Non profit

C’era una volta un re E in Sudafrica c’è ancora

Nelle riserve del Paese uno dei baluardi contro il declino della specie

di Fulco Pratesi

Decimati dalle malattie, dal bracconaggio, dall’erosionedel loro habitat. Nel Continente nero ne resistono 30mila. Molti dei quali nei parchi a due passi dagli stadi«È meglio vivere un giorno da leoni che cent’anni da pecora». Questa frase, attribuita a Benito Mussolini, fu invece trovata scritta sul muro di una casa diroccata dalla guerra nel giugno 1918.
Che il leone, fin dai tempi più remoti, sia stato il simbolo del coraggio e della magnanimità lo dicono le tante leggende che lo vedono protagonista, come l’episodio di Androclo e il leone e le infinite raffigurazioni, dalle cacce dei sovrani persiani ai miracoli che li coinvolgono con santi e patriarchi biblici, da San Gerolamo a Davide e da Daniele a Sansone (nella Bibbia il leone è citato 130 volte). Ma questa aureola di generosità e ardimento non gli è valsa ad evitare le persecuzioni.
Diffuso fino al 200 dopo Cristo nei Balcani e in Grecia (Erodoto narra che i cammelli dell’esercito di Serse che stava invadendo la Grecia nel 480 a.C. furono assaliti dai leoni al passaggio di un fiume in Tessaglia), il leone, pressato da un devastante aumento della popolazione umana nei suoi territori, si estinse poco a poco nelle aree più antropizzate. Nei territori biblici il leone scomparve al tempo delle Crociate. In Turchia uscì di scena nel 1870, in Iraq nel 1918.
Il leone persiano, discendente delle cacce di Assurbanipal, scomparve nel 1942, mentre l’ultimo esemplare di leone berbero dalla stupenda criniera nera, preda sognata di Tartarino di Tarascona, fu ucciso nel 1920 nei Monti dell’Atlante in Marocco. Chiude questo martirologio leonino, il leone del Capo (Panthera leo melanochaita), tipico del Sudafrica – anch’esso adornato di una sontuosa chioma corvina – che venne definitivamente sterminato nel 1865 dai coloni boeri e inglesi.
Di tutto il suo territorio originario, il leone, nelle sue diverse sottospecie, popola ancora una buona parte del continente africano, dalla Somalia al Senegal, dal Sahel alla Namibia, con un’unica eccezione asiatica, la foresta di Gir nel Gujarat indiano, ove meno di 500 esemplari, discendenti degli originari leoni persiani, sopravvivono protetti in un parco nazionale. Ancora negli anni 90 ne esistevano, in Africa, circa 100mila individui. Oggi sono circa 30mila, più o meno protetti anche se decimati dalle malattie (come il cimurro canino di recente importazione) e dal bracconaggio, oltre che dall’erosione del loro habitat. Nella Repubblica Sudafricana, dove si svolgono i Campionati del Mondo di calcio, di leoni ve ne sono fortunatamente ancora molti. Poterli ammirare nel loro ambiente naturale non è difficile: molte sono infatti le riserve naturali che ne ospitano un buon numero.
Ma, come nessuno si sarebbe sognato venendo in Italia in occasione dei Campionati mondiali di calcio del 90, di non visitare San Pietro, così chi seguirà in Sudafrica le gesta (speriamo eroiche) dei nostri pedatori non potrà trascurare i tanti parchi e riserve che il Sudafrica, con antica e civile efficienza, protegge. Tra tutti, il PN Kruger, uno dei più belli e antichi del mondo, estesosi recentemente anche in Mozambico, dove, assieme a tutta la fauna africana, compresi i cinque Big Five (elefante, bufalo, rinoceronte, leopardo e leone), avranno il piacere di incontrare molti dei 1.500 Re della Foresta (della sottospecie del Transvaal Panthera tigris krugeri) che ne popolano le macchie e le savane.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA