Politica

Centri per migranti in Albania: inumani e inutili

L’accordo Italia - Albania, che prevede la realizzazione di due centri a giurisdizione italiana nel territorio albanese, ha un costo esorbitante di 800 milioni di euro per cinque anni. «Getta le basi», spiega Gianfranco Schiavone dell’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, «per la violazione del principio di non respingimento e per l’attuazione di pratiche di detenzione illegittima»

di Anna Spena

L’accordo Italia- Albania era stato siglato lo scorso 6 novembre e ratificato dal Parlamento italiano a febbraio con 93 voti favorevoli, 61 contrari e nessuna astensione. «Un Accordo che fin da subito aveva gettato le basi per la violazione del principio di non respingimento e per l’attuazione di pratiche di detenzione illegittima», spiega Gianfranco Schiavone dell’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione.

Cosa prevede l’Accordo

L’accordo prevede la realizzazione, su territorio albanese, ma con fondi italiani, di due strutture dove allestire centri per la gestione di migranti illegali. Inizialmente potrà accogliere fino a 3mila persone che rimarranno il tempo necessario per espletare le procedure delle domande di asilo ed eventualmente rimpatrio. I centri dovevano aprire a maggio, poi l’apertura è stata posticipata al primo agosto, e poi ancora al prossimo 20 agosto. In un anno si penserebbe addirittura di fare transitare in queste nuove strutture detentive circa 36mila persone. L’accordo si rinnova – tacitamente – ogni cinque anni. Salvo che una delle due Parti comunichi, con preavviso di almeno sei mesi rispetto alla scadenza, la propria intenzione di non rinnovare.

«L’accordo», dice Schiavone, «richiama l’applicabilità del diritto dell’Unione europea, ovvero delle normative italiane che sono normative di recepimento delle direttive europee. Ma questo non è possibile. Tutti gli studiosi hanno già fatto osservare che il diritto dell’Unione europea non è applicabile al di fuori del territorio dell’Unione». Inoltre per la sua collocazione geografica, Shengjin, il porto deputato allo sbarco dei migranti che si trova nell’Albania del nord, non dovrebbe essere considerato “place of safety” per chi viene soccorso nel Mediterraneo centrale: arrivare fin lì significa costringere i naufraghi a un viaggio più lungo del necessario, posticipando la richiesta di asilo e l’accesso a servizi essenziali, come cure mediche e supporto psicologico. I due centri si trovano a Gjader, la frazione del comune di Lezhë, sempre nel nord del Paese e a 20 chilometri dal porto di Shengjin. Un centro sarà adibito alla prima accoglienza per i migranti che chiederanno asilo, da 880 posti, e un altro sarà di permanenza e rimpatrio con 144 posti. Ci sarà anche un carcere, organizzato per ospitare un massimo di 20 detenuti, nel caso in cui qualche migrante dovesse essere messo in custodia cautelare mentre è trattenuto nei centri. Saranno 500 le unità di personale italiano tra forze di polizia, militari, funzionari dei ministeri di Giustizia e Salute: il loro trasferimento, ha calcolato Openpolis, costerà 252 milioni di euro. E tra l’altro, ha creato diverse polemiche il vademecum appena distribuito ai 45 agenti penitenziaria prima di partire per Gjader, tra i punti si legge: “Evitare di corteggiare le donne albanesi, no a vestiario poco sobrio in pubblico”.

Il prezzo dell’Accordo? 160 milioni di euro all’anno

Tolta l’inumanità alla base dell’accordo c’è un’altra questione, più pratica: ma questi centri servono davvero? A guardare il numero degli sbarchi sulle coste italiane no. Infatti al 7 agosto sono sbarcate sulle coste italiane 34.762, erano state 93.467 nello stesso periodo dell’anno precedente. Durante un’interrogazione parlamentare su “chiarimenti in ordine alle criticità, anche in termini di risorse umane e finanziarie, relative alla realizzazione dei centri per i migranti in Albania” il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha risposto così: «Come ho già detto, i dati sugli arrivi dei migranti via mare – meno 63% rispetto al 2023 e meno 20% rispetto al 2022 -restituiscono in maniera inequivocabile i risultati raggiunti dal Governo, grazie a iniziative ad ampio raggio di carattere normativo, operativo e di cooperazione internazionale. A ciò si aggiunge il dato positivo sui rimpatri di coloro che non hanno titolo a rimanere sul territorio nazionale, che registra un aumento del 20% rispetto allo scorso anno. In questo contesto, il Protocollo sottoscritto con l’Albania risponde perfettamente alle esigenze di prevenzione e contrasto dei flussi migratori irregolari e al contestuale rafforzamento del sistema di sicurezza del territorio nazionale. L’obiettivo che si intende perseguire con il Protocollo è quello di gestire un cospicuo numero di procedure accelerate di frontiera, che a partire da gennaio 2026 – è bene sempre ricordarlo – costituiranno un obbligo per gli Stati membri, in virtù del nuovo Patto sull’immigrazione e sull’asilo».

