Non profit

Chávez ritira l’oro. Come una rivoluzione

Decisione senza precedenti. Ecco le vere ragioni

di Redazione

Il venezuelano Hugo Chávez ha ordinato al suo governo di rimpatriare l’oro detenuto nelle banche estere per poi spostarlo in Russia e Cina, di nazionalizzare l’industria dell’oro e di vendere i 29 miliardi di investimenti posseduti in dollari. Il Venezuela detiene 366 tonnellate di riserve auree, 110 presso banche quali JPMorgan, Barclays, Standard Chartered e Bank of Nova Scotia e 99 presso la Banca d’Inghilterra.
L’improvvisa decisione dell’eccentrico dittatore ha fatto andare nel panico il mondo finanziario tanto da far schizzare il prezzo dell’oro ai nuovi massimi di 1.916 dollari l’oncia. Si tratta del più grande trasferimento fisico del metallo giallo della storia recente che comporterà problemi mai affrontati quali quelli riguardanti i mezzi di trasporto, la sicurezza e la necessaria assicurazione visto che parliamo di un valore di quasi 11 miliardi di dollari.
I mercati sono in fermento anche perché altri Paesi potrebbero seguire l’esempio di Caracas ma la vera domanda che preoccupa è: perché lo ha fatto? Per prima cosa Chávez vuole portare l’oro fuori dal blocco delle banche occidentali aderenti alla Banca dei regolamenti internazionali verso banche del blocco russo-cinese. In secondo luogo perché è preoccupato che l’oro depositato possa essere congelato e prevede problemi sul futuro del dollaro. La sua mossa è un modo per uscire dal sistema americano e abbiamo già visto cosa succede a chi, come Saddam Hussein e Gheddafi, minaccia di sostituire la moneta verde quale valuta di riferimento negli acquisti di materie prime come petrolio e oro.
In questo mondo dominato dalla finanza dove il 96% di tutte le transazioni sull’oro sono operazioni di carta, senza scambio di prodotto fisico, significa che ogni oncia viene venduta più volte. Se solo il 20% dovesse chiederne la consegna, come Chávez, l’oro giallo non basterebbe per tutti e sarebbe come uscire dal casinò con le fiches in tasca.

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