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Charmet: “Troppi i suicidi nascosti”

ANTEPRIMA - Lo scorso anno in Lombardia 20 ragazzi si sono uccisi a scuola. VITA in edicola lancia l'allarme insieme alla campagna dell'Associazione L'amico Charly

di Benedetta Verrini

Un lavabo, un rasoio, un ragazzo che si lava il viso. La sua mano che stacca delicatamente la lametta. Pochi attimi e nell?acqua cadono lente, pesanti, brune gocce di sangue e un messaggio fuori campo avverte: «Un ragazzo su 100 usa la lametta prima che gli sia spuntata la barba». E’ come un pugno nello stomaco lo spot sociale de L?amico Charly, realizzato grazie alla generosa collaborazione della Saatchi&Saatchi. «Siamo consapevoli della sua durezza», commenta Mariagrazia Zanaboni, presidente dell?associazione che a Milano ha aperto un bellissimo spazio di aggregazione giovanile e che si propone come mission la lotta al disagio giovanile e a una delle sue forme più drammatiche, il suicidio. Una realtà talmente nascosta tra le pieghe della vergogna familiare che non è possibile monitorarla. «In Italia è la seconda causa di morte per i giovani tra i 14 e i 24 anni. Credo che sia abbastanza perché gli adulti comincino a occuparsene», dice il professor Gustavo Pietropolli Charmet che, grazie ai finanziamenti de L?amico Charly, da circa tre anni si occupa a tempo pieno del problema suicidio e ha preso in carico già circa 40 ragazzi che lo hanno tentato. Non banalizzare «E’ vissuto con una tale vergogna, individuale, familiare e sociale, che il suicidio finisce sempre per essere in qualche modo ?derubricato? nelle strutture pubbliche», prosegue Charmet. «Pochissimi tentativi vengono ufficialmente segnalati e mettono in moto la macchina giudiziaria e i servizi sociali. La stragrande maggioranza dei casi viene classificata sotto etichette molto più tranquillizzanti: ?assunzione incauta di farmaci?, ?incidente domestico?, ?gesto autolesivo non suicidale?». «La banalizzazione cui viene ridotto il suicidio è grave ed estremamente pericolosa», prosegue Charmet, «perché il primo fattore di rischio del suicidio è proprio il tentativo». I primi a negare il problema, purtroppo, sono proprio i genitori. Il gesto di un figlio che tenta di uccidersi viene tenuto nascosto a tutti, a cominciare dal momento del ricovero in ospedale, in cui la dinamica viene sottaciuta agli operatori. E poi, oltre alla congiura del silenzio, arriva la banalizzazione: «è stato lasciato dalla ragazza, era un po? in crisi, ma passerà». Non è vero. A chi parla così, Charmet risponde: «Lei davvero questa sera se lo porta a casa e dorme sonni tranquilli?». Bisogna essere seri e lapidari, spiega, per far capire quanto è grave il problema. […] Info:

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