Non profit
C’era una volta Robin Hood…
... E oggi non c'è più. Il fundraiser è piuttosto un comunicatore capace di coinvolgere i potenziali donatori, di farli sentire utili alla società. Chi sono i "venditori di opportunità"
«Il fundraiser non è un questuante che chiede denaro ai ricchi per darlo ai poveri, alla Robin Hood, ma piuttosto un motivatore e dispensatore di significato». Venditore di opportunità, dicono in America, dove le donazioni dei privati superano l?1,7% del prodotto interno lordo e i professionisti della raccolta fondi hanno un albo con 20mila iscritti. Ma in Italia Alessandro Lodolo D?Oria, fundraiser con esperienza ventennale, preferisce parlare di motivazione. E di maieutica: «Mai approcciare un donatore chiedendogli soldi. Il nostro lavoro è innanzitutto di coinvolgerlo, di farlo sentire utile per la società. Per questo le qualità umane necessarie per svolgere al meglio il nostro mestiere sono la capacità di ascolto, la curiosità, e la voglia di costruire ponti tra profit e non profit». Lodolo è uno dei 150 professionisti iscritti all?Assif – Associazione italiana fundraiser. Pochissimi rispetto ai colleghi americani e anche ai 1.800 membri dell?associazione di categoria inglese. Ma capaci di mobilitare 5,7miliardi di euro l?anno. Un mercato della raccolta fondi che Paolo Venturi, presidente di Aiccon, l?Associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del non profit, definisce «molto promettente: l?incidenza delle donazioni italiane oggi ammonta appena allo 0,1% del Pil contro una media europea dello 0,35%. C?è quindi ampio spazio di manovra sui 25 milioni di donatori nostrani».
Una vera opportunità
Il fundraising come opportunità di carriera, insomma. Lo dicono i numeri: tra i 200 professionisti che annualmente frequentano la Fund Raising School di Forlì, negli ultimi due anni i giovani senza previa esperienza di lavoro nel non profit e i professionisti provenienti da altre carriere sono aumentati del 20%. E solo tra il 2005 e il 2006 l?offerta formativa in materia di raccolta fondi nel nostro Paese risulta cresciuta del 30%. E i salari del settore, in cui si lavora come liberi professionisti, come consulenti con contratti di co.pro o come dipendenti con stipendi fissi al mese in alcuni casi legati a provvigioni sulla raccolta fondi? «Dai 150mila euro l?anno dei grandi fundraiser ai mille euro scarsi al mese dei junior inquadrati presso le associazioni non profit», svela Lodolo. Più i ?benefit? umani che derivano «dal fare un mestiere che può davvero migliorare il mondo», precisa Beatrice Lentati, presidente di Assif. Che aggiunge: «In trent?anni di impegno nel settore della raccolta fondi ho sempre lavorato con la convinzione di poter cambiare le cose intorno a me, e in alcuni casi sono convinta d?esserci riuscita». Difficile dire quale sia il miglior percorso di studi per diventare professionisti del fundraising. La presidente di Assif suggerisce di «prendere una laurea nella materia che più appassiona, dall?economia alle materie umanistiche, e di guardare all?estero in cerca di fonti d?ispirazione. Aggiornarsi continuamente in questo mestiere è fondamentale».
Guardare oltre confine
In una prospettiva internazionale ragiona anche Giorgio Fiorentini, dell?università Bocconi: «A chi voglia fare questo mestiere suggerisco di partire con in mente i 300 milioni di possibili donatori che vivono in Europa e non solo i 25 milioni di cittadini italiani che attualmente sostengono il non profit. E poi di pensare al fundraising in un?ottica integrata, di management e di risultati raggiunti oltre che di raccolta fondi». È una visione che, per Fiorentini, necessita un ripensamento dell?offerta formativa in essere nel nostro Paese con la costituzione di scuole internazionali di management e fundraising e con meccanismi di certificazione che garantiscano sulla qualità dei corsi offerti. L?Europa, e in particolare la European Fundraising Association, sta lavorando in questa direzione: grazie a una linea di finanziamento europeo, i suoi esperti hanno elaborato un format per diplomi di fundraising validi in tutti i Paesi membri dell?Ue che attualmente è in una fase di test in Francia e in Spagna. A quando una formazione certificata anche in Italia?
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