Famiglia

Che bella trama, signora Mondadori

La figlia di Arnoldo, da 10 anni è impegnata in prima persona per "aiutare i bambini maltrattati dalla vita".

di Benedetta Verrini

In una famiglia come la nostra, dove tutti hanno fatto sempre e comunque gli editori, la mia è stata una scelta un po?? diversa”. Sprigiona franchezza e disponibilità, Cristina Mondadori. Sorride, dà uno sguardo alla finestra del suo studio e indica il complesso di edifici del Centro Benedetta D?Intino, la sua creatura. Dal cortile interno, i muri arancioni e rosso veneziano sembrano voler contagiare il grigio della periferia di Milano. Eccola qui, la scelta ?diversa? di Cristina Mondadori, figlia di Arnoldo, medico psicoterapeuta infantile invece che editore: gestire e sviluppare un centro speciale, con diverse anime, tutte finalizzate a uno scopo: “aiutare i bambini maltrattati dalla vita”, ci racconta. Vita: Partiamo da questa scelta, allora. Quando ha deciso di diventare medico? Cristina Mondadori: è una storia un po? particolare. Mi sono laureata in medicina piuttosto tardi, a 40 anni. Mi ero sposata molto giovane, a 18 anni, e non avevo nemmeno potuto completare il liceo. Ho seguito mio marito, Mario Formenton, nei suoi viaggi d?affari in Oriente. Poi sono arrivati i miei quattro figli, e gli studi sono rimasti un sogno nel cassetto. Fino a quando il mio ultimo figlio è andato all?asilo. Allora mi sono detta: “Riprendo a studiare!”. Vita: A cominciare dalla maturità? Mondadori: Certo! Ho dato la maturità insieme al mio figlio più grande: lui 18 e io 36 anni. Poi ho continuato, mi sono iscritta a medicina con l?intenzione di specializzarmi in neuropsichiatria infantile. Ma non c?erano posti e così ho fatto cardiologia pensando che, in fondo, il cuore è la sede del sentimento. Vita: Poi ha raggiunto comunque il suo traguardo… Mondadori: è vero, la mia passione per i temi dell?infanzia e della psicoterapia mi ha portata, quasi 15 anni dopo, a specializzarmi in psicoterapia infantile alla Tavistock di Londra. In quegli stessi anni è mancata, in seguito a una cardiopatia, la mia nipotina Benedetta, figlia di mia figlia Silvia. Aveva solo 15 mesi. Vita: E in sua memoria avete creato il Centro Benedetta D?Intino. Mondadori: Sì. Nel 1993 abbiamo costituito prima la Fondazione, il polmone finanziario, con un capitale quasi unicamente della famiglia. Subito dopo è nato il Centro, che si occupa di curare i bambini e gli adolescenti con disagio psichico e le loro famiglie. Inoltre, il CBDI si pone come l?unico centro italiano per la Comunicazione Aumentativa e Alternativa per bambini con danno neurologico e privi di linguaggio orale. Vita: Cosa l?ha portata alla scelta di due settori così diversi tra loro? Mondadori: Mi è venuto subito naturale, per la mia formazione, pensare di dedicare il Centro alla cura del disagio psichico dei bambini. Accanto a me, in quei primi anni, c?erano altre tre colleghe, e una di loro si occupava di bambini disabili gravi, con danni neurologici, che non avevano l?uso della parola. Abbiamo così unito le nostre passioni e il nostro impegno. Oggi diamo supporto psicoterapeutico a 150 bambini alla settimana. Vita: I suoi figli sono coinvolti in questo progetto? Mondadori: Mia figlia Silvia ha creato qui al Centro un?associazione di volontari che si occupano di bambini disabili. Gli altri miei figli, Luca, Mattia e Pietro, fanno soprattutto? gli editori. Ma sono coinvolti, visto che hanno dato una grossa parte del loro patrimonio per questo progetto. Vita: Questo è l?Anno europeo del disabile. C?è propensione, nel mondo imprenditoriale, al sostegno di questi temi? Mondadori: Milano ha una grande tradizione di sostegno al sociale, gli esempi sono tanti: dall?Asilo Mariuccia fino a San Patrignano. Certo, si potrebbe fare molto di più. Ho una visione abbastanza globale della propensione alla solidarietà, visto che mi occupo anche della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, dedicata alla salvaguardia e alla promozione della cultura, e posso dire che c?è più sensibilità per questo settore che per il sociale. Forse, il mecenatismo e la cultura gratificano di più e più facilmente, mentre il sociale richiede un coinvolgimento maggiore. Inoltre, mi pare che il sostegno all?handicap non sia ancora entrato nella mentalità italiana: basti guardare alle barriere che ancora costringono migliaia di bambini e adulti a restare reclusi in casa. Vita: Lei lavora con bambini e genitori in situazione di disagio e anche con famiglie adottive e affidatarie. Cosa pensa della prossima chiusura degli istituti? Mondadori: è un obiettivo importantissimo. Un bambino istituzionalizzato è un bambino che soffre, perciò la famiglia è una priorità fondamentale. Sarebbe senz?altro necessario dare più spazio e sostegno all?adozione. Ma credo che sia soprattutto necessario sostenere le famiglie d?origine, anche se non sono quell?ideale che tutti vorremmo per un bambino. Vedo tanti casi, qui al Centro, e so bene che spesso il disagio dipende solo dall?ignoranza, dalla solitudine delle ragazze madri, dalle difficoltà economiche: in tutti questi casi, la tutela del bambino si realizza col sostegno alla sua famiglia. Vita: Un obiettivo che vuole realizzare? Mondadori: Se dovessi dirne uno, sarebbe fare altri Centri Benedetta D?Intino in tutta Italia, per raggiungere tutti i luoghi in cui il sostegno e la tutela dei bambini, sia maltrattati che disabili, sono ancora a un livello insufficiente. Info: Per approfondire il tema: CBDI, tel. 02.39263940 Fondazione Benedetta D’Intino


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA