7 ottobre

Cessate il fuoco e liberate gli ostaggi: un anno di appelli ignorati

Cento ostaggi ancora nelle mani di Hamas, 41.500 persone uccise nella Striscia di Gaza, un milione e 900mila palestinesi sfollati. Il conflitto che continua ad allargarsi. «È vergognoso, e insieme un fallimento dell’umanità, che a un anno di distanza dal 7 ottobre non vi sia alcun cessate il fuoco né alcun ritorno in libertà degli ostaggi», dice Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International

di Anna Spena

«È vergognoso, e insieme un fallimento dell’umanità, che a un anno di distanza dal 7 ottobre non vi sia alcun cessate il fuoco né alcun ritorno in libertà degli ostaggi. Queste atrocità non avrebbero mai dovuto essere state commesse, eppure si consente loro di continuare», dice Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

Lunedì 7 ottobre segna un anno dagli orribili attacchi di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi nel sud d’Israele, in cui circa 1.200 persone vennero uccise e 250 prese in ostaggio. Quella data segna anche un anno dall’inizio del devastante, e ancora in corso, assalto di Israele contro la Striscia di Gaza occupata, che ha causato l’uccisione di oltre 41.500 persone e lo sfollamento forzato di un milione e 900mila palestinesi. 

«Il 7 ottobre è un giorno pieno di dolore per gli israeliani che hanno perso i loro cari, uccisi o rapiti, e per le migliaia di persone che continuano a essere sfollate anche dopo gli atroci attacchi di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi», continua Callamard. «Il 7 ottobre ci ricorda anche che è passato un anno dall’inizio degli orribili attacchi delle forze israeliane contro la Striscia di Gaza, che hanno ucciso decine di migliaia di persone, costretto allo sfollamento il 90% della popolazione e dato luogo a una catastrofe umanitaria senza precedenti, ponendo la popolazione palestinese della Striscia di Gaza a rischio di genocidio, come affermato dalla Corte internazionale di giustizia», ha aggiunto. 

«I crimini commessi da Hamas», spiega Callamard, «e da altri gruppi armati palestinesi, che il procuratore della Corte penale internazionale sta indagando come crimini contro l’umanità, sono stati orribili e privi di qualsiasi giustificazione. A un anno di distanza, circa 100 ostaggi sono ancora trattenuti nella Striscia di Gaza. Di alcuni è stata confermata la morte e coloro che sono ancora in vita rischiano la morte, la tortura e altre violazioni dei diritti umani. Le preoccupazioni per le loro vite sono aumentate da quando, ad agosto, le forze israeliane hanno recuperato i corpi di sei ostaggi, le cui autopsie hanno determinato che erano stati uccisi poco prima del ritrovamento. Gli ostaggi civili devono essere rimessi immediatamente in libertà e riuniti con le loro famiglie. Nel frattempo, nella Striscia di Gaza intere famiglie sono state decimate e molte persone stanno ancora scavando tra le macerie delle loro case distrutte cercando i loro cari, bambini inclusi. Centinaia di famiglie sono ancora alla ricerca di informazioni sui loro cari detenuti in Israele senza accusa né processo, molti dei quali sottoposti a tortura». 

«Mentre la guerra s’infiamma», continua la segretaria generale di Amnesty International, «senza alcuna prospettiva di una sua fine, la necessità di un cessate il fuoco, del rispetto del diritto internazionale e del diritto di tutte le vittime alla verità, alla giustizia e alla riparazione è più urgente che mai».

E così, dopo un anno «il mondo resta in bilico. Gli ostaggi devono tornare a casa. Le bombe devono smettere di cadere. Gli aiuti devono poter arrivare dove sono più necessari», dicono Kate Forbes e Jagan Chapagain, rispettivamente presidente e segretario generale della Federazione Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. «L’urgente necessità di pace e stabilità non è mai stata così chiara. Tuttavia, gli sforzi politici e diplomatici devono ancora raggiungere questo obiettivo. L’assistenza umanitaria non può sostituire la volontà politica».

La Federazione Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa ha perso 27 volontari, uccisi in servizio durante questa crisi, sei della Stella di Davide in Israele e 21 della Palestine Red Crescent Society a Gaza e in Cisgiordania. «La Firc non prende posizione», continuano, «se non quella dell’umanità. Ribadiamo i nostri appelli a tutte le parti affinché proteggano i civili, gli operatori umanitari e gli operatori e le strutture sanitarie. Tutte le parti devono garantire la sicurezza di coloro che forniscono aiuti umanitari. Bisogna garantire un accesso sicuro e senza ostacoli agli aiuti e ai servizi essenziali, ovunque nella Striscia di Gaza. Bisogna aprire tutti i valichi di frontiera disponibili per garantire un flusso continuo e ampliato di aiuti umanitari, tra cui forniture mediche e cibo e carburante, in particolare attraverso i valichi di Rafah e Kerem Shalom. Bisogna rilasciare immediatamente e incondizionatamente tutti gli ostaggi». 

Le operazioni militari hanno subìto un’escalation drammatica, senza segni di rallentamento. Il 90% della popolazione gazawi, quasi 2 milioni di persone, ha dovuto abbandonare le proprie case nella Striscia di Gaza, senza acqua, cibo e accesso ai servizi essenziali. La crescente scarsità di cibo e i tassi di malnutrizione aumentano rapidamente in tutta la popolazione, con quasi mezzo milione di persone a rischio imminente di carestia. Più della metà degli ospedali nella Striscia è fuori servizio. I nove ospedali da campo costruiti non sono tutti pienamente operativi. Almeno 130 ambulanze sono state colpite dai bombardamenti mentre svolgevano le loro operazioni di soccorso. Le epidemie e le malattie infettive sono una minaccia concreta, come dimostrano tristemente i nuovi casi di poliomielite registrati nella Striscia di Gaza. Non accadeva da 25 anni.

«È necessario che la popolazione civile, gli operatori umanitari, il personale e le strutture sanitarie siano protetti, che venga garantito un accesso sicuro ad aiuti e servizi essenziali. Che le bombe smettano di cadere e l’Umanità prevalga sull’odio: questo è il nostro appello ad un anno dall’inizio del conflitto in Israele e nei territori palestinesi occupati. La crisi umanitaria è grave e diventa ogni giorno più complessa», dice Rosario Valastro, presidente della Croce Rossa Italiana. «Siamo preoccupati dall’estendersi del conflitto in Libano. Sono decine di migliaia i morti e milioni le persone che hanno bisogno di assistenza». 

I palestinesi piangono i parenti uccisi nel bombardamento israeliano della Striscia di Gaza, in un ospedale di Deir al-Balah, martedì 1 ottobre 2024. (AP Photo/Abdel Kareem Hana) Associated Press/LaPresse

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