Economia

CGM, un popolo al cantiere del Welfare

Cooperazione sociale. Che cosa bolle nella pentola del maggior consorzio italiano

di Maurizio Regosa

A Siracusa, una cooperativa, guidata da una donna, si occupa di bimbi autistici. Cerca per quanto è possibile di alleviare la loro fatica di vivere. In Toscana, nel carcere di San Gimignano, alcuni detenuti producono zafferano: grazie al consorzio Arché, ritrovano le ragioni di un?appartenenza. A Belluno, il consorzio Sacs rileva i bisogni della popolazione anziana che vive nelle malghe. Per fornire i servizi socio-assistenziali ma anche trasmettere i dati alla protezione civile. In caso di calamità. Non si sa mai. Hygea onlus a Montichiari, in provincia di Brescia, gestisce un poliambulatorio. Nello studio odontoiatrico, ogni anno, circa 600 pazienti. Spendono in media il 40% in meno delle tariffe di mercato. E possono pagare a rate, senza interessi, senza ricorrere a una finanziaria.
Frammenti di un agire sociale? Certo, viste da molto vicino appaiono singole iniziative ma basta prendere la giusta distanza per capire meglio. Non sono solo esperienze locali che puntano a risolvere un disagio, a riempire un vuoto. E sarebbe già molto. A collegarle c?è la trama di un welfare comunitario, plurale e inclusivo. Una trama intrecciata da imprese cooperative che hanno a cuore i territori in cui operano. E puntano da anni all?innovazione, a un?imprenditorialità sociale diffusa con la consapevolezza di chi si sente, ed è, attore di un cambiamento possibile e sostenibile. Proprio perché parte dal basso. Perché coinvolge diversi portatori di interesse e perché trae vantaggio dall?essere in rete.
Sono esperienze del gruppo Cgm: più di mille cooperative, decine di consorzi distribuiti in tutta la penisola a occuparsi di anziani, di persone con disabilità, di inserimento lavorativo, di marginalità, di turismo sociale.

Cgm e il bene comune
Fare impresa per il bene comune, sapendo che appunto riguarda tutti e «non è appannaggio di nessuno», spiega il presidente Johnny Dotti . «Non a caso oggi costruiamo imprese sociali con partner impensabili solo dieci anni fa». E la convergenza strategica di buone intenzioni permette di cogliere obiettivi insperati. Come nel caso di Pan. Come in quello di Alfa, la nuova società creata con Anfass per affrontare e risolvere, tramite comunità alloggio, il problema del ?dopo di noi? per le persone disabili.
«Da agenzia strategica», prosegue Dotti, «che promuoveva un certo tipo di cooperazione sociale – piccola, territoriale, specializzata – Cgm ha scelto di diventare un gruppo cooperativo che punta a creare convergenze e portare avanti progetti innovativi nella convinzione che nessuno può sperare di ottenere, da solo, risultati soddisfacenti». Da qui lo sviluppo di una logica di marchi. Da qui un modello che Mauro Magatti definisce «a geometria variabile, assai flessibile, che si plasma e prende forma nel territorio».

Chi fa Cgm?
E se dici territorio, intendi persone. È grazie ai 35mila fra cooperatori, addetti e volontari che Cgm è riuscito a diventare il nono gruppo cooperativo al mondo. E da chi sia composto questo piccolo ?esercito?, lo dice una ricerca coordinata da Aldo Bonomi.
Bassa l?età media (intorno ai 36 anni, con un nucleo forte di soggetti fra i 30 e i 40). Moltissime le donne (quasi il 60%). «La componente femminile è molto importante», commenta Claudia Fiaschi, vicepresidente Cgm, «ma ancora fatica ad avere posizioni di rilievo. Credo che il modo migliore non sia di fare imprese azzurre o rosa, ma di assumere insieme i due colori: l?integrazione di genere è vincente, si integrano le differenze, le sensibilità, i registri». In generale la motivazione di queste persone è altissima: sono pochi i cooperatori che dichiarano di volersi mettere alla ricerca di un nuovo, più remunerativo lavoro. E pensare che il 40% di loro ha un titolo di laurea…

Dove va Cgm?
Condividere il significato di ciò che si fa è uno segreti per farlo bene. Ed è per questo che l?appuntamento biennale della convention, come quella che si è tenuta a Riva del Garda dal 7 all?11 novembre, assume un rilievo speciale. Giacché Cgm non ha ancora concluso il suo cammino. Il nuovo Piano industriale 2007-2009 lo dice con chiarezza: vanno portate a compimento alcune scelte recenti come la valorizzazione del marchio Welfare Italia, il coordinamento delle diverse società nate in pratica da start-up di altrettanti progetti nazionali, il sistema articolato di partecipazioni societarie. «Il Piano rafforza la missione di Cgm, che è quella di produrre welfare comunitario. Ricentrarsi sulla comunità ha per noi un valore strategico», conclude Dotti, «perché significa continuare a puntare sull?autorganizzazione, sulla partecipazione, affinando la capacità di intercettare risorse e contribuendo a riqualificare la spesa pubblica. Compiti non semplici e che non esauriscono la nostra missione. Che è anche quella di portare a valore elementi immateriali. Consapevoli che la realtà non è fatta solo da ciò che è visibile?».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA