Formazione

Cesio, verità che scotta

Yuri Bandajevsky era rettore dell’Istituto di medicina di Gomel, una delle principali città della Bielorussia.

di Silvia Pochettino

“Sindrome da incorporazione di radionuclidi di lunga vita”: così l?aveva definita il professor Yuri Bandajevsky, autorevole scienziato bielorusso, rettore per nove anni dell?Istituto di medicina di Gomel. Aveva dimostrato una correlazione diretta tra la concentrazione di cesio 137 nell?organismo dei pazienti e una serie di patologie dei bambini. Ora marcisce in carcere. La sua linea di ricerca è stata smantellata, i suoi colleghi licenziati. Perché?
Ufficialmente per aver incassato bustarelle dagli studenti (in base alle dichiarazioni di un testimone che ha ritrattato due giorni dopo); di fatto, con ogni probabilità, perché con le sue ricerche contestava le posizioni ufficiali sugli effetti del disastro nucleare di Cernobyl. Il professor Bandajevsky è stato condannato a otto anni da un tribunale militare, senza appello, con una sentenza in cui l?Osce ha rilevato otto infrazioni al codice penale bielorusso.
All?epoca di Cernobyl, Bandajevsky è uno dei più giovani e promettenti professori di anatomo-patologia dell?Unione Sovietica. I successi universitari si moltiplicano: a soli 30 anni è nominato rettore del Laboratorio centrale della ricerca scientifica della Bielorussia, nel 1990 diventa rettore dell?Istituto di medicina di Gomel, una delle città più grandi del Paese.
Ma il disastro di Cernobyl sconvolge, come tante vite, anche la sua. Gomel è una delle città più contaminate di tutta la Bielorussia. Con i suoi 200 insegnanti e 1.500 studenti, l?Istituto diretto da Bandajevsky per nove anni analizza migliaia di casi e compie centinaia di esperimenti su cavie animali incominciando a intravedere una correlazione tra la presenza di cesio 137 nei tessuti dei pazienti e una serie di patologie gravi: cardiopatie (il cesio si accumula soprattutto nei tessuti muscolari, tra cui il cuore, che è il muscolo più attivo dell?organismo), ma anche problemi renali, diminuzione della vista, depressione del sistema immunitario.
Nel 1999, finalmente, afferma pubblicamente, in una trasmissione alla televisione nazionale, l?esistenza di una “sindrome da incorporazione di radionuclidi di lunga vita”, quello che in seguito fu definito “Aids nucleare”.
La trasmissione fa scalpore, ma Yuri non si ferma, e si spinge ancora più in là. Troppo, forse. Nell?unico Paese dell?ex Unione Sovietica in cui sono ancora vietate le manifestazioni, e il Kgb esiste sempre sotto lo stesso nome, invia un rapporto direttamente al presidente Lukashenko, chiedendo di rivedere radicalmente la politica di intervento sulle conseguenze di Cernobyl, certo che si possano aprire nuovi orizzonti di cura.
“Era un medico, non un politico”, dice la moglie Galina, “non si rendeva conto dei rischi che correva”. E che si concretizzano puntualmente due mesi dopo, quando 15 militari fanno irruzione in casa sua e lo arrestano in base a una direttiva speciale (la n. 21) emanata dal presidente stesso, che prevede la possibilità di incarcerare per un mese senza capo di accusa “i criminali più pericolosi per lo Stato”.
Dopo un anno e mezzo agli arresti domiciliari viene definitivamente condannato a otto anni di carcere. La sua linea di ricerca all?Istituto è smantellata, i suoi colleghi trasferiti, e anche Galina perde il lavoro. Da allora, il nome di Bandajevsky, in Bielorussia, è meglio farlo sottovoce.
Ma all?estero si è mobilitato sul ?caso Bandajevsky? un vasto movimento (pressoché sconosciuto in Italia), che ha portato alla terza richiesta di grazia per il professore bielorusso, oggi in mano all?Alto commissariato per i diritti dell?uomo, sostenuta da associazioni della società civile, parlamentari europei e recentemente anche da una parte del parlamento bielorusso (www. comite- bandajevsky.org). La richiesta: che lo scienziato sia liberato e che gli sia permesso di riprendere le sue ricerche nelle zone contaminate insieme a una commissione internazionale di esperti. Se si dimostrerà che la sua tesi è errata, tanto meglio; ma se è esatta si potranno aprire importanti linee di ricerca scientifica per tutta l?umanità.
La grazia è stata nuovamente respinta dal presidente Lukashenko all?inizio dello scorso febbraio, ma la pena è stata ridotta da otto a sei anni, grazie a un?amnistia. Intanto Bandajevsky ha subito due attacchi cardiaci gravi ed è stato sottoposto a un?operazione d?urgenza.
Piange Galina: “Io chiedo solo una cosa, che torni a casa. Ma so che è una speranza ancora lontana”. Solo una forte pressione internazionale potrà, forse, cambiare le cose.

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