Non profit

Che boomerang!

Tremonti si rimangia il 5 per mille. Proviamo a capirne le conseguenze

di Gabriella Meroni

Sottrarre decine di milioni alle organizzazioni che aiutano le popolazioni colpite dal sisma è un errore che potrebbe avere gravi ripercussioni, anche politiche. Ecco perché. E perché la strada più ragionevole è un’altra…
«Io ti ho creato, io ti distruggo»: ricorda la famosa frase del dottor Frankenstein la decisione del ministro Tremonti di devolvere il 5 per mille ai terremotati. Nato come misura di sussidiarietà fiscale, per permettere ai cittadini di premiare le associazioni più meritevoli, il 5 per mille dovrebbe adesso subire una radicale trasformazione ad opera del suo stesso ideatore: diventare cioè un serbatoio di fondi per lo Stato sull’emergenza e la ricostruzione.
Contro la proposta si è levato un coro di no, e non solo dal non profit (il portavoce del Forum del terzo settore, Andrea Olivero e il presidente del CSVnet, Marco Granelli) ma anche dal Pd, dall’Udc, dai radicali, mentre un sondaggio di Sky Tg24, ponendo la domanda in modo decisamente populistico («pensi di destinare il 5 per mille agli sfollati dell’Abruzzo?») mostrerebbe che l’84% degli italiani sarebbe favorevole all’idea. Non c’è da stupirsi: chi potrebbe rispondere no a una domanda del genere? Tuttavia, andando più in profondità, emergono ulteriori elementi. Dal punto di vista economico, il 5 per mille di quest’anno potrebbe raccogliere al massimo 380 milioni, il tetto di spesa che gli è stato assegnato in Finanziaria. Anche se è impossibile stabilire la quota che gli italiani potrebbero destinare all’Abruzzo, alcune stime parlano di un 40-50% delle scelte, per un totale di 150-180 milioni. Una bella cifra, che però non servirebbe per l’emergenza. Quello che Tremonti non dice, infatti, è che i beneficiari stanno ancora aspettando le quote del 5 per mille 2007, maturate due anni fa. E secondo quanto annunciato dal governo stesso (per bocca dei sottosegretari Roccella e Molgora), i contributi arriveranno se va bene dopo l’estate, cioè due anni e mezzo dopo le dichiarazioni dei redditi a cui si riferiscono.

Soldi tolti a chi…
Quei 150 milioni inoltre sarebbero di fatto sottratti a tante organizzazioni in prima linea per gli abitanti delle tendopoli. Le stesse tendopoli chiuderebbero se realtà come Anpas, Misericordie, Banco Alimentare o Avis fossero costretti a smettere la loro opera di solidarietà, che oltretutto è a costo zero per lo Stato. Tra l’altro, proprio queste realtà traggono dal 5 per mille risorse indispensabili: nel 2006, per esempio, con il 5 per mille i contribuenti sostennero l’Anpas con 2,3 milioni di euro, utilizzati per potenziare le strutture che in questi giorni stanno operando egregiamente in Abruzzo. Diminuire o dimezzare questo contributo andrebbe contro la sussidiarietà che questo governo dichiara di voler perseguire. «Mi auguro che non sia Tremonti a smontare quel meccanismo che proprio lui aveva pensato», osserva a questo proposito Emmanuele Forlani, portavoce di quell’Intergruppo per la sussidiarietà che ha presentato in Parlamento un progetto di legge per stabilizzare il 5 per mille (vedi intervista a lato). «Evidentemente siamo tutti favorevoli a strumenti di sostegno per i terremotati, ma senza andare a scapito di altri strumenti che hanno dimostrato di funzionare bene. La cosa vale per il 5 per mille, ma anche per l’8 per mille. È sempre sbagliato contrapporre due interessi giusti e legittimi. Quindi ci aspettiamo che nel dispositivo tecnico venga pensato come un’integrazione, non come una sostituzione».

Quella quota dell’8 per mille
Oltre al 5 per mille, c’è anche l’8 per mille, che come è noto può essere devoluto a diverse confessioni religiose e allo Stato, che per legge (la 222 del 1985) deve utilizzarlo per quattro obiettivi sociali: fame nel mondo, conservazione di beni culturali, assistenza ai rifugiati e, appunto, calamità naturali. Tra l’altro, come fa notare il commercialista esperto di non profit Giampaolo Concari, «l’8 per mille non ha un tetto massimo se non nell’ammontare globale dell’Irpef, quindi basterebbe stabilire che una fetta maggiore di questi fondi fosse destinata alle opere di ricostruzione e alla conservazione dei beni culturali danneggiati dal sisma. Inoltre questi quattrini, che tecnicamente avrebbero la stessa tempistica del 5 per mille, possono essere anticipati e quindi smobilizzati subito».
Una strada, questa dell’8 per mille, che potrebbe però incontrare le resistenze della Chiesa Cattolica, destinataria di una buona parte dell’8 per mille, e che per parte sua ha già annunciato che devolverà 5 milioni della propria quota agli aiuti post sisma. Lo Stato invece negli ultimi cinque anni anni ha buttato via i fondi dell’8 per mille utilizzandoli per scopi diversi da quelli di legge (vedi box), venendo così meno a una propria precisa responsabilità.

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