Inoltre, stando alle cifre comunicate dal ministro, i centri costeranno 160 milioni di euro all’anno. Piantedosi definisce questa cifra un investimento: «Si tratta di un investimento che consentirà di abbattere le spese della gestione dell’accoglienza, che, a oggi, sono pari a circa un milione e 700mila euro l’anno, che il Governo in carica ha ereditato da epoche precedenti, caratterizzate da arrivi massicci e incontrollati di migranti. L’attuazione del progetto, quindi, ha subito un ritardo di alcune settimane per problemi tecnici legati alle condizioni geologiche del terreno, che hanno richiesto un’attività di verifica e consolidamento, e all’ondata prolungata di caldo anomalo, che ha determinato un necessario rallentamento dei lavori a tutela della salute degli stessi lavoratori impegnati sul posto». 

Se il cuore dell’Accordo è il trattenimento

«L’idea di gestire le procedure accelerate in un un Paese terzo», spiega Schiavone, «è un “sogno” nel cassetto delle più retrive forze politiche europee che appunto sognano un “modello australiano”, ovvero la creazione di area extraterritoriali nei quali poter agire indisturbati salvando la forma del diritto che conosciamo ma svuotandolo nella sostanza. Un “incubo” dunque più che un sogno. Tutte le procedure a cui fa riferimento Piantedosi, in realtà, non esistono nell’orizzonte del diritto dell’Unione Europea in materia di asilo. Ma poi chi ci andrà in questi centri? Prima avevano detto “tutti i migranti che saranno salvati”. Poi hanno detto “faremo una selezione”. Ma in base a cosa non è ancora dato saperlo».

Stando alle informazioni disponibili oggi sembrerebbe che nei due centri albanesi potranno essere portati solo migranti (esclusi donne, bambini e appartenenti a categorie vulnerabili) soccorsi da navi italiane, e non quelli salvati da ong. Inoltre, le due strutture accoglieranno solo i migranti che provengono da Paesi considerati “sicuri” dallo Stato italiano: come Tunisia, il Bangladesh, Burkina Faso o Guinea. I trasferimenti verso Shengjin saranno operati nella prima fase da unità navali militari italiane. E poi successivamente saranno subappaltati ad imbarcazioni private.  

La selezione illegittima

«La prima questione», spiega Schiavone, «riguarda la selezione tra coloro ai quali applicare la procedura accelerata di frontiera e coloro cui non applicarla: le procedure di screening che vengono annunciate in modo confuso appaiono del tutto illegittime. La seconda e ancora più dirimente questione è che il trattenimento generalizzato nei centri in Albania sarebbe radicalmente illegittimo perché in contrasto con il diritto dell’Unione che vieta l’applicazione generalizzata del trattenimento. Il protocollo prevede che i migranti che vengono portati nei centri, che però ricordiamo sono sotto la giurisdizione italiana, non possano uscire dagli stessi. Di fatto le persone saranno rinchiuse. Qui entriamo nel punto finale e irrisolvibile della vicenda: il cuore dell’accordo è il trattenimento. Anche nei casi in cui il trattenimento può essere applicato va sempre valutata, ci dice il diritto dell’Unione, la possibilità di applicare misure meno afflittive che però il protocollo tra Italia ed Albania non solo non prevede ma esclude del tutto. Il contrasto con  il diritto dell’Unione è quindi radicale e non sanabile».

Foto: il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del consiglio, Alfredo Mantovano, ha concluso la visita ai siti albanesi di Shengjin e Gjader durante lavori per realizzare i due centri di prima accoglienza e di trattenimento ai fini dell’espulsione dei migranti illegali, frutto del memorandum d’intesa siglato da Italia e Albania il 6 novembre 2023/LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili.


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