Non profit

Cerco-offro lavoro: via libera alla mediazione del non profit

Dalla formazione all'occupazione, il collegato Lavoro apre nuove opportunità

di Maurizio Regosa

Una piccola rivoluzione annunciata diventa oggi uno strumento a portata di mano, grazie alla recente circolare con cui il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali spiega a quali condizioni anche le realtà associative potranno occuparsi di intermediazione, come aveva stabilito lo scorso anno il collegato Lavoro.
Le associazioni dei datori di lavoro, i sindacati, quelle «in possesso di riconoscimento istituzionale di rilevanza nazionale e regionale», gli enti bilaterali dovranno semplicemente comunicare l’inizio attività, autocertificando il possesso dei requisiti di legge, e saranno poi inseriti in un albo informatico. «Sono stati eliminati», premette Maurizio Drezzadore, responsabile del dipartimento Lavoro Acli, «i requisiti molto rigidi che erano applicati, senza distinzione alcuna, alle società commerciali e alle realtà non profit».
Ora invece si cambia rotta: le associazioni, purché riconosciute e ovviamente senza far pagare alcun onere al lavoratore, potranno realizzare servizi di intermediazione sia direttamente che per il tramite di strutture collegate (per esempio i patronati). Una liberalizzazione fortemente voluta dalle associazioni e suggerita dalla realtà stessa. «Abbiamo un sistema dell’incontro fra domanda e offerta molto debole, come dimostrano anche i recenti dati Istat sulla disoccupazione. Questa riforma può consentire a un settore attivo come quello sociale di creare nuove occasioni di impiego, in particolare per le fasce più fragili, le donne e i giovani».
Per dare un vero contributo e mettere a disposizione dei troppi in cerca di impiego un vero valore aggiunto, le non profit, che non avranno vincoli operativi e potranno intermediare il lavoro anche in ambiti extra sociali, dovranno fare delle scelte precise. «Farei l’esempio della formazione professionale», argomenta Drezzadore. «È chiaro che se un’organizzazione che se ne occupa da tempo decide di prendere in carico le persone per accompagnarle all’incontro con il lavoro, deve avvalersi delle relazioni già esistenti con il mondo delle imprese. Più l’associazione ha una specializzazione di filiera più efficacemente svolgerà il suo compito e avrà risultati migliori».
Insomma, per allargare la loro prospettiva ed essere più incisive, è bene che le non profit non partano da zero. Perché improvvisarsi agenzie interinali? Meglio lavorare puntando sulla qualità e valorizzando il patrimonio. Ovvero le relazioni, le esperienze e le competenze accumulate. «Le Acli si occupano da tempo di servizi alla famiglia e alla persona. Ora se una realtà gestisce rapporti con centinaia di famiglie, più agevolmente può accollarsi l’onere dell’intermediazione per badanti e colf. Per le Acli», conclude Drezzadore, «arrivare fino all’incontro fra domanda e offerta significherebbe completare una filiera e mettere a disposizione un servizio che, nel caso di lavoratori stranieri, può andare dalla erogazione formativa nei Paesi d’origine all’accordo precontrattuale».


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