Volontariato

Centristi a congresso. Udc, Unione discoli di centro

Sino all’8 dicembre, ex dc riuniti alla fiera di Roma. Da dove lanciano al centrodestra messaggi poco rassicuranti. Come fa Bruno Tabacci.

di Ettore Colombo

I suoi scontri con la Lega sono diventati memorabili, a Montecitorio. Bruno Tabacci, però, non è uno che perde la pazienza facilmente: 56 anni, mantovano, presiede la commissione Attività produttive della Camera, ma non disdegna incursioni su altri terreni (immigrazione, Rai, federalismo, fondazioni), temi sui quali è ascoltato dove conta: Confindustria, Vaticano, Banca d?Italia. Poi, magari, ad amarlo di meno sono proprio i suoi alleati di governo, mica solo Bossi e i leghisti (che lo odiano visceralmente), ma anche quelli di An. Per Tabacci, queste sono minuzie. L?autore di quell?emendamento sulla sanatoria per gli immigrati che ha fatto sudare sette camicie a tutto il governo, ora sta per offrire il bis smontando pezzo per pezzo la devolution fortemente voluta dal ministro Bossi. Vita: Presidente Tabacci, non è che voi dell?Udc volete tirare un brutto scherzo a Berlusconi? Bruno Tabacci: La maggioranza di governo non è in discussione, la coalizione è in grado di reggere. Il problema è l?efficacia delle iniziative che questa maggioranza esprime e gli intenti che vuole raggiungere. Per ora siamo ancora scarsi. Fondazioni, immigrazione, finanziaria, devoluzione: la compagine di governo stenta. Noi vogliamo aiutarla a governare meglio. Vita: Ecco, onorevole, gli dia dei suggerimenti, al governo? Per evitare che sbagli, s?intende. Tabacci: Beh, sull?immigrazione, ad esempio, grazie al mio emendamento, poi diventato ordine del giorno e recepito dal governo, abbiamo evitato di mandare in galera un milione di persone: 700mila immigrati, che sono stati regolarizzati, centinaia di migliaia di datori di lavoro, che rischiavano anche loro il carcere e tutta un?altra serie di figure, sacerdoti e assistenti sociali compresi, la cui unica colpa è quella di offrire un tetto e un rifugio agli extracomunitari. Ora stiamo facendo un?altra battaglia, che ancora non si è conclusa, quella sulle fondazioni. Vede, un conto è evitare che si crei un ceto di governo di questi enti autoreferenziale, un conto è asservire le fondazioni agli enti locali, una vera follia che ho cercato di spiegare a Tremonti come a Bossi. Ma sa, lì è un problema di cultura storica e politica: chi lo sa che le fondazioni bancarie risalgono al Medioevo ed erano opere di beneficenza e carità? Rilievi e modifiche li abbiamo presentati, alla Camera. Vedremo cosa accade al Senato. Vita: Poi ci sarebbe la devolution… Tabacci: Questa devolution così com?è, è pericolosa. Il Senato ha approvato il testo di Bossi, ma ora quel provvedimento approda alla Camera. E così com?è non resta di certo. Perché non sta in piedi, chiedendo, come fa, competenze esclusive su materie non già delegate alle Regioni, ma di competenza statale: su sanità, cultura e sull?ordine pubblico non possiamo accettare la dissoluzione dello Stato nazionale. Per non dire dell?energia e della follia che ogni Regione si faccia il suo piano energetico. Questa devolution bossiana è un manifesto ideologico che non scalda né aiuta gli italiani. Per non dire dei danni e delle disparità sociali che rischia di creare. Anche per il non profit. Vita: Ma l?Udc non finirà per caso fuori dal governo? Tabacci: No, non c?è pericolo. Il problema non sono i toni, che possono essere anche accesi, ma i problemi reali. La questione della riforma della giustizia va affrontata nel suo complesso. Il cda della Rai è in una tale crisi che si può solo dimettere e permettere che il Parlamento metta mano a una riforma seria. Come Udc siamo in crescita anche al Nord perché offriamo risposte non ideologiche, ma serie, credibili ai problemi del Paese. Sugli scudi crociati Sono i ?discoli?, quelli che in svariate circostanze ?rompono le scatole?, i cattolici, i centristi, i moderati, i democristiani. Insomma, quelli dell’Udc, la nuova Diccì che ritorna, rimessa a nuovo da Follini. Parlano molto, quelli dell?Udc, ma quando lo fanno c’è da giurare che il problema c’è, si dichiarano fedeli alla maggioranza di governo, ma se si ode qualche scricchiolio, o profumo di ribaltone, è certo per mano loro. Sono il partito che ha come faro e leader maximo, il ?giovane? Pierferdinando Casini, moderato per definizione, l’uomo che ha conquistato la terza carica dello Stato e dallo scranno più alto di Montecitorio viene giudicato da più parti come il solo che può alzare la voce con Berlusconi, al punto da averlo ammonito recentemente: «Amici sì, ma non servi». Ai ?casiniani? la grinta non manca. Sulla Rai, in primo luogo, dove il braccio di ferro è in corso e il cda dimezzato anche per le dimissioni di Marco Staderini. Certo, i due ministri Udc, Carlo Giovanardi e Rocco Buttiglione, non sono due estremisti, ma rimane il fatto che hanno minacciato persino di abbandonare le poltrone, in caso di mancato rimpasto. A Montecitorio, dietro l’accorta regia del segretario, Marco Follini (giovane, brillante e intellettuale) si fa notare anche il capogruppo Luca Volonté. Sempre alla Camera si è distinta Dorina Bianchi, relatrice sulla discussa legge sulla fecondazione assistita: piccolina, gentile, giovane, la Bianchi ha portato la legge in porto. E che dire di Mario Baccini, viceministro agli Esteri? Una sua battuta sulla necessità di dialogo con la maggioranza non politicizzata dei new global gli è valsa una rampogna dello stesso Giovanardi. Un irriducibile è Mario Tassone, buttiglioniano di Castrovillari, viceministro alle Infrastrutture. Lunardi non lo vuole, gli nega le deleghe, lo ha isolato al ministero. «In quattordici mesi mi ha salutato un paio di volte», si è sfogato con il Corriere. Lui, imperterrito, resta al suo posto. Tanto da costringere Berlusconi in persona a smentire la voce, falsa, delle sue dimissioni.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA