Formazione
Cerchiamo giovani talenti, per farne maestri in scuole di frontiera
La funzione della scuola dovrebbe essere quella di ridurre le disuguaglianze e di dare nuove opportunità agli studenti. La scommessa di Teach for Italy, ramo italiano dell'organizzazione internazionale Teach for all, si occupa di garantire questa funzione, formando e inserendo nelle classi professionisti altamente qualificati
All’interno delle scuole si gettano i semi per il futuro di un Paese.
Troppo spesso e in troppi luoghi del mondo, però, l’istruzione pubblica non è all’altezza del ruolo che è chiamata a svolgere e tende a perpetuare un sistema basato sulle disuguaglianze invece di contrastarlo. Proprio per combattere questa tendenza è sorta la rete internazionale Teach for all – partita negli anni ’80 con Teach for America, che ora è una delle più importanti non profit statunitensi –, presente in 61 paesi del mondo. Il ramo italiano di questa organizzazione, Teach for Italy, è nata due anni e mezzo fa, con l’obiettivo di inserire i migliori talenti italiani come insegnanti nelle scuole più svantaggiate, formandoli e accompagnandoli nel loro percorso. Per ora sono stati coinvolti 35 docenti – 15 il primo anno e 20 il secondo –, ma lo scopo per settembre è di essere presenti in 60 istituti in tutta la penisola.
“Fino agli anni Sessanta”, spiega il direttore generale di Teach for Italy, Andrea Pastorelli, “la scuola costituiva in Italia un vero e proprio ascensore sociale: in un ventennio si è passati da persone che non sapevano leggere e scrivere a cittadini attivi di una democrazia moderna. L’istruzione è stata anche uno dei fattori che hanno portato al boom economico degli anni Ottanta”. Negli ultimi 30 anni, però, le cose sono totalmente cambiate. Oggi, infatti, il sistema scolastico ha perso di vista il suo ruolo, che era in origine quello di appianare le disuguaglianze e di fornire nuove opportunità agli studenti. “Su 100 bambini nati in famiglie dove i genitori non hanno terminato le scuole superiori”, continua Pastorelli, “solo otto andranno all’università e di questi tre arriveranno a conseguire la laurea”.
Prima del Covid-19, parlare di questi argomenti era considerato un tabù nel nostro Paese, storicamente fiero della propria istruzione pubblica. Le falle che oggi vengono riscontrate nel sistema scolastico – incapacità di attrarre talenti, enorme complessità burocratica e amministrativa, mancanza di investimenti e crescenti diseguaglianze socio-economiche – vengono da lontano, ma sono state messe in luce e amplificate dalla pandemia.
“La nostra organizzazione”, racconta il direttore generale di Teach for Italy, “ha l’obiettivo di inserire del personale altamente selezionato e qualificato all’interno delle scuole italiane più svantaggiate, tramite un percorso di alta formazione della durata di due anni”. Le persone alle quali si rivolge l’associazione sono laureandi, neolaureati e giovani professionisti che non sono soddisfatti dal punto di vista lavorativo; chi appartiene a queste categorie può candidarsi online, da novembre a maggio, per far parte del programma.
“Per le selezioni”, afferma Pastorelli, “applichiamo un criterio contrario rispetto a quello normalmente utilizzato durante i concorsi: valutiamo prima la motivazione e la capacità di interagire con gli alunni, poi il curriculum e i crediti formativi ottenuti all’università”. Nel percorso di scelta dei candidati idonei vengono tenute in considerazione 10 competenze trasversali, tra cui la volontà di cambiare le cose, la comunicazione, una chiara capacità di leadership e una propensione all’innovazione sociale. La procedura di selezione include sette passaggi, tra cui una vera e propria prova di insegnamento di una lezione.
Gli aspiranti docenti seguono un corso intensivo full time di sei settimane, durante il quale imparano tecniche didattiche e di gestione dei bisogni educativi all’avanguardia. A settembre, i giovani vengono inseriti all’interno delle scuole dove il disagio educativo è maggiore, attraverso le graduatorie – se ne hanno i requisiti – o attraverso la messa a disposizione, lo strumento utilizzato per il reclutamento dei docenti quando le graduatorie si sono esaurite lasciando posti scoperti. “Per ogni provincia", dice il direttore, "mappiamo in collaborazione con la Fondazione Agnelli i dieci istituti in cui le difficoltà sono più grandi e dove, quindi, c’è anche carenza di personale”.
Nelle classi in cui entrano, gli insegnanti selezionati da Teach for Italy portano tutte le metodologie apprese durante il loro training. Si tratta di strategie innovative, basate su un approccio student centered, che mette al centro gli alunni e i loro bisogni individuali. “Se insegni a 22 allievi, dovresti potenzialmente insegnare in 22 modi diversi”, commenta Pastorelli. L’organizzazione, essendo in rete con altri sessanta enti in altrettanti Paesi, può contare su uno scambio di buone pratiche a livello internazionale, che le permette di essere sempre aggiornata nei metodi educativi che propone e di diffondere le esperienze italiane positive. “Teach for India per esempio”, chiosa il direttore, “è molto avanti nella love revolution, l’educazione attraverso l’amore, mentre Teach for America utilizza il project based learning, estremamente efficace soprattutto per quanto riguarda le materie STEM”. In generale, l’obiettivo che si pongono i docenti formati da Teach for Italy è quello di far sentire i bambini e i ragazzi a proprio agio, consapevoli di poter contribuire attivamente al proprio percorso educativo, non semplici fruitori passivi, come accade invece nelle lezioni frontali.
I giovani insegnanti rimangono due anni all’interno delle classi, seguiti da un coach, una figura professionale che, per la prima annualità, li aiuta a sviluppare le proprie capacità professionali, anche attraverso affiancamenti in aula, a seguito dei quali vengono forniti dei feedaback sugli aspetti da migliorare nell’impostazione didattica. Nella seconda metà del percorso, invece, il coaching si concentra sul futuro lavorativo dei docenti formati da Teach for Italy, ai quali viene domandato se vogliono continuare nella carriera che hanno intrapreso o se vogliono proseguire verso altre strade.
“L’obiettivo finale che si propone l’organizzazione”, conclude Pastorelli, “è mantenere dei talenti super selezionati all’interno del sistema educativo, come docenti, dirigenti, ricercatori o altro, in modo che le loro competenze possano essere utilizzate a beneficio del mondo dell’istruzione”.
Per le candidature QUI.
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