che finisce col limitare la scelta dei prodotti da distribuire. La Corte, per questo, propone di riconsiderare la restrizione normativa.
Introdurre degli standard.
La magistratura contabile europea punta poi il dito contro l’ampia «varietà di sistemi applicati nella catena di distribuzione dalle autorità di gestione alle organizzazioni caritative e agli indigenti».
Definire gli obiettivi.
Gli obiettivi generali del programma, afferma il presidente da Silva Caldera, non sono stati «tradotti in quantitativi o in sotto-obiettivi specifici, misurabili e realizzabili, né dalla Commissione né dagli Stati membri». Le relazioni sull’esecuzione stilate dagli Stati membri, inoltre, sono risultate in molti casi incomplete o contenenti dati incongruenti.
Migliorare le procedure di appalto.
Le procedure di appalto applicate dai vari Stati membri, osserva la Corte, «differiscono notevolmente, non garantiscono parità di accesso a tutti gli operatori comunitari e non assicurano la più ampia concorrenza possibile, né l’ottenimento delle condizioni e dei prezzi più vantaggiosi». La Commissione, pertanto, dovrebbe definire meglio il fondamento giuridico e le modalità di applicazione per quanto riguarda l’acquisizione delle derrate alimentari da destinare agli indigenti.


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