Economia

Cese: il modo migliore per raggiungere la parità retributiva è denunciare gli stereotipi

Se il piano d'azione proposto dalla Commissione per ridurre il persistente divario retributivo tra uomini e donne non darà i suoi frutti entro la fine del 2019, il Comitato Economico e Sociale Europeo (Cese) potrebbe decidere di invocare misure più forti e più vincolanti

di Redazione

Il Comitato economico e sociale europeo (Cese) appoggia gli sforzi profusi dalla Commissione europea per ridurre il divario retributivo di genere nell'Unione europea, ma propone ulteriori azioni per affrontare tutti i fattori all'origine di tale divario, privilegiando in particolare la denuncia di stereotipi sociali e culturali consolidatisi nel tempo che determinano le scelte delle donne in fatto di istruzione e di carriera.

Nel suo parere sulla comunicazione della Commissione Piano d'azione dell'UE per il 2017-2019 – Affrontare il problema del divario retributivo di genere, il Cese rileva tra l'altro l'importanza della trasparenza delle retribuzioni e degli audit salariali nelle imprese. Sollecita altresì la Commissione ad intraprendere la raccolta di dati individualizzati per produrre statistiche più accurate sul fenomeno della povertà femminile, spesso mascherata dal fatto che i dati sono raccolti a livello di nucleo familiare e non di singolo individuo.

Dati più dettagliati riguardo alle retribuzioni consentirebbero alle parti sociali di partecipare a trattative informate che, secondo alcune stime, sono di estrema importanza per ridurre il divario retributivo, ha dichiarato la relatrice del parere Anne Demelenne, aggiungendo che tale divario è più significativo nelle professioni meno retribuite che non sono sufficientemente coperte dalla contrattazione collettiva.

«Le parti sociali svolgono in questo caso una funzione fondamentale: si stima infatti che un aumento della "copertura" del dialogo sociale pari all'1 % riduca il divario retributivo di genere dello 0,16 %», ha dichiarato la relatrice. «Un aumento del 100 % della contrattazione collettiva e sociale eliminerebbe forse del tutto il divario retributivo», ha sostenuto, riconoscendo però che vi sono molti altri fattori in gioco.

Nella sua comunicazione la Commissione individua ben otto assi d'azione volti ad eliminare il persistente divario retributivo di genere. Essi comprendono iniziative volte a portare alla luce disuguaglianze e stereotipi, lottare contro la segregazione occupazionale, valorizzare maggiormente le competenze delle donne, migliorare l'applicazione del principio della parità retributiva e avvertire e fornire informazioni sul divario retributivo di genere.

Le cifre sono in effetti allarmanti. Oltre al divario retributivo di genere che è bloccato intorno al 16 %, il divario relativo al trattamento pensionistico è arrivato, nel 2015, al 38 %, fatto che aumenta la probabilità per le donne di trovarsi in una situazione di povertà in età avanzata. Nel 2014 il 59,6 % delle donne era occupato, contro il 70,1 % degli uomini in età lavorativa. La strategia Europa 2020 ha fissato come obiettivo un tasso di occupazione del 75% per donne e uomini entro il 2020.

Le donne, inoltre, costituiscono i 2/3 dei lavoratori a tempo parziale che definiscono sé stessi come sottoccupati, nel senso che vorrebbero estendere il proprio orario di lavoro.

In una relazione della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound), si stima che il divario retributivo di genere costi all'UE circa 370 miliardi di euro all'anno, vale a dire circa il 3 % del suo Pil.

La correlatrice del parere Vladimíra Drbalová ha dichiarato che si potrebbero compiere progressi significativi se un maggior numero di donne scegliesse di accedere a settori meglio retribuiti come le scienze, le TIC, i trasporti o l'edilizia.

«Da un'indagine condotta dalla Commissione risulta che, se le donne e gli uomini fossero equamente rappresentati nelle tecnologie dell'informazione, il Pil dell'Ue registrerebbe un aumento pari a 9 miliardi di euro», ha aggiunto, «ed è per questo che le donne dovrebbero scrollarsi di dosso gli stereotipi e aprirsi a professioni nei settori del futuro».

La relatrice e la correlatrice hanno entrambe convenuto che esistono degli stereotipi nei sistemi di istruzione e formazione, i quali conducono alla segregazione sul mercato del lavoro.

Vladimíra Drbalová ha rilevato che, per compiere dei progressi, non basta insistere sulla trasparenza soltanto e ha parlato delle tante imprese che già si sforzano di garantire sistemi retributivi neutri sotto il profilo del genere.

Il Cese ritiene che gli Stati membri abbiano una funzione fondamentale da svolgere, nel senso che dovrebbero incrementare la loro offerta di assistenza all'infanzia e agli anziani, garantendo così un miglior equilibrio tra la vita lavorativa e quella personale.

Le misure di austerità introdotte a seguito della crisi economica hanno portato a una riduzione degli investimenti nelle infrastrutture sociali, ad esempio per l'assistenza all'infanzia e agli anziani, lasciando alle donne minori possibilità di scelta per conciliare gli impegni lavorativi con quelli familiari e costringendole a uscire dal mercato del lavoro oppure ad accettare posti di lavoro meno retribuiti.

A questo proposito, il Cese insiste sulla necessità di trovare risorse finanziarie supplementari, nell'ambito del quadro finanziario pluriennale, per la realizzazione del piano d'azione nel suo complesso.

Il Cese si augura che, grazie all'attuale contesto economico favorevole e con l'integrazione del pilastro europeo dei diritti sociali in questo processo, gli sforzi della Commissione diano i loro frutti. In caso contrario, il Cese potrebbe eventualmente chiedere alla Commissione di prendere ulteriori misure.

«Se constateremo una situazione di stallo, se non vi saranno miglioramenti entro la fine del 2019, avremo bisogno di misure più vincolanti. Potremmo quindi raccomandare alla Commissione di proporre misure legislative e non legislative, che prevedano incentivi, sì, ma anche sanzioni», ha concluso Anne Demelenne.

Foto: Pexels

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